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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Mag 28, 2009 10:35 pm

(Questa è la parte più estesa che ho tagliato da New Moon; è gran parte del capitolo 6 originale (“Dichiarazione”), più sette scene corte che continuava la storia del “periodo scolastico” per tutto il romanzo, fino alla fine. Pensavo fosse divertente, ma i miei editori non erano d’accordo. Non era necessaria, perciò fu sacrificata sull’altare dell’editoria.)- Stephenie Meyer

Scena uno: il giorno dopo che Bella va a vedere il film di zombie con Jessica:

Phoenix mi mancava ancora in rare occasioni, quando venivo provocata. Ora, per esempio, mentre mi dirigevo verso la Banca Federale di Forks per depositare il mio stipendio. Cosa non avrei dato per la comodità di un risponditore automatico esterno per chi arriva in auto. O almeno per l’anonimità di un’estranea seduta dietro il bancone.
“Buon pomeriggio, Bella,” mi salutà la madre di Jessica.
“Salve, signora Stanley.”
“E’ stato carino da parte tua uscire con Jessica ieri sera. E’ passato parecchio dall’ultima volta.”
Fece schioccare la lingua rivolta verso di me, sorridendo per rendere il suono più amichevole. Qualcosa nella mia espressione doveva essere spento, perché il sorriso divenne improvvisamente inespressivo, e si passò nervosamente una mano tra i capelli, dove rimase ferma per un minuto; i suoi capelli erano ricci come quelli di Jessica, e spruzzati di lacca in un’alta composizione di boccoli rigidi.
Le sorrisi, realizzando che ero in ritardo di qualche secondo. Il mio tempo di reazione era arrugginito.
“Già,” dissi in quello che speravo fosse un tono socievole. “Sono stata molto impegnata, sa. La scuola…il lavoro…” mi sforzai di pensare a qualcos’altro da aggiungere alla mia breve lista, ma non mi venne in mente altro.
“Certo,” mi sorrise più calorosamente, probabilmente felice che la mia risposta suonasse in qualche modo normale e adatta.
Mi venne improvvisamente in mente che non avrei dovuto prendermi sul serio quando avevo dato per scontato che quella era la ragione del suo sorriso. Chissà cosa le aveva raccontato Jessica riguardo la sera precedente. Qualunque cosa fosse, non era totalmente da smentire. Ero la figlia dell’ex moglie eccentrica di Charlie – la pazzia può essere genetica. La prima socia del club degli strambi della città; saltai velocemente oltre questo pensiero, rabbrividendo. Vittima recente di un coma che camminava. Decisi che c’era un argomento abbastanza buono per il mio esser diventata pazza, anche senza contare le voci che sentivo adesso, e mi chiedevo se la signora Stanley stesse davvero pensando a questo.
Doveva aver visto la speculazione nei miei occhi. Allontanò velocemente lo sguardo da me, guardando fuori dalla finestra alle mie spalle.
“Lavoro,” ripetei, richiamando la sua attenzione mentre poggiavo il mio assegno sul bancone. “Che è il motivo per cui sono qui, ovviamente.”
Sorrise di nuovo. Il suo rossetto si stava incrinando con il passare del tempo, ed era chiaro che si era disegnata le labbra molto più piene di quello che erano in realtà.
“Come vanno le cose dai Newton?” mi chiese allegramente.
“Bene. La stagione si sta risollevando,” dissi automaticamente, anche se lei passava tutti i giorni in macchina davanti al parcheggio del negozio di articoli sportivi – doveva aver visto le macchine di estranei. Probabilmente lei conosceva il flusso e riflusso di affari del negozio meglio di me.
Annuì distrattamente mentre batteva sulla tastiera del computer davanti a lei. I miei occhi vagavano lungo il bancone color marrone scuro, con le sue linee color arancio molto anni ’70 che decoravano i bordi.
“Hmmm,” il mormorio della signora Stanley era un tono più alto rispetto al solito. Tornai con lo sguardo verso di lei, interessata solo a metà, chiedendomi se ci fosse un ragno sulla scrivania che magari l’aveva spaventata.
Ma i suoi occhi erano ancora incollati allo schermo del computer. Le sue dita adesso erano immobili, la sua espressione sorpresa e a disagio. Attesi, ma lei non aggiunse altro.
“C’è qualcosa che non va?” I Newton stavano rilasciando assegni a vuoto?
”No, no,” borbottò velocemente, guardandomi con uno strano luccichio negli occhi. Sembrava che stesse reprimendo qualcosa di eccitante. Mi ricordò Jessica quando aveva dei nuovi gossip che moriva dalla voglia di condividere.
“Vuoi una stampa del tuo saldo?” mi chiese premurosamente la signora Stanley. Non era mia abitudine – il mio conto cresceva così lentamente e in maniera prevedibile che non mi era difficile fare i conti a mente. Ma il cambio del suo tono mi incuriosì. Cosa c’era sullo schermo che la affascinava?
“Certo,” concordai.
Premette un tasto, e la stampante sputò velocemente un breve documento.
“Ecco a te.” Strappò la carta con tanta fretta che si divise a metà.
“Oops, mi dispiace così tanto.” Svolazzò intorno alla scrivania, senza mai incontrare il mio sguardo curioso, finchè non trovò il nastro adesivo. Riattaccò i due pezzi di carta insieme me li porse.
“Er, grazie,” mormorai. Con il foglio in mano, mi voltai e mi diressi verso la porta, dando una rapida occhiata per vedere se riuscivo a capire quale fosse il problema della signora Stanley.
Credevo che sul mio conto ci fossero circa millecinquecentotrentacinque dollari. Mi sbagliavo, c’erano trentasei dollari e cinquanta, invece di trentacinque.
E c’erano anche ventimila dollari extra.
Mi bloccai lì dov’ero, cercando di capire quei numeri. Il mio conto era di ventimila dollari più alto prima che facessi il mio deposito, che era stato aggiunto correttamente.
Per un breve minuto presi in considerazione di chiudere il conto immediatamente. Ma, sospirando, tornai al bancone dove la signora Stanley attendeva con occhi luccicanti e interessati.
“Ci deve essere stato un errore con il computer, signora Stanley,” le dissi, ridandole il foglio. “Dovrebbero esserci solo millecinquecentotrentasei dollari e cinquanta.”
Rise in modo cospiratorio. “Ho pensato che in effetti sembrava un po’ strano.”
“Succede solo nei miei sogni, no?” risi anch’io, impressionandomi per la normalità del mio tono.
Battè velocemente sui tasti.
“Ecco il problema…tre settimane fa c’è stato un deposito di ventimila dollari da…hmmm, pare un’altra banca. Immagino che qualcuno abbia sbagliato ad inserire i numeri.”
“In quanti guai mi caccerei se facessi un prelievo?” scherzai.
Ridacchiò mentre continuava a battere sui tasti.
“Hmmm,” disse di nuovo, la fronte raggrinzita in tre pieghe profonde. “Sembra si tratti di un bonifico. Non ne riceviamo molti. Sai cosa? Credo che lo farò controllare dalla signora Gerandy…” la sua voce si spense mentre allontanava lo sguardo dal computer, il collo allungato per guardare attraverso la porta aperta alle sue spalle. “Charlotte, sei occupata?” disse.
Non ci fu risposta. La signora Stanley prese il foglio e camminò velocente oltre la porta sul retro che doveva portare agli uffici.
La seguii con lo sguardo per un minuto, ma lei non tornava. Mi voltai e guardai distrattamente fuori dalle finestre, guardando la pioggia che scivolava sui vetri. La pioggia scendeva in flussi imprevedibili, a volte si inclinava in modo strano nel vento. Non tenni conto del tempo che passava mentre aspettavo. Cercai di lasciare la mia mente libera di fluttuare senza espressione, pensando a nulla in particolare, ma non riuscivo a tornare in quello stato di semi-incoscienza.
Alla fine, sentii delle voci intorno a me. Mi voltai per vedere la signora Stanley e la moglie del dottor Gerandy che uscivano dalla porta sul retro, entrambe con un sorriso educato sulle labbra.
“Mi dispiace per tutto questo, Bella,” mi disse la signora Gerandy. “Dovrei riuscire a risolvere tutto con una breve telefonata. Se vuoi, puoi aspettare qui.” Indicò una fila di sedie di legno contro il muro. Sembrava appartenessero alla cucina di qualcuno.
“Okay,” acconsentii. Mi incamminai verso le sedie e mi sedetti proprio al centro della fila, desiderando all’improvviso di aver portato un libro. Non avevo letto nulla per molto tempo, al di fuori della scuola. E anche in quel caso, quando nel corso di studio c’erano delle ridicole storie d’amore, avevo imbrogliato con dei riassunti. Era un sollievo il fatto che ora stavamo lavorando su La Fattoria degli Animali. Ma dovevano esserci altri libri sicuri. Thriller politici. Romanzi gialli. Gli omicidi raccapriccianti non erano un problema; almeno finchè non c’erano storie romantiche e ingenue all’interno di cui preoccuparsi.
Ci volle così tanto che iniziai a innervosirmi. Ero stanca di guardare la noiosa stanza grigia, senza alcun dipinto per allietare le pareti vuote. Non riuscivo a guardare la signora Stanley mentre si trascinava tra una montagna di fogli, fermandosi ogni tanto per scrivere qualcosa al computer – mi guardò una volta, e quando incrociò il mio sguardo, sembrava a disagio e fece cadere un foglio. Potevo sentire la voce della signora Gerandy, un debole mormorio che proveniva dalla stanza sul retro, ma non era abbastanza chiaro da farmi capire qualcosa oltre al fatto che aveva mentito sulla lunghezza della telefonata. Era così lunga che nessuno si sarebbe aspettato di poter tenere la mente vuota, e se non fosse finita subito, non avrei potuto trattenermi. Avrei dovuto pensare, iniziai in silenzio ad entrare nel panico, cercando di trovare qualcosa di sicuro a cui pensare.
Fui salvata dal ritorno della signora Gerandy. Le sorrisi con gratitudine quando la sua testa spuntò dalla porta, i capelli fitti e bianchi catturarono immediatamente i miei occhi.
“Bella, ti dispiacerebbe raggiungermi?” mi chiese, e capii che aveva il telefono premuto sull’orecchio.
“Certo.” Mormorai mentre spariva.
La signora Stanley dovette sbloccare la porticina posta alla fine del bancone per permettermi di passare. Il suo sorriso era distratto, non incrociò il mio sguardo. Ero assolutamente certa che stava pianificando di restare in ascolto.
La mia mente scrutò le possibili teorie mentre mi affrettavo a raggiungere l’ufficio. Qualcuno stava riciclando denaro sporco attraverso il mio conto. O forse Charlie stava accettando delle bustarelle e io stavo per far saltare la sua copertura. Anche se, chi avrebbe tanti soldi con cui corrompere Charlie? Forse Charlie era entrato in una banda, prendeva le tangenti e usava il mio conto per riciclare il denaro. No, non riuscivo a immaginare Charlie in una banda. Forse era stato Phil. Quanto bene conoscevo Phil, dopotutto?
La signora Gerandy era ancora al telefono, e fece un gesto con il mento verso la sedia di metallo posta di fronte alla sua scrivania. Stava scarabocchiando velocemente sul retro di una busta. Mi sedetti, chiedendomi se Phil avesse un passato oscuro, e se fossi finita in prigione.
“Grazie, si. Beh, credo sia tutto. Si,si. Grazie mille per il tuo aiuto,” la signora Gerandy sprecò un sorriso verso la cornetta prima di riattaccare. Non sembrava arrabbiata o seria. Piuttosto eccitata e confusa. Il che mi ricordò la signora Stanley all’ingresso. Pensai per un secondo di attraversare la porta spaventarla.
Ma la signora Gerandy parlò.
“Beh, credo ci siano delle ottime notizie per te…anche se non riesco a immaginare come mai tu non ne sia stata informata.” Mi fissava in maniera critica, come se si aspettasse che mi dessi una botta sulla fronte e dicessi, oh, QUEI ventimila dollari! Mi era completamente passato di mente!
“Buone notizie?” la incitai. Le parole implicavano che questo errore fosse troppo complicato da sbrogliare per lei, e aveva l’impressione che io fossi più ricca di quanto avessimo pensato pochi minuti prima.
“Beh, se davvero non lo sai…allora congratulazioni! Ti hanno assegnato una borsa di studio da…”guardò in basso per leggere le note scarabocchiate. “dalla Pacific Northwest Trust.”
“Una borsa di studio?” ripetei incredula.
“Si, non è eccitante? Oh mio Dio, potrai andare in qualsiasi università tu voglia.”
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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Mag 28, 2009 10:35 pm

Fu in quel preciso istante, mentre lei faceva un sorriso fecile per la mia buona sorte, che seppi immediatamente da dove venivano i soldi. Malgrado la rabbia improvvisa, il sospetto, l’oltraggio e il dolore, cercai di parlare in modo calmo.
“Un’istituzione che deposita ventimila dollari sul mio conto,” notai. “Invece di pagarli alla scuola. Senza alcuna assicurazione che io userò quei soldi per la scuola.”
La mia reazione la fece agitare. Sembrava offesa dalle mie parole.
“Sarebbe davvero sciocco non usare questi soldi per il loro scopo, Bella, cara. Questa è un’occasione che capita una volta nella vita.”
Certo,” dissi acidamente. “E questa Pacific Northwest Trust ha detto esattamente perché hanno scelto me?”
Guardò nuovamente verso i suoi appunti, una leggera increspatura sul suo viso a causa del mio tono.
“E’ molto prestigiosa – non concedono borse di studio del genere ogni anno.”
“Ci scommetto.”
Mi lanciò un’occhiataccia e poi rapidamente distolse lo sguardo. “La banca di Seattle che si occupa di crediti mi ha indirizzata verso l’uomo che amministra le assegnazioni delle borse di studio. Lui mi ha detto che questa borsa di studio viene assegnata sui meriti, il sesso e la residenza. E’ finalizzata per le studentesse che vivono in piccole città e non hanno le possibilità disponibili in città più grandi.”
Sembrava che qualcuno pensava che stesse diventando divertente.
“Meriti?” chiesi in tono di disapprovazione. “Ho una media di voti di 3,7. Posso nominare almeno tre ragazze di Forks che hanno voti migliori dei miei, e una di loro è Jessica. Oltretutto – non ho mai fatto domanda per quella borsa di studio.”
Ora era molto agitata. Prendeva la penna e la poggiava nuovamente, stringendo il ciondolo che indossava tra il pollice e l’indice. Rilesse di nuovo i suoi appunti.
“Ha detto che…” tenne lo sguardo basso sulla busta, non essendo sicura di cosa fare per il mio comportamento. “Loro non accettano domande. Loro controllano le domande respinte da altre istituzioni e scelgono gli studenti che secondo loro sono stati scartati ingiustamente. Hanno preso il tuo nome da una domanda che hai mandato alla Università di Washington per un aiuto finanziario basato sui meriti scolastici.”
Sentii gli angoli della mia bocca piegarsi all’ingiu. Non sapevo che quella domanda era stata rifiutata. Era una cosa che avevo compilato molto tempo prima, prima che…
E non avevo considerato altre possibilità, anche se le scadenze mi stavano passando davanti. Non sembrava che riuscissi a concentrarmi sul futuro. Ma l’Università di Washington era l’unico posto che mi avrebbe tenuta vicino a Forks e a Charlie.
“Come fanno ad entrare in possesso delle domande rifiutate?” chiesi con un tono monotono.
“Non ne sono sicura, cara.” La signora Gerandy era infelice. Voleva qualcosa di eccitante e stava diventando ostile. Desideravo spiegarle in qualche modo che la mia negatività non era rivolta verso di lei. “Ma l’amministratore mi ha lasciato il suo numero di telefono se tu volessi fargli delle domande – potresti chiamarlo tu stessa. Sono sicura che lui saprà rassicurarti sul fatto che quei soldi sono davvero indirizzati a te.”
Non ne avevo dubbi. “Vorrei il suo numero.”
Lo scrisse velocemente su un pezzo di carta. Presi un appunto mentale per donare un blocco di post-it alla Banca.
Il numero era interurbano. “Suppongo che non abbia lasciato un indirizzo e-mail?” chiesi in modo scettico. Non volevo far aumentare la bolletta telefonica di Charlie.
“In realtà, l’ha fatto,” sorrise, felice di avere qualcosa che sembrava io volessi. Si allungò sulla scrivania per aggiungere un’altra linea al mio appunto.
“Grazie, mi metterò in contatto con lui appena torno a casa.” La mia bocca era inflessibile.
“Tesoro,” disse la signora Gerandy esitando. “Dovresti esserne felice. E’ una grande opportunità.”
“Non ho intenzione di accettare ventimila dollari che non mi sono guadagnata,” replicai, cercando di nascondere la punta di oltraggio nel mio tono.
Si morse le labbra, e abbassò nuovamente lo sguardo. Pensava che fossi pazza. Beh, glielo avrei fatto dire ad alta voce.
“Cosa c’è?” chiesi.
“Bella…” si fermò e io attesi con i denti serrati. “Sostanzialmente sono più di ventimila dollari.”
“Mi scusi?” mi sentivo soffocare. “Di più?”
“Ventimila è solo il primo pagamento, in effetti. Da ora in avanti riceverai cinquemila dollari ogni mese fino alla fine della tua carriera scolastica. Se ti iscriverai in una facoltà universitaria che concede il dottorato, la borsa di studio continuerà ad esserti pagata anche per quello!” Si stava eccitando di nuovo mentre me lo diceva.
Non riuscii a parlare all’inizio, ero troppo arrabbiata. Cinquemila dollari al mese per un periodo di tempo indefinito. Volevo rompere qualcosa.
“Come?” riuscii a dire.
“Non capisco cosa vuoi dire.”
“Come avrò i cinquemila dollari al mese?”
“Saranno inviati con un bonifico sul tuo conto qui,” rispose, perplessa.
Ci fu un breve secondo di silenzio.
“Chiuderò il mio conto subito,” dissi con voce piatta.
“Ci vollero quindici minuti per convincerla che ero seria. Aveva una serie infinita di ragioni sul perché questa fosse una cattiva idea. Replicai animosamente finchè alla fine non capii che era preoccupata di darmi i ventimila dollari. Avevano così tanti soldi in mano?
“Guardi, signora Gerandy,” la rassicurai. ”Voglio solo prelevare i miei millecinquecento dollari. Apprezzerei se potesse rimandare gli altri soldi da dove vengono. Chiarirò io tutto con questo -“ controllai l’appunto. “- Signor Isaac Randall. Questo è davvero un errore.”
Questo sembrò calmarla.
Circa venti minuti dopo, con un rotolo di quindici banconote da cento, una da venti, una da dieci, una da cinque, una da uno e cinquanta centesimi in tasca, uscii sollevata dalla banca. La signora Stanley e la signora Gerandy rimasero fianco a fianco dietro il bancone, guardandomi con gli occhi spalancati.
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Borsa di studio(new moon) Empty scena 2 (terza parte)

Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Mag 28, 2009 10:36 pm

Scena due: la stessa sera, dopo aver acquistato le motociclette e aver fatto visita a Jacob per la prima volta…

Chiusi la porta alle mie spalle e sfilai i risparmi per il college dalla tasca. Sembravano pochi così arrotolati nella mia mano. Li infilai in un calzino spaiato e poi lo spinsi in fondo al cassetto della biancheria intima. Probabilmente non il posto più originale in cui nasconderlo, ma mi sarei preoccupata più tardi di cercare qualcosa di più creativo.
Nell’altra tasca c’era il foglietto con il numero di telefono e l’indirizzo e-mail di Isaac Randall. Lo tirai fuori e lo misi sulla tastiera del computer, poi diedi un colpetto allìinterruttore dell’accensione, battendo il piede mentre lo schermo si accendeva lentamente.
Quando fui connessa, aprii il mio account gratuito per le e-mail. Procrastinavo, perdendo tempo a cancellare la montagna di messaggi pubblicitari che era cresciuta dall’ultima volta che avevo scritto a Renee. Alla fine riuscii a liberarmi e iniziai a comporre un nuovo messaggio. L’indirizzo e-mail era per “irandall” perciò dedussi che fosse diretto all’uomo con cui volevo parlare.
Caro Signor Randall, scrissi.
Spero lei si ricordi della conversazione che ha avuto questa mattina con la signora Gerandy della Forks Federal Bank (Banca Federale di Forks). Il mio nome è Isabella Swan, e apparentemente lei sembra avere l’impressione che io sia stata ricompensata con una generosissima borsa di studio dalla Pacific Northwest Trust Company.
Mi dispiace, ma non posso accettare questa borsa di studio. Ho chiesto che il denaro che ho già ricevuto sia restituito tramite bonifico al conto da cui proviene, e ho chiuso il mio conto presso la Forks Federal Bank. Per cortesia assegni la borsa di studio a qualche altra candidata.
Grazie. I.Swan
Mi ci vollero alcune prove perché mi suonasse bene – formale e inequivocabilmente decisiva. La rilessi due volte prima di spedirla. Non ero sicura del genere di istruzioni che questo signor Randall avesse ricevuto riguardo la falsa borsa di studio, ma non riuscivo a trovare scappatoie nella mia risposta.
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Borsa di studio(new moon) Empty scena 3(quarta parte)

Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Mag 28, 2009 10:36 pm

Scena tre: alcune settimane dopo, proprio prima dell’”appuntamento” di Bella e Jacob con le motociclette…

Quando tornai, presi la posta mentre rientravo. Sfogliai velocemente le bollette e le pubblicità, finchè non arrivai alla lettera che era in fondo alla pila.
Era una busta aziendale regolare, indirizzata a me – il mio nome scritto a mano, che era una cosa insolita. Guardai l’indirizzo del mittente con interesse.
Interesse che si trasformò velocemente in nausea nervosa. La lettera era dell’Ufficio Domande per Borse di Studio della Pacific Northwest Trust. Non c’era l’indirizzo sotto il nome.
Probabilmente era un riconoscimento ufficiale del mio rifiuto, mi dissi. Non c’erano ragioni per sentirmi nervosa. Nessuna ragione, a parte il piccolo dettaglio che pensare troppo intensamente a qualsiasi dettaglio di questa cosa, avrebbe potuto mandarmi in una spirale in discesa verso la terra degli zombie. Solo questo.
Buttai il resto della posta sul tavolo per Charlie, raccolsi i miei libri dal pavimento del soggiorno e corsi di sopra. Una volta arrivata in camera, chiusi a chiave la porta e aprii la busta. Dovevo ricordarmi di rimanere arrabbiata. La rabbia era la chiave.

Cara signorina Swan,
Mi permetta di congratularmi formalmente con lei per aver ricevuto la prestigiosa borsa di studioJ. Nicholls della Pacific Nortwest Trust. Questa borsa di studio viene assegnata solo raramente, e lei dovrebbe essere orgogliosa di sapere che la Commissione per l’Assegnazione abbia scelto il suo nome all’unanimità per l’onore.
Ci sono state alcune piccole difficoltà nelconsegnarle i soldi della borsa di studio, ma per favore non si preoccupi. Ho preso in mano la situazione per assicurarmi che lei non abbia il benché minimo inconveniente. In allegato alla presente troverà un assegno circolare di venticinquemila dollari; il premio iniziale più l’indennità del suo primo mese.
Ancora una volta congratulazioni per il suo risultato. Per favore accetti i migliori auguri dall’intera Pacific Northwest Corporation per la sua futura carriera scolastica.
Sinceramente,
I.Randall.

La rabbia non era un problema.
Guardai nella busta e, ovviamente, c’era un assegno.
“Chi sono queste persone?” ringhiai attraverso i denti serrati, riducendo la lettera in una palla ben stretta con una sola mano.
Camminai furiosamente verso il cestino per tirar fuori il numero di telefono del signor I. Randall. Non mi importava che fosse una interurbana – sarebbe stata una conversazione breve.
“Oh, merda,” sibilai. Il cestino era vuoto. Charlie aveva buttato la spazzatura.
Buttai la busta con l’assegno sul letto e stirai di nuovo la lettera. Era scritta su una carta intestata, con la scritta Dipartimento di Assegnazione della Pacific Northwest in verde scuro in alto, ma non c’erano altre informazioni, nessun indirizzo, nessun numero di telefono.
“Dannazione.”
Mi lasciai cadere sul bordo del letto e cercai di pensare chiaramente. Ovviamente, loro mi stavano ignorando. Non avrei potuto rendere più chiare le mie intenzioni, perciò non era un problema di comunicazione. Probabilmente non avrebbe fatto alcuna differenza se li avessi chiamati.
Perciò c’era solo una cosa da fare.
Accartocciai nuovamente la lettera, accartocciai la busta con tutto l’assegno, e strisciai di sotto.
Charlie era in soggiorno, con la TV accesa ad alto volume.
Andai verso il lavandino in cucina e ci lanciai dentro le palle di carta. Poi rovistai nel cassetto in cui tenevamo cianfrusaglie di vario genere finchè non trovai una scatola di fiammiferi. Ne accesi uno, e lo avvicinai con cautela in una fessura della carta. Ne accesi un altro, e feci lo stesso. Stavo quasi per accenderne un terzo, ma la carta stava bruciando allegramente, così non ce ne fu bisogno.
“Bella?” Charlie urlò per sovrastare il suono della TV.
Feci velocemente scorrere l’acqua, con un senso di soddisfazione mentre la forza dell’acqua distruggeva le fiamme in una sostanza viscida piatta e grigiastra.
“Si, papà?” lanciai i fiammiferi nel cassetto e lo chiusi silenziosamente.
“Non senti puzza di fumo?”
“No, papà.”
“Hmph.”
Sciacquai bene il lavandino, assicurandomi che tutta la cenere fosse sparita lungo lo scarico, e poi feci partire il tritarifiuti per essere più sicura.
Tornai in camera mia, sentendomi leggermente rappacificata. Potevano mandarmi tutti gli assegni che volevano, pensai. Potevo sempre comprare più fiammiferi quando uscivo.
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Borsa di studio(new moon) Empty scena 4(quinta parte)

Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Mag 28, 2009 10:37 pm

Scena quattro: durante il periodo in cui Jacob stava evitando Bella…

Sulla porta di casa c’era un pacco della FedEx. Lo presi curiosa, aspettandomi che arrivasse dalla Florida, ma era stato mandato da Seattle. Non c’erano mittenti scritti sull’esterno della scatola.
Era indirizzata a me, non a Charlie, perciò lo portai sul tavolo e strappai l’etichetta lungo il cartone per aprirlo.
Appena vidi il marchio verde scuro della Pacific Northwest Trust, mi sentii come se mi fosse tornata l’influenza che mi aveva colpita allo stomaco. Mi lasciai cadere sulla sedia più vicina senza guardare la lettera, la rabbia montava lentamente.
Non riuscivo neanche a leggerla, nonostante fosse breve. La presi, la misi sul tavolo con le scritte rivolte verso il tavolo, e guardai di nuovo riluttante nella scatola, per vedere cosa ci fosse sotto la lettera. Era una busta gonfia. Ero terrorizzata di aprirla, ma abbastanza arrabbiata da tirarla fuori comunque.
La mia bocca era inflessibile, mentre strappavo la carta senza preoccuparmi di strappare la linguetta. Avevo già abbastanza a cui pensare al momento. Non mi serviva anche il ricordo dell’irritazione.
Ero scioccata, ma ancora non ero sorpresa. Cos’altro poteva essere se non questo – tre cataste fitte di ricevute, legate ordinatamente con nastri di gomma spessi. Non avevo bisogno di leggerne il valore. Sapevo esattamente quanto avrebbero cercato di ficcarmi a forza tra le mani. Sarebbero stati trentamila dollari.
Sollevai con cautela la scatola mentre mi alzavo, e mi volati verso il lavandino. I fiammiferi erano in cima nel cassetto delle cianfrusaglie, proprio dove li avevo lasciati la volta precedente. Ne presi uno e lo accesi.
Bruciava sempre più vicino alle mie dita mentre guardavo l’odiosa busta. Non riuscivo a lasciarlo. Sventolai il fiammifero prima che mi bruciasse, la mia faccia distorta in una smorfia di disgusto.
Presi la lettera da sopra il tavolo, la accartocciai in una palla e la gettai nell’altra vasca del lavandino. Accesi un altro fiammifero e lo lanciai sulla carta, guardandola con torva soddisfazione mentre bruciava. Un riscaldamento. Presi un altro fiammifero. Di nuovo, lo tenni in mano, mentre bruciava, sopra la busta. Di nuovo, il fiammifero bruciò sempre più vicino alle mie dita prima che lo lanciassi sulle ceneri della lettera. Non potevo proprio bruciare trentamila dollari.
Perciò cosa potevo fare? Non avevo indirizzi a cui rimandarli – ero abbastanza sicura che la compagnia non esistesse davvero.
E poi mi ricordai che avevo un indirizzo.
Lanciai i soldi nella scatola della FedEx, staccando l’etichetta in modo che nessuno l’avrebbe mai trovata, sarebbe stato impossibile per loro collegarla a me, e mi diressi verso il mio pick-up, brontolando in maniera incomprensibile lungo la via. Avevo promesso a me stessa che avrei fatto qualcosa di particolarmente spericolato con la mia moto questa settimana. Mi sarei dedicata a salti e acrobazie se avessi dovuto.
Odiavo ogni centimetro di strada mentre serpeggiavo tra gli alberi cupi, stringendo i denti finchè la mia mascella non iniziò a dolere. Gli incubi sarebbero stati feroci quella notte – questa situazione non chiedeva altro. Gli alberi si aprivano tra le felci, e io guidavo rabbiosamente attraverso di essi, lasciando alle mie spalle una doppia linea di radici fangose e schiacciate. Mi fermai davanti ai gradini di fronte la casa, mettendo il pick-up in folle.
La casa sembrava la stessa, dolorosamente vuota, morta. Sapevo che stavo proiettando i miei sentimenti nella sua apparenza, ma questo non cambiava il modo in cui mi appariva.
Stando attenta a non guardare attraverso le finestre, camminai verso la porta d’ingresso. Desideravo disperatamente per almeno un minuto di tornare ancora uno zombie, ma l’annebbiamento era sparito da tanto.
Misi la scatola con cautela sui gradini della casa abbandonata e mi voltai per andarmene.
Mi fermai sul primo gradino. Non potevo lasciare una montagna di soldi davanti la porta. Era quasi altrettanto brutto quanto bruciarli.
Con un sospiro, tenendo lo sguardo rivolto verso il basso, mi voltai e presi la scatola oltraggiosa. Forse potevo donare quel denaro in forma anonima per una buona causa. Una beneficenza per persone con malattie del sangue, o roba del genere.
Ma scuotevo la testa mentre tornavo al pick-up. Era il suo denaro e, dannazione, se lo sarebbe tenuto. Se qualcuno lo avesse rubato dal portico di casa, sarebbe stata solo colpa sua. Non mia.
Il mio finestrino era aperto, e invece di uscire, tirai la scatola più forte che potei verso la porta.
Non avrei mai avuto uno scopo migliore. La scatola si schiantò rumorosamente contro la finestra di fronte, lasciando un buco così grande che sembrava che avessi lanciato una lavatrice.
“Oh, merda,” ansimai a voce alta, coprendomi la faccia con le mani.
Avrei dovuto saperlo che qualunque cosa avessi fatto avrei solo peggiorato la situazione.
Per fortuna la rabbia si riaffermò in quel momento. Questo era colpa sua, ricordai a me stessa. Stavo solo restituendo qualcosa di sua proprietà. Era un suo problema se ora avrebbe dovuto occuparsi di faccende domestiche. Inoltre, il suono del vetro che si frantuma era alquanto bello – mi fece sentire un po’ meglio in modo perverso.
Non convinsi del tutto me stessa, ma ingranai la marcia del pick-up e me ne andai senza badarci. Questo era quanto di più vicino potessi trovare per rimandare i soldi indietro. E ora avevo una comoda urna per la rata del mese prossimo. Era il meglio che potessi fare.
Ci pensai e ripensai centinaia di volte mentre tornavo a casa. Sfogliai l’elenco telefonico per cercare un vetraio, ma non c’erano estranei a cui chiedere aiuto. Come avrei potuto dare l’indirizzo? Charlie mi avrebbe arrestata per vandalismo?
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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Mag 28, 2009 10:38 pm

Scena cinque: la prima notte che Alice torna dopo aver visto Bella “tentare il suicidio”…

“Jasper non è venuto con te?”
“Non approva la mia interferenza.”
Tirai su col naso. “Non sei l’unica.”
“Si irrigidì e poi si rilassò. “Questo ha qualcosa a che fare con il buco nella finestra di casa mia e la scatola piena di banconote da cento dollari nel soggiorno?”
“Si,” dissi rabbiosamente. “”Scusa per la finestra. E’ stato un incidente.”
“Come al solito quando si tratta di te. Cosa ha fatto?”
“Qualcosa chiamata Pacific Northwest Trust mi ha assegnato una borsa di studio molto strana e persistente. Non è stato proprio un camuffamento. Insomma, non posso immaginare che volesse che sapessi che era lui, ma spero che non pensi che io sia così stupida.”
“Quel gran bugiardo,” mormorò Alice.
“Esattamente.”
“E a me ha detto di non guardare.” Scosse la testa irritata.

Scena sei: con Edward, la notte dopo il ritorno dall’Italia, nella camera di Bella…

“C’è una ragione per cui il pericolo non riesce a resisterti più di quanto ci riesca io?”
“Il pericolo non ci prova,” mormorai.
“Certo, sembra che tu stessi attivamente cercando il pericolo. A cosa stavi pensando, Bella? Ho letto nella mente di Charlie il conto di quante volte sei finita al pronto soccorso recentemente. Ti ho detto che sono furioso con te?”
La sua voce bassa sembrava più addolorata che furiosa.
“”Perché? Non sono affari tuoi,” dissi, imbarazzata.
“In realtà, mi ricordo distintamente che mi avevi promesso di non fare niente di spericolato.” Il mio rifiuto fu rapido. “E tu non avevi promesso qualcosa riguardo il non interferire?”
“Nel momento in cui tu infrangevi il patto,” precisò con cautela, “io stavo mantenendo la mia parte del patto.”
“Oh, davvero? Tre parole, Edward. Pacific. Northwest. Trust.”
Alzò la testa per guardarmi. La sua espressione era piena di confusione e innocenza – troppa innocenza. “Questo dovrebbe significare qualcosa per me?”
“Questo è veramente offensivo,” mi lamentai. “Quanto pensi che io sia stupida?”
“Non ho la minima idea di cosa tu stia parlando,” disse, gli occhi spalancati.
“Va bene,” mormorai.

Scena sette, la conclusione di questo argomento: quella stessa notte/mattina, quando loro arrivano a casa Cullen per la votazione…

Improvvisamente, la luce del portico si accese e potevo vedere Esme all’entrata. I suoi capelli color caramello ondulati erano tirati all’indietro, e aveva una specie di cazzuola in mano.
“C’è qualcuno in casa?” chiesi mentre salivamo le scale.
“Si, ci sono.” Mentre parlava, le finestre si riempirono bruscamente di luce. Guardai attraverso la finestra più vicina per vedere chi ci aveva notati, lo strato piatto di adesivo grigio sullo sgabello di fronte alla finestra catturò il mio sguardo. Guardai la liscia perfezione del vetro e capii cosa stava facendo Esme sul portico con una cazzuola.
“Oh, accidenti, Esme, mi dispiace davvero per la finestra. Stavo…”
“Non preoccuparti,” mi interruppe con una risata. “Alice mi ha raccontato la storia, e devo dire che non ti avrei incolpato se lo avessi fatto apposta.” Lanciò un’occhiataccia al figlio, che lanciava un’occhiataccia a me.
Alzai un sopracciglio. Distolse lo sguardo mormorando qualcosa di indistinto su regali che andrebbero accettati.
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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 1ѕт тωιи♥ Gio Mag 28, 2009 10:57 pm

mamma mia tesoro ma qunto 6 brava?
ti adorooooooooooooooooooooooooooooooo
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king kisskiss aly king
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