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desiderio d'amare

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desiderio d'amare - Pagina 2 Empty 23)TU NON SEI SOLA

Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Ven Lug 31, 2009 7:30 pm

La mia Rosalie stava soffrendo terribilmente, potevo sentirlo da come si stringeva a me, da come i ricordi più tristi la facevano sussultare. Ero sicuro che stesse pensando a suo figlio, a quel bambino dai capelli dorati e gli occhi azzurri che le aveva reso la vita a villa King più facile da sopportare. Non potevo certo comprendere quanto fosse forte il dolore per la perdita di un figlio, ma sapevo cosa significava perdere qualcuno che si ama e vederselo morire tra le braccia senza poter fare niente.

Nei giorni in cui Anthony era stato sempre più male, non ero stato in grado di aiutarla, avevo relegato il mio dolore in un angolo buio della mia mente e non ero stato in grado di ricacciarlo fuori per aiutare la mia piccola. Ma ero deciso a recuperare meglio che potevo.



Quando mi fece capire che voleva fare l’amore con me, alle prime luci dell’alba, e mi si posò sopra, sentii in lei una sicurezza che non aveva mostrato solo poche ore prima. I ricordi e gli incubi che l’avevano tormentata durante la notte dovevano essere peggiori di quanto immaginassi, per renderla capace di tutta quella passione. L’ accontentai come potei, soddisfacendola, facendo l’amore con lei come forse non avevo mai fatto. Cercava di essere il più eccitante possibile, per non permettermi di replicare od obiettare a quei suoi gesti, ma sapevo cosa voleva e non l’avrei delusa. Vederla muoversi sopra di me era uno spettacolo magnifico. Quando poi mi chiese di prenderla, ci misi tutta la forza e il trasporto di cui ero capace, cercando di darle quell’annebbiamento che sicuramente stava cercando. Non so come, riuscii a capirla quando mi fece intuire che non dovevo raggiungere il culmine del piacere dentro di lei. Mi scansai appena in tempo e venni mentre la vedevo scossa da fremiti, in preda anche lei della soddisfazione più appagante.

Tornò dal bagno fresca d’acqua e sapone e si rannicchiò sul mio torace, dandomi un lieve bacio sulle labbra. La coccolai con dolcezza, accarezzandole e baciandole i capelli, cullandola piano, finché non si addormentò finalmente serena. Sentivo che se avessi detto anche solo una parola avrei distrutto quella calma apparente che si era creata, così rimasi in silenzio a guardarla dormire.­

Non riuscivo a chiudere occhio, così mi persi nei miei ricordi...



Anthony entrò nella stalla di corsa e mi venne incontro.

-Ciao signor Emmett, mi prendi sulle spalle?- Lo accontentai immediatamente, era così dolce che non gli si poteva dire di no. Con lui sulle spalle comincia a sistemare il suo pony, fino a quando Rosalie entrò nella stalla.

-Buongiorno Emmett.- Lo sguardo triste dei suoi occhi era lo stesso che vedevo ogni volta, dopo che quel bastardo di suo marito era andato a fare visita alla famiglia.

-Buongiorno...- Avevo smesso di chiamarla “signora” da mesi. Ma chiamarla “amore mio” davanti a suo figlio non mi sembrava il caso.

-Guarda mamma! Lo vedi che non mi fa cadere?-

Lei sorrise, non uno dei sorrisi felici che riservava a me, ma uno di quelli malinconici che volevano dire ben altro. -Sì, lo vedo.-

-Signor Emmett, oggi andiamo a fare una passeggiata nel bosco coi cavalli?-

Quel bambino era incredibile, sempre pieno di entusiasmo. -Certo, se per tua madre non è un problema.-

-Non è un problema. Una cavalcata nel bosco farebbe piacere anche a me.- Guardò suo figlio con una dolcezza infinita e poi rivolse a me un’occhiata che non riuscii a capire. L’osservai interrogativo, ma lei si limitò a scuotere la testa, come a dirmi di non chiedere nulla.

Rosalie uscì dalla stalla per prima, in sella al suo cavallo, mentre io misi Anthony a sedere con me sul purosangue che ero solito cavalcare. Lei ci staccò parecchio, lanciando la sua Sparkling al galoppo sul sentiero. La guardai sparire tra gli alberi, non riuscendo minimamente ad immaginare cosa stesse provando. Nonostante tutto, non riuscii a non sorridere pensando a quando sarebbe stata tra le mie braccia, quella notte, e l’avrei amata con delicatezza per farle dimenticare il suo dispotico marito.

-Signor Emmett, tu vuoi bene alla mia mamma?-

La domanda mi colse impreparato e sussultai, facendo scuotere anche il cavallo. Tirai le redini per farlo tornare calmo e cercai una risposta da dare, ma Anthony mi precedette. -Secondo me le vuoi bene. Quando la guardi sorridi sempre.-

Sorrido quando la guardo? Non me ne rendo conto. La amo così tanto che stare lontano da lei è un dolore insopportabile e quando c’è non posso fare a meno di essere felice. -Sì, le voglio bene.-

Molto riduttiva come cosa, ma non avrei potuto dirgli altro. -Anche lei ti vuole bene, lo sai?-

-Davvero?-

-Sì, me lo ha detto stamattina.-

Tornò verso di noi col viso più sereno, la galoppata aveva avuto su di lei un effetto calmante. Ci si affiancò, mantenendo un’andatura più tranquilla.

-Mamma posso venire a cavallo con te?-

-Ma certo tesoro.-

Scesi dal purosangue e aiutai il bambino a salire davanti alla madre. Insieme erano meravigliosi, due angeli biondi con gli occhi azzurri e la pelle bianca. Quando stava con lui, Rosalie cambiava, il viso le si illuminava... Sembrava nata per essere madre.



Mi alzai, stando attento a non svegliarla e andai in bagno. Altri ricordi si erano fatti spazio nella mia mente, dolorosi e devastanti.



Una città devastata dai bombardamenti nazisti, uno scontro a fuoco e mio fratello che mi fa scudo, il suo sangue che mi annebbia la vista e la furia cieca contro il suo assassino...



Mi specchiai e vidi le cicatrici che la guerra aveva lasciato su di me. Una granata evitata per miracolo, il pensiero di Lucy che mi aveva dato la forza di buttarmi di lato ed evitare la maggior parte delle schegge causate dall’esplosione. Un frammento conficcato nel petto, una dolorosa operazione quasi priva di anestesia e la mia vita appesa a un filo. Niente aveva avuto senso in quei giorni, tranne il pensiero di tornare da Lucy, di riportare il corpo di mio fratello a casa per dargli una degna sepoltura. Quando poi rividi mia moglie, qualsiasi cosa tornò a non avere più senso. Mi chiedevo ogni giorno quali erano i frutti che avrei dovuto raccogliere dalla mia esperienza europea. Ero diventato più saggio? Forse... Più maturo? Sicuramente. Più felice? No, assolutamente no. Avevo sperato di trovare un po’ di serenità e che avrei vissuto almeno per un po’ in pace con me stesso, ma era stato tutto un susseguirsi di fughe e bugie. E poi nella mia vita era entrata Rosalie, altre bugie, altre menzogne, ma almeno per poche ore a notte riuscivo a prendermi la calma di cui avevo bisogno.

La mia donna entrò in bagno avvolta da un lenzuolo bianco, una mano a chiudere quell’indumento improvvisato e l’altra abbandonata su un fianco, i capelli sciolti sulle spalle e gli occhi ancora lucidi di sonno.

-Ehi...- La sua voce era sempre una ventata d’aria fresca, anche solo sentirle pronunciare un ehi mi faceva sorridere.

-Ehi...- Che effetto dovevo farle seduto sul bordo della vasca da bagno con la testa tra le mani?

-Che cos’hai?-

-Niente... solo vecchi ricordi che credevo di aver rimosso.-

-Ne vuoi parlare?-

-No...- Non ero ancora pronto a parlarne, era successo tutto troppo in fretta. Prima avrei dovuto sistemare qualche questione. -Vieni qui.- Allargai le braccia facendole segno di venirsi a sedere sopra di me. Stavolta fu lei a consolare me per un motivo che neanche conosceva. Mi fece poggiare la testa sul suo petto e mi accarezzò i capelli con dolcezza, lasciandomi qualche bacio sulla fronte o sulle tempie.

Ci sarebbe stato un tempo per le spiegazioni e i chiarimenti, ma quel poco che restava della notte lo avremmo passato in un altro modo...

Dopo qualche ora ci alzammo e girovagammo per l’enorme villa alla ricerca della cucina o di un qualche segno di vita. Ci trovammo davanti ad una porta aperta che si affacciava su una sala piena di specchi col pavimento di legno, era completamente diversa da qualsiasi altra stanza della casa. Una musica dolce e malinconica partì da un grammofono alla nostra sinistra mentre Alice raggiungeva il centro della sala. Non avevo mai visto una donna danzare, non ero mai andato a teatro, ma la ballerina di fronte a me mi catturò con un semplice gesto delle braccia. Non avevo idea di cosa stesse facendo, ma comunque si chiamassero quei passi, erano meravigliosi.

-È bellissima vero?- Mi chiese Rosalie.

-Sì.-

-Magari un giorno potremo andare a vedere un balletto insieme, che ne dici?-

-Sarebbe fantastico.-

Accennò un sorriso amaro, come a dire “Chissà se una cosa del genere potrà mai accadere” . La strinsi più forte che potei per darle coraggio, in un modo o nell’altro tutto si sarebbe risolto.



Ci dirigemmo verso la cucina e la padrona di casa entrò nella stanza nel momento in cui ci stavamo litigando a suon di baci e morsi una fetta di pane tostato.

-Buongiorno.- Ci salutò con un sorriso, aveva indossato un maglione lungo sull’abbigliamento da danza.

-Buongiorno.-

-Scusate l’intrusione... e il mio vestiario. Faccio una pausa e torno in sala prove.-

-Ti abbiamo vista stamattina...- Intervenne la mia donna. -Eri meravigliosa.-

-Grazie, ma non sono più meravigliosa da tempo. L’età comincia a farsi sentire.-

-La musica su cui stavi danzando era bellissima, magari un po’ malinconica...- Non me ne intendevo di musica, ma questo l’avevo capito.

-Beethoven. Il suo Chiaro di Luna. Era la sonata preferita di mio marito. Sono anni che cerco di danzarla, ma non riesco ad arrivare alla fine.­ Troppi ricordi...-

Bevve un sorso d’acqua e pose di nuovo le sue attenzioni su di noi, che ci tenevamo per mano. -La smetto di rattristarvi e torno in sala. A dopo.- Uscì con eleganza e rimasi di nuovo solo con il mio amore.

Rosalie guardava la porta con sguardo assorto, come se quelle poche parole le pesassero come un macigno sul cuore.

-Che c’è, piccola?-

-Pensi che esista davvero la felicità? Pensi che si possa davvero essere felici in questa vita?-

-Piccola, ma cosa...?-

-Quando te ne sei andato, l’altra sera...-

-Rosalie...- Mi sarei pentito per sempre di quella decisione, ma ora era arrivato il momento dei veri chiarimenti, di guardarsi dentro e aprirsi.

-Ho sentito che un altro giorno era finito e io... ero ancora sola. Ho realizzato che te n’eri andato senza neanche dirmi addio e non riuscivo a capire perché. Per la prima volta mi sono sentita davvero gelida, un pezzo di ghiaccio pronto a sgretolarsi in mille pezzi. Ho cominciato a chiedermi cosa avessi fatto per farti andare via così, cosa avevo fatto di così terribile da farmi sfuggire l’amore, la possibilità di essere felice, dalle mani... mi sono sentita vuota... e sola.-

La presi tra le braccia e la strinsi contro il petto mentre singhiozzava sommessamente. -Non avrei dovuto andarmene così. Non so neanche io perché l’ho fatto, so solo che appena ho messo piede fuori dalla mia stanza mi sono sentito esattamente come te: freddo, vuoto e solo.- Le presi il viso tra le mani, asciugandole le lacrime. -Ma ora sono qui, tu non sei sola e non lo sono neanche io, sono qui con te. Anche quando me ne sono andato, ti sentivo vicina. Non sei sola, capito Rosalie? Ci sono io con te e sono qui per restare. Non sei sola...-

I suoi occhi blu diventarono lucidi, riuscii a leggere tutta la sua paura per quello che ne sarebbe stato delle nostre vite. La baciai per trasmetterle tutto l’amore che provavo per lei, per farle sentire che ero con lei e non me ne sarei andato. Le nostre lingue giocarono insieme, assaporando l’unico sapore che da quel momento in poi avrebbero conosciuto. Tornai a guardarla e le asciugai le lacrime con i pollici, per poi baciare dolcemente le sue guance arrossate.

-Sai, l’altra sera, quando sono andato via...- Un singhiozzo la scosse. -Ti sentivo piangere e sapevo che era colpa mia, volevo venire da te e stringerti tra le braccia, proprio come sto facendo ora, ma qualcosa nel mio stupido essere uomo me l’ha impedito. Potrai odiarmi per sempre per quello che ti ho fatto, io lo farò: non me lo perdonerò mai, ma farò tutto il possibile per rimediare, Rosalie, tutto!-

-Emmett... Non hai niente di cui farti perdonare. Sono stati giorni difficili per te, quanto per me. Entrambi abbiamo commesso degli errori, ma possiamo ricucire i pezzi, insieme... io lo so, non sarò più sola. Lo so che tu ci sarai sempre e io... voglio esserci per te... per sempre...-

-Per sempre, piccola... Io e te...-

-Non saremo più soli...-
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