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il ballo(twilight)

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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Mag 28, 2009 10:58 pm

Il Ballo, versione estesa:

“Quando hai intenzione di dirmi cosa sta succedendo, Alice?”
“Lo vedrai, sii paziente,” ordinò grignando in modo ambiguo.
Eravamo sul mio furgone ma stava guidando lei. Ancora tre settimane e sarei stata liberata dal gesso, e poi avevo l’intenzione di mettere molto fermamente il mio piede buono sopra l’affare dello chauffeur. Mi piaceva guidare.
Era tardo maggio, e in qualche modo la terra attorno a Forks stava trovando il modo di essere più verde del solito. Era bello, naturalmente, e mi stavo in qualche modo riconciliando con il bosco, soprattutto per il fatto che trascorrevo là più tempo del solito. Non eravamo ancora del tutto amici, ma stavamo avvicinandoci.
Il cielo era grigio, ma anche questo era il benvenuto. Era un grigio perlaceo, niente affatto torvo, non stava piovendo, e (era) abbastanza caldo per me. Le nuvole erano spesse e sicure, il genere di nuvole che erano diventate piacevoli per me, a causa della libertà che garantivano.
Ma nonostante questi piacevoli contorni, mi sentivo irascibile. In parte a causa dello strano comportamento di Alice. Lei aveva assolutamente insistito per un giorno da ragazze fuori questo sabato mattina, portandomi a Port Angeles per farci fare manicures e pedicures, rifiutando di lasciarmi avere la tonalità più modesta di rosa (smalto) che io volevo, ordinando invece al manicurist di pitturarmi con un rosso scuro scintillante – spingendosi tanto da insistere che mi facessi mettere lo smalto sulle unghie del mio piede ingessato.
Poi mi portò a fare shopping di scarpe, sebbene potessi provare solo metà di ogni paio. Contro le mie strenue proteste mi comprò un paio dei più impratici, costosissimi tacchi a spillo – cose pericolose da guardarsi, tenuti su solamente da sottili nastri di raso che si incrociavano sopra il mio piede e si legavano in un ampio fiocco dietro la mia caviglia. (Le scarpe) Erano di un profondo blu giacinto, e invano cercai di spiegarle che non avevo niente con cui potessi indossarle. Sebbene il mio armadio fosse pieno in maniera imbarazzante dei vestiti che lei mi aveva comprato a L.A. – molti dei quali ancora troppo leggeri da indossare di già a Forks – ero sicura che non avevo niente di quel colore. E anche se avessi avuto qualcosa di quella esatta tonalità nascosto nell’armadio, i miei vestiti non erano veramente adatti ai tacchi a spillo. Io non ero adatta ai tacchi a spillo – riuscivo a mala pena a camminare in maniera sicura con i calzini. Ma la mia inattaccabile logica era sprecata con lei. Nemmeno rispondeva.
“Bene, non sono di Biviano, ma faranno il loro lavoro,” mormorò senza espressione, e poi non aveva più parlato mentre sguinzagliava la sua carta di credito ai commessi stupiti.
Mi passò il pranzo a un fast food drive attraverso il finestrino, dicendomi che dovevo mangiare in macchina, ma rifiutandosi di spiegare la fretta. Inoltre per la strada verso casa dovetti ricordarle diverse volte che il mio furgone non era semplicemente capace di funzionare come una macchina sportiva, anche con le modifiche di Rosalie, e pregarla di dare una pausa alla povera cosa. Generalmente, Alice era la mia chauffeur preferita. Lei non sembrava annoiata di guidare a solo venti o trenta miglia oltre il limite di velocità, il modo in cui molte persone non riuscivano proprio a fare.
Ma l’agenda ovviamente segreta di Alice era solo la metà del problema, naturalmente. Ero anche pateticamente ansiosa perché non avevo visto il viso di Edward da almeno sei ore e questo doveva essere un record per gli ultimi due mesi.
Charlie era stato difficile, ma non così impossibile. Si era riconciliato con la costante presenza di Edward quando ritornava a casa, (non) trovando nulla di cui lamentarsi sul fatto che noi sedevamo sopra i nostri compiti al tavolo in cucina – lui sembrava persino godere della compagnia di Edward mentre loro gridavano insieme alle partite su ESPN. Ma non aveva perso nulla della sua originale rigidezza quando ogni sera precisamente alle dieci in punto teneva risolutamente la porta per Edward.
Naturalmente, Charlie era del tutto ignaro dell’abilità di Edward di riportare la sua macchina a casa e di tornare attraverso la mia finestra in meno di dieci minuti. Lui era molto più carino con Alice, spesso in modo imbarazzante. Ovviamente, fino a che il mio gesso non fu rimosso da qualcosa di più maneggevole, avevo bisogno di un aiuto femminile. Alice era un angelo, una sorella; ogni sera e ogni mattina lei appariva per aiutarmi con le mie routines quotidiane. Charlie era molto enormemente grato di essere sollevato dall’errore di una figlia quasi adulta che aveva bisogno di aiuto per fare la doccia – quel genere di cose che era molto più in là del suo livello di conforto, e anche il mio, per quella cosa.
Ma era con molto più della gratitudine che Charlie prese a chiamarla “Angelo” come soprannome, e la guardava con occhi confusi mentre danzava sorridente attraverso la piccola casa, illuminandola. Nessun umano poteva non essere affascinato dalla sua sorprendente bellezza e grazia, e quando lei scivolava attraverso la porta ogni sera con un affezionato, “Ci vediamo domani, Charlie,” lei lo lasciava attonito.
“Alice, stiamo andando a casa adesso?” chiesi ora, capendo entrambe che intendevo la casa bianca sul fiume.
“Si.” Grignò, conoscendomi bene “Ma Edward non è lì.” Mi corrugai. “Dov’è lui?”
“Aveva qualche commissione da fare.”
“Commissione?” ripetei monotonamente. “Alice,” il mio tono divenne adulante, “per favore dimmi cosa sta succedendo.”
Lei scosse la sua testa, grignando ancora rigidamente. “Mi sto divertendo troppo,” spiegò.
Quando arrivammo a casa, Alice mi portò direttamente su per le scale, verso il suo bagno dalle dimensioni di una camera da letto. Fui sorpresa di trovare lì Rosalie, che aspettava con sorriso celestiale, stando in piedi dietro una bassa sedia rosa. Un impressionante schieramento di strumenti e prodotti copriva il lungo bancone.
“Siediti,” Alice comandò. La considerai attentamente per un minuto, e poi, vedendo che lei si stava preparando ad usare la forza se necessario mi abbassai sulla sedia e mi sedetti con quanta più dignità fossi capace. Rosalie cominciò immediatamente a spazzolare i miei capelli.
“Non credo che mi dirai a cosa serve tutto questo?” le chiesi.
“Puoi torturarmi,” mormorò, assorta con i miei capelli, “Ma non parlerò mai.”
Rosalie mise la mia testa nel lavandino mentre Alice massaggiava i miei capelli con uno shampoo che profumava di menta e pompelmo. Alice mi asciugò furiosamente le ciocche bagnate, poi spruzzò quasi un’intera bottiglia di qualcosa – questa odorava di cetrioli – sulle masse umide e mi asciugò di nuovo.
Poi pettinarono la massa velocemente; qualunque cosa fosse quella al cetriolo, mi rese docili le ciocche. Avrei potuto volerne prendere un po’ in prestito. Poi entrambe presero un phon e si misero al lavoro.
Mentre i minuti passavano, e loro continuavano a scoprire nuove parti di ciocche bagnate, i loro visi cominciarono a diventare un po’ preoccupati. Sorrisi allegramente.
Alcune cose persino i vampiri non potevano velocizzare.
“Lei ha un’orribile massa di capelli,” Rosalie commentò in una voce ansiosa.
“Jasper!” chiamò Alice chiaramente, sebbene non a voce alta, “Trovami un altro phon!”
Jasper venne in loro soccorso, salendo in qualche modo con due phon in più, che mi puntò alla testa, profondamente divertito, mentre (loro) continuavano il loro lavoro con i propri (phon).
“Jasper…” cominciai piena di speranza.
“Mi dispiace, Bella. Non mi è permesso dire nulla.”
Scappò con gratitudine, quando infine fu tutto asciutto – e soffice. I miei capelli erano ritti tre pollici sulla mia testa.
“Che cosa mi avete fatto?” chiesi con orrore. Ma loro mi ignorarono, tirando fuori una scatola di bigodini caldi.
Cercai di convincerle che i miei capelli non si arricciavano, ma loro mi ignorarono, spalmando qualcosa che era di un colore giallo malaticcio attraverso ogni ciocca prima di avvolgerla attorno ad un caldo bigodino.
“Avete trovato le scarpe?” domandò Rosalie con intensità mentre lavoravano, come se la risposta fosse di vitale importanza.
“Si – sono perfette,” miagolò Alice con soddisfazione.
Guardai Rosalie nello specchio, che annuiva come se un grande peso fosse stato tolto dalla sua mente.
“I tuoi capelli sembrano belli,” notai. Non che non fossero sempre ideali – ma li aveva fatti questo pomeriggio, creando una corona di soffici ricci dorati in cima alla sua testa perfetta.
“Grazie.” Lei sorrise. Adesso avevano cominciato il secondo set di bigodini.
“Cosa ne pensi a proposito del make-up?” chiese Alice.
“E’ orribile,” dissi. Loro mi ignorarono.
“Non ne ha molto bisogno – la sua pelle è meglio nuda,” disse Rosalie”Rossetto, comunque,” decise Alice.
“E mascara ed eyeliner,” aggiunse Rosalie, “solo un po’.”
Sospirai a voce alta. Alice rise. “Sii paziente, Bella. Ci stiamo divertendo.”
“Bene, finchè vi divertite voi,” borbottai.
Adesso loro avevano fissato tutti i bigodini con i becchi fermamente e in modo scomodo sulla mia testa.
“Vestiamola.” La voce di Alice si riempì di anticipazione. Lei non aspettò che zoppicassi da sola fuori dal bagno. Invece mi battè sul tempo e mi portò nella grande camera bianca di Rosalie ed Emmett. Sul letto, c’era un vestito. Blu giacinto, naturalmente.
“Cosa ne pensi?” cinguettò Alice.
Era una buona domanda. Era increspato in modo soffice, apparentemente designato per essere indossato molto basso e sotto le spalle, con lunghe maniche drappeggianti che si riunivano ai polsi. Il vero e proprio corpetto era cinto da un’altra stoffa color giacinto con pallidi fiori, che si pieghettavano insieme per formare una sottile gala giù nel lato sinistro. Il materiale floreale era lungo sulla schiena, ma aperto sul davanti sopra diversi strati aderenti di soffici gale color giacinto, con sfumature più chiare man mano che arrivavano al bordo del sedere.
“Alice,” gemetti. “Non posso indossarlo!”
“Perché?” domandò in una voce dura.
“Il top è completamente trasparente!”
“Questo và sotto,” Rosalie aveva in mano un indumento azzurro dall’aspetto inquietante.
“Che cos’è quello?” chiesi terrorizzata.
“E’ un corsetto, sciocca,” disse Alice, impaziente. “Adesso tu lo indosserai, oppure devo chiamare Jasper e chiedergli di bloccarti mentre (te) lo faccio (mettere) io?” minacciò.
“Si suppone che tu sia mia amica,” accusai.
“Sii gentile Bella,” lei sospirò, “Non ricordo quando ero umana e sto cercando di avere un po’ di divertimento vicario. Inoltre è per il tuo bene.”
Mi lamentai ed arrossii molto, ma non ci misero molto a farmi entrare nel vestito. Dovevo ammetterlo, il corsetto aveva i suoi vantaggi.
“Wow,” respirai, guardando verso in basso. “Ho un bel decoltè.”
“Chi l’avrebbe pensato,” scherzò Alice, deliziata dal suo lavoro. Io, comunque non le avevo completamente creduto.
“non pensi che questo vestito sia un po’ troppo… non so, avanti… per Forks?” chiesi esitante.
“Penso che la parola che stai cercando sia alta moda,” Rosalie rise.
“Non è per Forks, è per Edward,” insistette Alice. “E’ proprio quello che ci vuole.
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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 1ѕт тωιи♥ Gio Mag 28, 2009 10:58 pm

mamma mia tesoro ma qunto 6 brava?
ti adorooooooooooooooooooooooooooooooo
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king kisskiss aly king
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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Mag 28, 2009 10:59 pm

Poi mi portarono di nuovo nel bagno, sfacendo i bigodini con agili dita. Con mio shock, precipitarono cascate di ricci. Rosalie manovrò molte di esse in su, girandoli attentamente in una criniera equina di riccioli che fluttuavano in una pesante linea lungo la mia schiena. Mentre lei lavorava, Alice disegnò velocemente una sottile striscia nera intorno a ciascun occhio, passò il mascara, e applicò attentamente il rossetto rosso scuro sulle mie labbra. Poi sfrecciò fuori dalla stanza e ritornò velocemente con le scarpe.
“Perfette,” Rosalie respirò mentre Alice le teneva su per essere ammirate.
Alice legò la scarpa pericolosamente mortale in maniera esperta, e poi guardò il mio aspetto con speculazione nei suoi occhi.
“Penso che abbiamo fatto quello che potevamo,” scosse la sua testa tristemente. “Non pensi che Carlisle ci lascerebbe…?” guardò Rosalie.
“Ne dubito,” replicò Rosalie seccamente. Alice sospirò. Poi entrambe sollevarono le loro teste.
“Lui è tornato.” Sapevo cosa intendessero con ‘lui’, e sentii vigorose farfalle nello stomaco.
“Lui può aspettare. C’è una cosa più importante,” Alice disse fermamente. Mi sollevò di nuovo – una necessità, ero sicura di non poter camminare in quella scarpa – e mi portò nella sua stanza, dove mi depositò in piedi gentilmente di fronte al suo grande specchio, ad altezza d’uomo, bordato d’oro.
“Lì,” disse. “Vedi?”
Fissavo la straniera nello specchio. Lei sembrava molto alta nella scarpa alta, con la lunga linea flessuosa del vestito aderente che aumentava l’illusione. Il corpetto scollato – dove la sua inusuale, impressionante linea del busto catturò di nuovo i miei occhi – faceva sì che il collo sembrasse molto lungo, così come (faceva) la lunga colonna di ricci splendenti giù per la sua schiena. Il color giacinto del suo vestito era perfetto, esaltando la cremosità della sua pelle d’avorio, e il rosa del blush on sulle sue guance. Lei era molto carina. Dovevo ammetterlo.
“Okay, Alice.” Sorrisi. “Vedo.”
“Non dimenticarlo,” ordinò.
Mi sollevò di nuovo, e mi portò in cima alle scale.
“Girati e chiudi gli occhi!” ordinò in basso alle scale. “E stai fuori dalla mia testa – non rovinare tutto.”
Lei esitò, camminando più lentamente del solito giù per le scale finchè potè vedere che lui aveva obbedito. Poi lei volò il resto della strada (scale).
Edward era in piedi accanto alla porta, la sua schiena verso di noi, molto alto e scuro – non l’avevo mai visto prima vestito di nero. Alice mi mise in piedi, allisciando il drappeggio del mio vestito, rimettendo un ricciolo a posto, e poi mi lasciò lì, andando a sedersi sul panchetto del pianoforte per guardare. Rosalie la seguì per sedersi con lei nel pubblico.
“Posso guardare?” la sua voce era piena di anticipazione – rendeva irregolare il mio battito cardiaco .
“Si… adesso,” Alice dette l’ordine.
Lui si girò immediatamente, e poi si ghiacciò sul posto, i suoi occhi color topazio (erano) spalancati. Potevo sentire il calore salire sul collo e colorare le mie guance. Era così bello; sentii un guizzo della vecchia paura, che lui era solo un sogno, non possibilmente reale. Stava indossando uno smoking, e lui apparteneva alla pellicola di un film, non a me. Lo fissavo in meravigliata incredulità.
Camminò lentamente verso di me esitando lontano un piede quando mi raggiunse.
“Alice, Rosalie… grazie,” respirò senza distogliere gli occhi da me.
Sentii Alice ridacchiare di piacere.
Lui si mosse in avanti, appoggiando il cavo della sua mano fredda sotto la mia mascella, e inchinandosi per premere le sue labbra sotto la mia gola.
“Sei tu,” mormorò contro la mia pelle. Si allontanò (di nuovo), e c’era un fiore bianco nell’altra sua mano.
“Freesia,” mi informò mentre la intrecciava ai miei riccioli. “Completamente inutile, per quanto riguarda il profumo, naturalmente.” Si piegò indietro, guardando di nuovo sopra di me. Sorrise il suo sorriso ferma – cuore. “Sei bella in modo assurdo.”
“Mi hai rubato la battuta,” tenni la mia voce leggera quanto potevo. “Proprio quando mi convinco che sei attualmente reale, ti mostri in questo modo e io ho paura di stare di nuovo sognando.”
Mi prese in braccio velocemente. Mi tenne vicino al suo viso, i suoi occhi (erano) ardenti mentre mi spingeva ancora più vicino.
“Attento al rossetto!” comandò Alice.
Lui rise in modo ribelle, ma invece gettò la sua bocca sull’incavo sopra la mia clavicola.
“Siamo pronti per andare?” chiese.
“Nessuno mi dirà mai che diavolo di occasione è?”
Lui rise di nuovo, guardando sopra le sue spalle verso le sue sorelle. “Non ha indovinato?”
“No,” Alice ridacchiò. Edward rise deliziato. Io mi imbronciai. “Cosa mi sto perdendo?”
“Non preoccuparti, lo capirai abbastanza presto,” mi assicurò.
“Mettila giù, Edward, così posso fare una foto,” Esme stava venendo giù dalle scale con una macchina fotografica argentea nelle sue mani.
“Foto?” Mormorai, mentre lui mi depositò attentamente sul mio piede buono che vacillava. Stavo avendo un cattivo presentimento su tutto questo. “Farai un film?” chiesi in modo sarcastico.
Lui sogghignò verso di me.
Esme ci fece molte foto, finchè Edward che rideva insistette che saremmo stati in ritardo.
“Ci vediamo là,” disse Alice mentre lui mi portava alla porta.
“Alice sarà lì? Qualunque posto sia?” Mi sentii un po’ meglio.
“E Jasper, e Emmett, e Rosalie.”
La mia fronte si corrugò per la concentrazione mentre cercavo di capire il segreto.
Lui represse una risatina alla mia espressione.
“Bella,” Esme mi chiamò, “tuo padre è al telefono.”
“Charlie?” Edward ed io chiedemmo simultaneamente. Esme mi portò il telefono, ma lui l’agguantò mentre lei cercava di darmelo, tenendomi lontano senza sforzo con un braccio.
“Hey!” Protestai, ma lui stava già parlando.
“Charlie? Sono io. Cosa c’è che non và?” Sembrava preoccupato. Il mio viso impallidì. Ma poi la sua espressione divenne divertita – e improvvisamente maligna.
“Dagli il telefono, Charlie – lasciami parlare con lui.” Qualunque cosa stesse succedendo, Edward si stava divertendo un po’ troppo perché Charlie fosse in pericolo. Mi rilassai leggermente.
“Ciao, Tyler, sono Edward Cullen,” la sua voce era molto amichevole in superficie. La conoscevo abbastanza bene per cogliere la sottile vena di minaccia. Che cosa stava facendo Tyler a casa mia? L’orribile verità cominciava a farsi luce su di me.
“Mi dispiace se c’è stato qualche tipo di incomprensione, ma stasera Bella non è disponibile.” Il tono di Edward cambiò, e la minaccia nella sua voce divenne improvvisamente molto più evidente mentre continuava. “Per essere del tutto onesto, lei non sarà disponibile nessuna sera, per chiunque escluso il sottoscritto. Senza offesa. E mi dispiace per la tua serata.” Non suonava affatto dispiaciuto. E poi chiuse il cellulare, un ampio sorriso sul suo viso.
“Tu mi stai portando al ballo!” Accusai furiosamente. Il mio viso e il mio collo si arrossarono di rabbia. Potevo sentire le lacrime indotte – dalla – rabbia cominciarono a riempire i miei occhi.
Non si era aspettato la forza della mia reazione, questo era chiaro. Premette le sue labbra insieme e i suoi occhi si scurirono.
“Non essere difficile, Bella.”
“bella, andremo tutti,” incoraggiò Alice, improvvisamente alle mie spalle.
“Perché mi stai facendo questo?” domandai.
“Sarà.” Alice era ancora apertamente ottimistica.
Ma Edward si piegò per mormorarmi all’orecchio, la sua voce vellutata e seria.
“Sei umana solo una volta, Bella. Assecondami.”
Poi girò la piena forza dei suoi pungenti occhi color topazio su di me facendo squagliare la mia resistenza con il loro calore.
“Bene,” mormorai, incapace di squadrarlo come mi sarebbe effettivamente piaciuto fare, “Starò buona. Ma vedrai,” avvisai tetramente, “questa è la sfortuna di cui ti sei preoccupato. Probabilmente mi romperò l’altra gamba. Guarda questa scarpa! E’ una trappola mortale!” Tenni fuori la mia gamba buona come prova.
“Hmmm,” Lui fissò la mia gamba per un momento più lungo del necessario, e poi guardò verso Alice con occhi brillanti, “Di nuovo, grazie.”
“Farete tardi per passare da Charlie,” gli ricordò Esme.
“Bene, andiamo,” mi condusse attraverso la porta.
“Charlie è implicato in ciò?” chiesi a denti stretti.
“Naturalmente,” sogghignò.
Ero preoccupata, così all’inizio non lo notai. Ero solo vagamente consapevole di una macchina d’argento, e pensai fosse la Volvo. Ma poi si piegò così in basso per mettermi dentro che pensai (che) mi stesse mettendo a sedere per terra.
“Cos’è questa?” domandai, sorpresa di trovarmi in una coupé non familiare. “Dov’è la Volvo?”
“La Volvo è la mia macchina da tutti i giorni,” mi disse attentamente, preoccupato che potessi avere un altro attacco. “Questa è una macchina per le occasioni speciali.”
“Cosa penserà Charlie?” scossi la testa disapprovando mentre lui entrava dentro e avviava il motore. Questo fece le fusa.
“Oh, la maggior parte della popolazione di Forks pensa che Carlisle sia un avido collezionista di auto.”
“Non è così?”
“No, questo è più un mio hobby. Anche Rosalie colleziona macchine, ma lei preferisce dilettarsi con le loro parti interne piuttosto che guidarle. Ha lavorato molto su questa per me.”
Mi stavo ancora chiedendo perché stavamo tornando a casa di Charlie quando ci fermammo di fronte ad essa. La luce del portico era accesa, anche se non era del tutto buio. Charlie doveva essere in attesa, probabilmente adesso stava guardando fuori dalla finestra. Cominciai ad arrossire, chiedendomi se la prima reazione di mio padre al vestito sarebbe stata simile alla mia. Edward camminò intorno alla macchina, lentamente per lui, per arrivare alla mia portiera – confermando i miei sospetti che Charlie stava guardando. Poi mentre Edward mi stava attentamente sollevando fuori dalla piccola auto, Charlie – molto stranamente per lui – uscì fuori nel cortile per salutarci. Le mie guance erano in fiamme; Edward lo notò e mi guardò interrogativo. Ma non avevo bisogno di preoccuparmi. Charlie neppure mi vide.
“Questa è un’Aston Martin?” chiese ad Edward in una voce reverente.
“Si – la Vanquish.” Gli angoli della sua bocca si contorsero, ma lui si controllò.
Charlie fischiò leggermente.
“Vuoi farci un giro?” Edward gli mostrò la chiave.
Gli occhi di Charlie lasciarono finalmente la macchina. Guardò verso Edward con incredulità – colorato da una leggera tinta di speranza.
“No,” disse riluttante, “Cosa direbbe tuo padre?”
“A Carlisle non dispiacerebbe affatto,” disse sinceramente Edward, ridendo. “Vai pure.” Premette la chiave nella desiderosa mano di Charlie.
“Bene, solo un giro veloce…” Charlie stava già accarezzando i paraurti con una mano.
Edward mi aiutò a zoppicare fino alla porta d’ingresso, prendendomi in braccio non appena fummo dentro, e portandomi verso la cucina.
“Ha funzionato bene,” dissi. “Non ha avuto la possibilità di agitarsi per il vestito.”
Edward ammiccò. “Non ci avevo pensato,” ammise. I suoi occhi vagarono di nuovo sul mio vestito con un’espressione critica. “Penso sia una buona cosa che non abbiamo preso il furgone, classica o no.”
Non volendo distolsi lo sguardo dal suo viso abbastanza a lungo da notare che la cucina era insolitamente scura. Sul tavolo c’erano candele, molte, forse venti o trenta alte candele bianche. Il vecchio tavolo era nascosto da una lunga tovaglia bianca, così come lo erano due sedie.
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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Mag 28, 2009 11:00 pm

“E’ a questo che hai lavorato oggi?”
“No – questo ha preso solo mezzo secondo. E’ stato il cibo che ha preso tutto il giorno. So quanto trovi opprimenti i ristoranti alla moda, non che qui intorno ci siano molte scelte che ricadono nella categoria, ma ho deciso che non potevi trovare nulla di cui lamentarti sulla tua cucina.”
Mi fece sedere in una delle sedie drappeggiate di bianco, e cominciò a tirar fuori (delle) cose dal forno e dal frigo. Notai che c’era solo un posto apparecchiato.
“Non hai intenzione di dare da mangiare anche a Charlie? Tornerà a casa prima o poi.”
“Charlie non potrebbe mangiare un altro morso – che pensi che fosse il mio assaggiatore? Dovevo essere sicuro che tutto questo fosse commestibile.” Mise un piatto di fronte a me, pieno di cose che sembravano molto appetibili.
Sospirai.
“Sei ancora arrabbiata?” Spinse l’altra sedia intorno al tavolo così potette sedersi accanto a me.
“No. Bene, si, ma non molto in questo momento. Stavo solo pensando – così come viene, l’unica cosa che potevo fare meglio di te. Questo sembra< grande.” Sospirai di nuovo.
Lui sorrise. “Non l’hai ancora assaggiato – sii ottimistica, forse è terribile.”
Presi un morso, mi fermai, e poi feci una boccaccia.
“E’ terribile?” chiese scioccato.
“No, è favoloso, naturalmente.”
“Questo è un sollievo,” sorrise, così bello. “Non essere preoccupata, c’è ancora un sacco di cose in cui sei migliore.”
“Dimmene almeno una.”
Non rispose all’inizio, fece scorrere solo leggermente il suo dito freddo lungo la linea della mia clavicola, tenendo il mio sguardo con occhi ardenti fino a quando sentii la mia pelle bruciare e diventare rossa.
“Ecco qua,” mormorò, toccando il rossore sulla mia guancia. “Non ho mai visto nessuno arrossire bene come te.”
“Magnifico,” mi imbronciai. “Reazioni involontarie – qualcosa di cui posso essere orgogliosa.”
“Tu sei anche la persona più coraggiosa che conosco.”
“Coraggiosa?” Derisi me stessa.
“Trascorri tutto il tuo tempo libero in compagnia di vampiri; questo richiede molti nervi. E non esiti a mettere te stessa nella pericolosa prossimità dei miei denti…”
Scossi la mia testa. “Sapevo che non saresti potuto venire fuori con qualcosa.”
Lui rise. “Sono serio. Lo sai. Ma non importa. Mangia.” Mi prese la forchetta, impaziente, e cominciò ad imboccarmi. Il cibo era tutto perfetto, naturalmente.
Charlie tornò a casa quando avevo quasi finito. Guardai il suo viso attentamente, ma la mia fortuna stava tenendo, lui era troppo inebriato dalla macchina per notare come fossi vestita. Restituì le chiavi ad Edward.
“Grazie, Edward,” sorrise sognante. “Quella è una macchina.”
“Prego.”
“Com’è il risultato?” Charlie guardò il mio piatto vuoto.
“Perfetto.” Sospirai.
“Sai, Bella, qualche volta potresti lasciargli praticare la cucina (cucina) per noi di nuovo,” suggerì.
Lanciai ad Edward uno sguardo torvo. “Sono sicura che lo farà, Papà.”
Non fu prima che noi uscissimo dalla porta che Charlie si svegliò del tutto. Edward aveva il suo braccio intorno alla mia vita, per bilanciarmi e sostenermi, mentre io zoppicavo nella scarpa instabile.
“Um, sembri…molto cresciuta, Bella.” Potevo sentire l’inizio di una ramanzina paterna di disapprovazione.
“Alice mi ha vestito così. Non ho potuto dire molto in nulla.”
Edward rise così a bassa voce che solo io potetti sentirlo.
“Bene, se Alice…” si abbassò, in qualche modo addolcito. “Sei molto carina, Bells.” Si fermò, un barlume scherzoso nei suoi occhi. “Così, mi devo aspettare qualche altro giovane uomo in smoking stasera che si faccia avanti?”
Grugnii ed Edward ridacchiò. Come potesse essere una persona così dimentica come Tyler, non potevo immaginarmelo. Non è che Edward ed io fossimo esattamente un segreto a scuola. Arrivavamo e ce ne andavamo insieme, mi accompagnava a quasi tutte le lezioni, ogni giorno mi sedevo con lui e la sua famiglia per pranzo, e inoltre lui non era timido a baciarmi di fronte a testimoni. Tyler aveva chiaramente bisogno di un aiuto professionale.
“Lo spero,” Edward sorrise a mio padre. “C’è un frigorifero pieno di avanzi – dì loro di servirsene.”
“Non penso proprio – quelli sono i miei,” disse Charlie.
“Prendi i nomi per me, Charlie,” la vena di minaccia nella sua voce era probabilmente udibile solo a me.
“Oh, basta!” ordinai.
Ringraziando il cielo, finalmente salimmo nell’auto e ce ne andammo.
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