My Twilight-Family
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midnight sun

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midnight sun - Pagina 2 Empty 6) gruppo sanguineo ....continuo

Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:04 am

Guardai oltre al campo, chiedendomi come potessi prolungare il mio tempo con lei. “Quando vuoi,”dissi.
“Allora sei in partenza? Questo sabato, intendo.” Aveva l’aria speranzosa.
Ah, la sua calma era rilassante. Voleva che ci fossi io con lei, non Mike Newton. E io avrei voluto dire di sì. Ma c’erano così tante altre cose da considerare. Per primo, questo sabato avrebbe brillato il sole...
“Dove andate, di preciso?” provai a mantenere il mio tono di voce neutro, come se non importasse molto. Comunque, Mike aveva detto spiaggia. Non c’erano molte possibilità di evitare il sole là.
“Giù a La Push, a First Beach.”
Dannazione. Beh, era impossibile, quindi.
Ad ogni modo, Emmett si sarebbe irritato se avessi cancellato i nostri programmi.
Abbassai lo sguardo su di lei, sogghignando ironicamente. “Non mi sembra di essere stato invitato.”
Lei sospirò, già rassegnata. “Ti sto invitando ora.”
“Per questa settimana è meglio che io e te non esageriamo, con il povero Mike. Non è il caso di fargli saltare i nervi.” Pensai a me stesso che faceva saltare il povero Mike, e l’immagine mentale mi piacque intensamente.
“Povero Mike,” disse, di nuovo sprezzante. Sorrisi ampiamente.
Poi iniziò a camminare allontanandosi da me.
Senza pensare alle mie azioni, la raggiunsi e l’afferrai dal retro della giacca a vento. Si fermò di colpo.
“Dove pensi di andare?” Ero quasi arrabbiato che mi stesse lasciando.
Non avevo passato abbastanza tempo con lei. Non poteva andarsene, non ancora.
“Vado a casa,” disse, perplessa che questo mi turbasse.
“Non hai sentito? Ho promesso di portarti a casa sana e salva. Pensi che ti lasci guidare in quelle condizioni?” Sapevo che non le sarebbe piaciuto, la mia implicazione alla sua debolezze. Ma avevo bisogno di allenarmi per l’uscita a Seattle, comunque. Vedere se potevo sopportare la sua vicinanza in uno spazio chiuso. Questo era un viaggio molto più corto.
“Quali condizioni?” domandò. “E il mio pick-up?”
“Te lo faccio riportare da Alice dopo la scuola.” La tirai indietro verso la mia auto con attenzione, siccome sapevo che camminare in avanti era già abbastanza impegnativo per lei.
“Mollami!” disse, attorcigliandosi di lato e quasi inciampando. Sporsi fuori una mano per acchiapparla, ma si raddrizzò prima che fosse necessario. Non avrei dovuto cercare scuse per toccarla. Questo mi fece pensare alla reazione che la signora Cope aveva avuto nei miei confronti, ma la archiviai per un altro momento. C’era così tanto da considerare su quel punto.
La lasciai andare di fianco alla mia macchina, e lei incespicò sbattendo sulla portiera. Avrei dovuto essere ancora più premuroso, tenere conto del suo scarso equilibrio...
“Quanto sei prepotente!”
“È aperta.”
Andai dalla mia parte e avviai la macchina. Lei teneva il suo corpo rigido, ancora fuori, nonostante la pioggia fosse aumentata e io sapevo che detestava il freddo e il bagnato. L’acqua le stava inzuppando i folti capelli, rendendoli più scuri quasi neri.
“Sono perfettamente in grado di guidare fino a casa!”
Certo che lo era – ero io che semplicemente non ero in grado di lasciarla andare.
Abbassai il finestrino e mi allungai verso di lei. “Sali, Bella.”
I suoi occhi si restrinsero, e intuii che stava considerando se scappare o no.
“Tanto ti riprendo,” promisi, gradendo il dispiacere sul suo volto quando capì che facevo sul serio.
Con il mento rigido, aprì la portiera e salì. I suoi capelli le gocciolavano sulla pelle e i suoi stivali squittivano l’uno contro l’altro.
“Non ce n’è bisogno,” disse freddamente. Pensai che sotto la rabbia si sentisse imbarazzata.
Mi limitai a accendere il riscaldamento cosicché non si sentisse a disagio, e misi la musica ad un gradevole livello di sottofondo. Guidai fuori verso l’uscita, osservandola con la coda dell’occhio. Il suo labbro inferiore sporgeva ostinatamente. Lo fissai, esaminando come mi facesse sentire...pensando di nuovo alla reazione della segretaria...
All’improvviso lei guardò lo stereo e sorrise, i suoi occhi si spalancarono. “Clair de lune?”chiese.
Una fan dei classici? “Conosci Debussy?”
“Non bene,” disse. “Mia madre ascolta sempre un sacco di musica classica in casa, io riconosco solo i miei preferiti.”
“È anche uno dei miei preferiti.” Osservai la pioggia, riflettendo. Curiosamente, avevo qualcosa in comune con la ragazza. Avevo iniziato a pensare che fossimo opposti in tutto.
Sembrava più rilassata adesso, osservando la pioggia come me, senza vedere nulla. Mi servii della sua momentanea distrazione per provare a respirare.
Inspirai dal naso con attenzione.
Potente.
Afferrai con forza il volante. La pioggia rendeva il suo profumo migliore. Non avrei pensato che fosse possibile. Stupidamente, immaginai che sapore avrebbe avuto.
Provai a deglutire per placare le fiamme nella mia gola, a pensare a qualcos’altro.
“Com’è tua madre?” chiesi per distrarmi.
Bella sorrise. “Mi somiglia molto, ma è più carina.”
Ne dubitavo.
“Io ho troppo in comune con Charlie,” continuò. “Lei è più estroversa di me, e più coraggiosa”
Anche di questo ne dubitavo.
“Ed è una persona irresponsabile e piuttosto eccentrica, nonché cuoca imprevedibile. È la mia migliore amica.” La sua voce era diventata malinconica; la sua fronte era aggrottata.
Di nuovo, suonò più come se fosse un genitore piuttosto che una figlia.
Mi fermai di fronte a casa sua, chiedendomi troppo tardi se avessi dovuto sapere dove viveva. No, non avrebbe destato sospetti in una città tanto piccola, con suo padre come figura pubblica...
“Quanti anni hai, Bella?” Doveva essere più grande dei suoi coetanei. Forse aveva iniziato la scuola più tardi, o era stata bocciata...non era verosimile, comunque.
“Diciassette,” rispose.
“Non li dimostri.”
Rise.
“Che c’è?”
“Mia madre dice sempre che quando sono nata avevo già trentacinque anni e che ormai sono vicina alla mezza età.” Rise di nuovo, e sospirò. “Beh, qualcuno dovrà pur fare la parte dell’adulto.”
Questo mi chiarì le cose. Potevo vedere ora...come la madre irresponsabile aiutasse a spiegare la maturità di Bella. Aveva dovuto crescere presto, per prendersi cura di tutto.
Ecco perché non sembrava che le importasse, lo sentiva come se fosse il suo lavoro.
“Neanche tu hai tanto l’aria di uno studente del terzo anno,” disse, distraendomi dalle mie fantasticherie.
Feci una smorfia. Per ogni cosa che riuscivo a percepire di lei, lei ne percepiva troppe in cambio. Cambiai discorso.
“Come mai tua madre ha sposato Phil?”
Esitò un minuto prima di rispondere. “Mia madre... si sente più giovane della sua età. Penso che Phil la faccia sentire ancora più giovane. E comunque, è pazza di lui.” Scosse la testa in modo indulgente.
“Approvi?” le chiesi.
“Importa qualcosa?” chiese lei. “Voglio che sia felice...e lui è ciò che desidera.”
L’altruismo del suo commento mi avrebbe impressionato, se non avesse calzato troppo con quello che avevo imparato del suo carattere.
“Mi sembra un atteggiamento come minimo...generoso.”
“Cosa?”
“Pensi che si comporterebbe allo stesso modo con te? Su chiunque cadesse la tua scelta?”
Era una domanda sconsiderata, e non potei mantenere la mia voce disinvolta mentre gliela chiedevo.
Quanto era stupido ritenere che qualcuno potesse mai approvare me per le loro figlie. Quanto era stupido pensare che Bella mi scegliesse.
“P-penso di sì,” balbettò, in qualche modo reagendo al mio sguardo. Paura o...attrazione?
“Ma in fin dei conti la mamma è lei. È un po’ diverso,” terminò.
Sorrisi ironicamente. “Niente ragazzi spaventosi, quindi.”
Ghignò. “Cosa intendi per “spaventosi”? Piercing facciali multipli e tatuaggi dappertutto?”
“Anche...per esempio.” Una definizione davvero poco minacciosa, ai miei occhi.
“E cos’altro, secondo te?”
Chiedeva sempre la cosa sbagliata. O esattamente la domanda giusta, forse.
Quelle a cui non volevo rispondere, ad ogni modo.
“Pensi che io potrei essere spaventoso?” le chiesi, provando un po' a sorridere.
Ci pensò su prima di rispondermi con voce seria. “Hmm...penso che potresti esserlo, se volessi.”
Anche io ero serio. “In questo momento hai paura di me?”
Rispose subito, senza pensarci. “No.”
Sorrisi più facilmente. Non pensavo che mi stesse dicendo tutta la verità, ma non mi stava veramente mentendo. Almeno, non era abbastanza spaventata da andarsene. Mi chiesi come si sarebbe sentita se le avessi detto che stava discutendo con un vampiro. Rabbrividii dentro di me pensando alla sua reazione.
“Adesso mi racconti tu qualcosa della tua famiglia? Senz’altro è una storia molto più interessante della mia.”
Una più terrificante, almeno.
“Cosa vuoi sapere?” chiesi circospetto.
“È vero che i Cullen ti hanno adottato?”
“Sì.”
Esitò, poi parlò con voce ridotta. “Cos’è successo ai tuoi genitori?”
Non era così dura; non avrei dovuto nemmeno mentirle. “Sono morti parecchi anni fa.”
“Mi dispiace,” mormorò, chiaramente preoccupata di avermi ferito.
Lei era preoccupata per me.
“Non ricordo granché di loro,”le assicurai. “Carlisle e Esme sono i miei genitori da parecchio tempo.”
“E gli vuoi bene,”dedusse.
Sorrisi. “Sì. Non potrei immaginare due persone migliori.”
“Sei molto fortunato.”
“Lo so.” In quella circostanza, parlando dei genitori, la mia fortuna non poteva essere negata.
“E i tuoi fratelli?”
Se l’avessi lasciata fare pressione per troppi dettagli, avrei dovuto mentirle. Diedi un’occhiata all’orologio, abbattuto che il mio tempo con lei fosse finito.
“Mio fratello e mia sorella, oltre a Jasper e a Rosalie, si innervosiranno parecchio se gli toccherà aspettarmi sotto la pioggia.”
“Oh, scusa, immagino che tu sia in ritardo.”
Non si mosse. Anche lei non voleva che il nostro tempo terminasse. Questo mi piacque davvero, davvero tanto.
“E immagino che tu rivoglia indietro il tuo pick-up prima che l’ispettore Swan torni a casa, così non dovrai dirgli dell’incidente di biologia.” Sorrisi ricordando il suo imbarazzo fra le mie braccia.
“Di sicuro sa già tutto. A Forks non ci sono segreti.” Disse il nome della città con palese disgusto.
Risi alle sue parole. Niente segreti, sicuramente. “Divertiti alla spiaggia.” Lanciai un’occhiata alla pioggia scrosciante, sapendo che non sarebbe durato, e sperando con più forza del solito che durasse. “C’è il tempo giusto per prendere il sole.” Beh, ci sarebbe stato di Sabato. Le sarebbe piaciuto.
“Domani non ci vediamo?”
La preoccupazione del suo tono mi fece piacere.
“No. Io ed Emmett anticipiamo il weekend.” Adesso ero furioso con me stesso per avere fatto programmi. Avrei potuto disdire...ma non c’era cosa come cacciare troppo a quel punto, e la mia famiglia si stava preoccupando abbastanza del mio comportamento senza che rivelassi loro quanto stessi diventando ossessivo.
“Cosa fate?” chiese, la sua voce non suonava felice dopo la mia rivelazione.
Bene.
“Andiamo a fare trekking nella riserva di Goat Roks, a sud del monte Rainier.”
Emmett era ansioso della stagione degli orsi.
“Oh be’, divertitevi,” disse incerta. La sua mancanza di entusiasmo mi rese ancora felice.
Mentre la guardavo, iniziai a sentirmi quasi agonizzato al pensiero di doverla salutare, seppure momentaneamente. Era così tenera e vulnerabile. Sembrava temerario lasciarla fuori dalla mia vista, dove le sarebbe potuto accadere di tutto. Eppure, la cose peggiori che sarebbero potute accaderle avrebbero dovuto cominciare stando con me.
“Faresti una cosa per me, questo weekend?” le chiesi serio.
Annuì, i suoi occhi spalancati e sconcertati dall’intensità dei miei.
Sii chiaro.
“Non offenderti, ma tu sembri il classico genere di persona che attrae gli incidenti come una calamita. Perciò...cerca di non cadere nell’oceano, di non farti investire, o chissà cos’altro, d’accordo?”
Le sorrisi addolorato, sperando che non potesse vedere la tristezza nei miei occhi. Quanto desideravo che non fosse meglio lontano da me, non importava cosa sarebbe potuto accaderle.
Scappa, Bella, scappa. Ti amo troppo, per il tuo bene o il mio.
Si offese dalla mia provocazione. Mi fissò fredda. “Ci proverò,” disse secca, saltando fuori nella pioggia e sbattendo la porta più forte che poté dietro di lei.
Come un gattino arrabbiato che crede di essere una tigre.
Strinsi la mano sulla chiave che le avevo appena preso dalla tasta della giacca, e sorrisi mentre mi allontanavo guidando.
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midnight sun - Pagina 2 Empty 7) melodia continuo...

Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:04 am

7. Melodia

Dovetti aspettare prima di far ritorno a scuola. L'ultima ora non era ancora finita. Bene, visto che avevo alcune cose a cui pensare e avevo bisogno di farlo da solo.
Il suo odore indugiava nella macchina. Tenni i finestrini alzati, lasciando che mi assalisse, cercando di abituarmi alla sensazione di intenzionale bruciore della mia gola.
Attrazione.
Era da considerare una cosa problematica. Così sfaccettata, così piena di diversi significati e strati. Non la stessa cosa dell'amore, ma legata ad esso in modo inestricabile.
Non avevo idea se Bella era attratta da me. (Il silenzio della sua mente sarebbe diventato ancora e ancora più frustrante tanto da condurmi alla pazzia? O infine avrei raggiunto il limite?)
Provai a paragonare le sue risposte fisiche a quelle delle altre, come la segretaria e Jessica Stanley, ma il paragone fu inconcludente. Le stesse caratteristiche, cambio del battito e lo schema del respiro, potevano soltanto significare paura o shock o ansia, come avevano dimostrato. Sembrava improbabile che Bella potesse intrattenersi con lo stesso tipo di pensieri che Jessica Stanley era solita avere. Dopo tutto, Bella sapeva benissimo che c'era qualcosa di sbagliato in me, anche se non sapeva cosa esattamente. Aveva toccato la mia pelle ghiacciata, e poi ritirato la mano dal freddo.
E ancora... ricordavo quelle fantasie che mi avevano disgustato, ma ricordarle con Bella al posto di Jessica...
Stavo respirando più velocemente, il fuoco che mi attanagliava su e giù lungo la gola.
E se Bella mi avesse immaginato stringere il suo corpo delicato tra le mie braccia? Spingendola stretta verso il mio petto e per poi prenderle il mento tra le mani? Separando la pesante cortina di capelli neri dal suo viso arrossato? Tracciando la forma delle sue labbra piene con il mio dito? Abbassando il mio volto vicino al suo, dove avrei potuto sentire il calore del suo respiro sulla mia bocca? Muovendomi ancora più vicino...
Ma poi mi scossi dalle mie fantasie, sapendo, come sapevo mentre Jessica immaginava queste cose, cosa sarebbe accaduto se mi fossi avvicinato a lei.
L'attrazione era un dilemma impossibile, perché ero già troppo attratto da Bella nel modo sbagliato.
Volevo che Bella fosse attratta da me, come una donna da un uomo?
Questa era una domanda sbagliata. La domanda giusta era: volevo che Bella fosse attratta da me in quel modo?, e la risposta era no. Perché io non ero umano, e non sarebbe stato giusto per lei.
Con ogni fibra del mio essere, desiderai essere un uomo normale, così avrei potuto tenerla tra le braccia senza rischiare la sua vita. Così avrei potuto essere libero di vorticare tra le mie fantasie, fantasie che non sarebbero mai finite con il sangue tra le mie mani, il suo sangue scintillante dentro i miei occhi.
Il mio attaccamento verso di lei era indifendibile. Che tipo di relazione potevo offrirle, quando non potevo rischiare di toccarla?
Poggiai la testa tra le mani.
Era tutto molto confuso perché non mi ero mai sentito tanto umano nella mia intera esistenza, neanche quando ero ancora mortale, per quello che potevo ricordare. Quando ero stato in vita, i miei pensieri erano tutti rivolti alla gloria da soldato. La Grande Guerra imperversava durante i miei anni giovanili, e quando aveva colpito l'influenza mancavano soltanto nove mesi al mio diciottesimo compleanno... Avevo solo una vaga impressione di quegli anni da umano, i ricordi bui svanivano con il passare dei decenni. Ricordavo mia madre molto più chiaramente, e avvertii l'antico dolore al pensiero del suo volto. Richiamai alla mente in modo indistinto come avesse detestato il futuro che avevo rincorso con desiderio, pregando ogni notte mentre lei a cena con chiedeva che “l'orribile guerra” finisse... Non avevo ricordi di altri tipi di desiderio. Oltre l'amore di mia madre, non c'era nessun altro amore che mi avrebbe fatto sperare di rimanere...
Questo per me era completamente nuovo. Non avevo confronti da eguagliare, né paragoni da fare. L'amore che provavo per Bella era arrivato in modo puro, ma ora le acque si erano infangate. Volevo davvero essere capace di toccarla. Si sentiva anche lei nello stesso modo?
Non importava, cercai di convincere me stesso.
Fissai le mie mani bianche, odiando la loro durezza, la loro freddezza, la loro forza disumana...
Saltai quando la porta del passeggero si aprì.
Ah. Colto di sorpresa. C'è sempre una prima volta, pensò Emmett mentre scivolava sul sedile. “Scommetto che la professoressa Goff pensa che ti droghi, ultimamente ti sei comportato in modo così strano. Dove sei stato oggi?”
“Ero a fare... buone azioni.”
Eh?
Ridacchiai. “Prendersi cura dei malati, cose del genere.”
Lo confusi di più, ma poi inspirò e catturò il suo odore in macchina.
“Oh. Ancora la ragazza?”
Feci una smorfia.
Questo sta diventando strano.
“Dimmi che ne pensi,” mormorai.
Inspirò di nuovo. “Hmm, ha un sapore abbastanza buono, no?”
Un ringhiò proruppe dalle mie labbra prima che registrassi del tutto le sue parole, una risposta automatica.
“Calma, ragazzo, stavo solo facendo una considerazione.”
Poi arrivarono gli altri. Rosalie notò l'odore e mi lanciò uno sguardo torvo, la sua irritazione non era ancora passata. Pensai a quale fosse il suo problema, ma tutto ciò che riuscii a sentire furono solo insulti.
Non mi piacque neanche la reazione di Jasper. Come Emmett, notò l'attrazione di Bella. Non che l'odore fosse per loro una milionesima parte dell'attrazione che era per me. Ero soltanto turbato che il suo sangue gli sembrasse dolce. Jasper aveva poco controllo...
Alice saltò in macchina accanto a me e tese la mano per le chiavi del pick up di Bella.
“Ho visto solo questo,” disse, ermetica come sempre. “Mi dirai il perché.”
“Questo non vuol dire che...”
“Lo so, lo so. Aspetterò. Non durerà a lungo.”
Sospirai e le diedi le chiavi.
La seguii verso casa di Bella. La pioggia colpiva come milioni di piccoli martelli, così forte che forse le orecchie umane di Bella non avrebbero sentito il tuono del motore del pick up. Osservai la sua finestra, ma non venne a guardare. Forse non era lì. Non c'erano atri pensieri da sentire.
Mi rese triste non poter sentire abbastanza per controllarla, per essere sicuro che fosse felice, o in salvo, almeno.
Alice montò su e corremmo verso casa. La strada era vuota, così impiegammo solo pochi minuti. Ci radunammo in casa, e poi ci dedicammo ai vari passatempi.
Emmett e Jasper erano nel mezzo di un'elaborata partita a scacchi, utilizzando otto tavole (distribuite lungo il muro di vetro) e sulle loro complicate regole. Non mi avrebbero lasciato giocare, solo Alice giocava con me.
Alice si avviò verso il suo computer vicino l'angolo e potei sentire il monitor accendersi. Alice stava lavorando a dei progetti di moda per il guardaroba di Rosalie, ma Rosalie oggi non vi avrebbe preso parte, rimanendo dietro di lei e conducendo i tagli e i colori mentre la mano di Alice disegnava sopra una lavagnetta sensibile(Carlisle ed io dovemmo modificare il sistema, visto che molte lavagnette rispondevano alla temperatura). Oggi invece, Rosalie si sdraiò arcigna sul divano e iniziò a cambiare venti canali al secondo sullo schermo ultrapiatto, senza fermarsi. Potevo sentirla mentre decideva se andare o meno in garage e aggiustare ancora una volta la sua BMW.
Esme era di sopra, canticchiando sopra un nuovo set di tessuti lavanda.
Alice sporse la testa dall'angolo per un momento e iniziò a svelare i successivi movimenti di Emmett, seduto sul pavimento con la schiena rivolta verso di lei, a Jasper, il quale mantenne la sua espressione calma mentre mangiava il cavallo preferito di Emmett.
E io, mi vergognai per quanto tempo era passato, andai a sedermi al raffinato pianoforte posizionato vicino l'entrata.
Feci correre gentilmente le mie dita lungo i tasti, provando il timbro. Gli accordi erano ancora perfetti.
Di sopra, Esme si bloccò e piegò la testa di lato.
Iniziai il primo sparito di note che mi avevano ispirato oggi in macchina, lieto che suonassero anche meglio di come le avevo immaginate.
Edward sta suonando di nuovo, pensò Esme con gioia, un sorriso le attraversò il viso. Si alzò dalla scrivania, e volteggiò silenziosamente verso le scale.
Aggiunsi una riga armonizzante, lasciando che la melodia centrale vi s'intrecciasse.
Esme sospirò di felicità, seduta sullo scalino più alto, appoggiando la testa contro la balaustra. Una nuova canzone. E' da tanto tempo. Che melodia deliziosa.
Lasciai che la melodia prendesse una nuova direzione, seguendola con toni bassi.
Edward sta componendo di nuovo? Pensò Rosalie, e i suoi denti si strinsero in un intenso risentimento.
In quel momento, fece un errore, e riuscii a leggere tutta l'implicita offesa. Vidi perché era in collera con me. Perché uccidere Isabella Swan non avrebbe turbato più di tanto la sua coscienza.
Con Rosalie, era sempre una questione di vanità.
La musica si fermò all'improvviso, e risi prima che potessi impedirmelo, un acuto latrato di divertimento che si spezzò velocemente mentre mi portavo la mano sulla bocca. Rosalie si voltò a lanciarmi uno sguardo feroce, i suoi occhi brillavano di un umuliante furia.
Anche Emmett e Jasper si voltarono a guardarmi, e sentii la confusione di Esme. Esme scese in un baleno, fermandosi a lanciare un'occhiata a me e Rosalie.
“Non fermarti, Edward,” m'incoraggiò Esme dopo un momento di tensione.
Ricominciai a suonare di nuovo, girando la mia schiena a Rosalie mentre cercavo con difficoltà di controllare il ghigno sul mio viso. Lei si alzò in piedi e si avviò fuori la stanza, più arrabbiata che imbarazzata. Ma sicuramente abbastanza imbarazzata.
Se dici qualcosa ti darò la caccia come un cane.
Trattenni un'altra risata.
“Che c'è Rose?” la chiamò Emmett. Rosalie non si girò. Continuò, la schiena dritta, verso il garage e poi si contorse sotto la sua macchina come se si stesse seppellendo.
“Cosa c'è?” mi chiese Emmett.
“Non ne ho la minima idea,” mentii.
Emmett borbottò, frustrato.
“Continua a suonare,” m'incitò Esme. Le mie mani si erano fermate di nuovo.
Feci come aveva chiesto, e venne dietro di me, poggiando le mani sulla mia schiena.
La canzone era interessante, ma incompleta. Giocai con un accordo, ma non sembrò in qualche modo corretto.
“E' affascinante. Ha un nome?” chiese Esme.
“Non ancora.”
“Vi è una storia collegata?” domandò, un sorriso nella sua voce. Questo le dava un immenso piacere, e mi sentii in colpa per averle negato la mia musica per così tanto tempo. Ero stato egoista.
“E'... una ninna nanna, suppongo.” Trovai l'accordo giusto. Si legò con facilità al movimento successivo, prendendo vita da solo.
“Una ninna nanna,” ripeté a se stessa.
Vi era una storia dietro questa melodia, e una volta che lo capii, tutti i pezzi si ricomposero facilmente. La storia era una ragazza addormentata in uno stretto letto, dai capelli neri folti e arruffati e contorta come un'alga sopra il cuscino...
Alice lasciò Jasper alle sue congetture e venne a sedersi accanto a me sulla panca. Nella sua trillante, melodiosa voce, abbozzò una canzone senza parole superiore alla melodia di due ottave.
“Mi piace,” mormorai. “Ma che ne dici di questo?”
Aggiunsi la sua fila alla melodia, le mie mani volavano attraverso i tasti ora che i pezzi si erano ricomposti, modificandola un po', portandola in una nuova direzione...
Catturò l'inclinazione e cantò.
“Sì. Perfetta,” dissi.
Esme mi strinse la spalla.
Ma adesso potevo vedere la fine, ora che la voce di Alice sorgeva sopra la melodia e la portava verso altre parti. Potevo vedere come doveva finire la canzone, perché la ragazza addormentata era perfetta così com'era, e qualsiasi cambiamento sarebbe stato sbagliato, malinconico. La canzone vagò verso la comprensione, più lenta e più bassa adesso. Anche la voce di Alice si abbassò, e divenne solenne, una melodia che apparteneva ad archi echeggianti di una cattedrale illuminata da candele.
Suonai l'ultima nota, e poi inchinai la mia testa sulla tastiera.
Esme mi arruffò i capelli. Andrà tutto bene, Edward. Funzionerà per il meglio. Tu meriti la felicità, figlio mio. Il destino te lo deve.
“Grazie,” sussurrai, sperando di poterci credere.
L'amore non arriva sempre ad offerte vantaggiose.
Risi senza umorismo.
Tu, rispetto a chiunque su questo pianeta, sei forse il miglior equipaggiato ad affrontare una tale difficoltà. Sei il migliore e il più brillante tra tutti noi.
Sospirai. Ogni madre pensa lo stesso del proprio figlio.
Esme era piena di gioia che il mio cuore dopo tutto questo tempo fosse stato finalmente toccato, non importava la tendenza alla tragedia. Aveva pensato che sarei per sempre rimasto solo...
Ti amerà, pensò all'improvviso, cogliendomi di sorpresa per la direzione dei suoi pensieri. Se è una ragazza sveglia. Sorrise. Ma non posso immaginare nessuno così lento da non cogliere quello che sei.
“Smettila, mamma, mi stai facendo arrossire,” la presi in giro. Le sue parole, per quanto improbabili, mi risollevarono.
Alice rise e scelse una parte alta di “Cuore e Anima.” Sorrisi e completai la semplice armonia con lei. Poi la favorii con una performance di “Chopsticks”.
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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:05 am

Ridacchiò, poi sospirò. “Spero che mi dirai perché stavi ridendo di Rosalie prima,” disse Alice. “Ma posso vedere che non lo farai.”
“Nah.”
Mi tirò le orecchie.
“Sii buona, Alice,” la rimproverò Esme. “Edward si sta comportando da gentiluomo.”
“Ma io voglio saperlo.”
Risi del suo tono lamentoso. Poi dissi, “Ecco, Esme,” e iniziai a suonare la sua canzone preferita, un innominato tributo all'amore tra lei e Carlisle per così tanti anni.
“Grazie, caro,” mi strinse di nuovo la spalla.
Non dovevo concentrarmi a suonare il pezzo familiare. Invece pensai a Rosalie, ancora umiliata in garage, e sorrisi a me stesso.
Aver scoperto la potenza della sua gelosia nei miei confronti aveva aumentato la mia pietà per lei. Era un modo miserabile di sentirsi. Certo, la sua gelosia era un milione di volte più meschino del mio. Abbastanza quanto la volpe in una scena del presepio.
Riflettei come la vita e la personalità di Rosalie sarebbero state diverse se non fosse stata sempre bellissima. Sarebbe stata una persona più felice se la sua bellezza non fosse stata tutte le volte il suo più forte e ingannevole scopo? Meno egocentrica? Più compassionevole? Beh, supposi che era inutile pensarci, perché non si poteva cambiare il passato, e lei era sempre stata bella. Anche da umana, aveva vissuto la sua avvenenza sotto i riflettori. Non che se ne preoccupasse. Anzi l'opposto, amava essere ammirata più di ogni altra cosa. Non era cambiato nulla con la perdita della sua mortalità.
Non era una sorpresa quindi, prendendo il suo bisogno come un dono, che si fosse sentita offesa quando io, sin dall'inizio, non aveva venerato la sua bellezza come si aspettava che tutti gli uomini facessero. Non che lei mi volesse in quel senso, era molto lontana. Però le seccava che non la volessi, dopotutto. Era abituata ad essere desiderata.
Era diverso con Jasper e Carlisle, entrambi erano già innamorati. Io ero completamente libero, e ancora rimanevo ostinatamente freddo.
Pensavo che quel vecchio risentimento fosse stato sepolto. Che l'avesse superato.
E così era stato... fino al giorno in cui, infine, avevo scoperto qualcuno la cui bellezza mi toccava in un modo che la sua non aveva mai fatto.
Rosalie era stata confortata dal fatto che non avessi trovato la sua bellezza degna di venerazione, allora di sicuro nessun'altra bellezza avrebbe potuto raggiungermi. Si era infuriata nel momento in cui avevo salvato la vita di Bella, indovinando, con la sua acuta intuizione femminile, l'interesse di cui ero ancora inconscio.
Rosalie era offesa a morte che trovassi un'insignificante umana più attraente di lei.
Trattenni il desiderio di ridere.
Mi disturbava, comunque, il modo in cui vedeva Bella. Rosalie in realtà pensava che la ragazza fosse brutta. Come poteva crederlo? Mi sembrava incomprensibile. Un prodotto della sua gelosia, senza dubbio.
“Oh!” Disse Alice all'improvviso. “Jasper, indovina?”
Vidi quello che aveva appena visto, e le mie mani si bloccarono sulla tastiera.
“Cosa, Alice?”
“Peter e Charlotte verrano a farci visita la prossima settimana! Saranno nelle vicinanze, non è bello?”
“Cosa c'è, Edward?” chiese Esme, avvertendo la tensione nelle mie spalle.
“Peter e Charlotte stanno venendo a Forks” sibilai ad Alice.
Alzò gli occhi verso di me. “Calmati, Edward. Non è la loro prima visita.”
Strinsi i denti. Era la loro prima visita da quando era arrivata Bella, e il suo sangue dolce non era attraente solo per me.
Alice si accigliò alla mia espressione. “Non hanno mai cacciato qui. Lo sai.”
Ma il fratello di Jasper e la piccola vampira che amava non erano come noi; loro cacciavano nel solito modo. Non potevano avere obblighi verso Bella.
“Quando?” domandai.
Strinse tristemente le sue labbra, però mi disse ciò che volevo sapere. Lunedì mattina. Nessuno farà del male a Bella.
“No,” concordai, e poi le voltai la schiena. “Sei pronto, Emmett?”
“Pensavo partissimo di mattina.”
“Torneremo domenica a mezzanotte. Penso che spetti a te quando partire.”
“Okay, va bene. Fammi salutare Rosalie.”
“Certo.” Con l'umore in cui era Rosalie, sarebbe stato un saluto veloce.
Sei davvero fuori, Edward, pensò mentre si dirigeva verso la porta sul retro.
“Suppongo di sì.”
“Suonami la nuova canzone, un'altra volta,” chiese Esme.
“Se lo desideri,” accettai, sebbene fossi un po' esitante a seguire la nuova melodia nella sua inevitabile fine, la fine che sembrava ferirmi in un insolito modo. Pensai per un momento, e poi presi il tappo di bottiglia dalla mia tasca e lo poggiai dove sfociava la musica. Aiutò un poco, il mio piccolo promemoria del suo sì.
Annui, e iniziai a suonare.
Esme ed Alice si scambiarono un'occhiata, ma nessuna parlò.
“Non te l'ha mai detto nessuno di non giocare con il cibo?” gridai ad Emmett.
“Oh, ehi Edward!” urlò in risposta, sorridendo e dimenandosi. L'orso si avvantaggiò della sua distrazione per graffiare il petto di Emmett con la grossa zampa. Gli artigli affilati gli strapparono la maglietta, e stridettero contro la sua pelle.
L'orso muggì col naso color pece.
Diavolo, me l'ha regalata Rose questa maglietta!
Emmett ruggì all'animale furioso.
Sospirai e mi sedetti su una pietra vicina. Questo avrebbe impiegato un po' di tempo.
Ma Emmett aveva quasi fatto. Lasciò che l'orso cercasse di strappargli la testa con un altro attacco della zampa, ridendo mentre il colpo rimbalzava e spediva l'orso barcollante sulla schiena. L'orso ruggì ed Emmett ringhiò in risposta attraverso le sue risate. Poi si lanciò verso l'animale, che in piedi sulle zampe posteriori era alto una spanna in più, e caddero aggrovigliati sul terreno, portando giù con loro un giovane abete. I ringhi dell'orso si spezzarono con un gorgoglio.
Qualche minuto più tardi, Emmett corse verso dove lo stavo aspettando. La sua maglietta distrutta, lacerata e sanguinante, appiccicosa di bava e ricoperta di peli. I suoi capelli ricci non avevano una forma migliore. Aveva un grande sorriso stampato in faccia.
“Era uno forte. L'ho quasi sentito quando mi ha artigliato.”
“Sei proprio un bambino, Emmett.”
I suoi occhi adocchiarono la mia liscia, pulita e abbottonata camicia. “Non sei capace di inseguire quel leone di montagna, allora?”
“Certo che sì. Soltanto non voglio mangiarlo come un selvaggio.”
Emmett rise con la sua rimbombante risata. “Spero siano più forti. Sarà più divertente.”
“Nessuno ha detto che devi combattere contro il tuo cibo.”
“Sì, ma con chi altri posso lottare? Tu ed Alice imbrogliate, Rose non vuole rovinarsi i capelli, ed Esme impazzisce se io e Jasper facciamo sul serio.”
“Che vita dura, eh?”
Emmett sogghignò, spostando il suo peso così che fu improvvisamente pronto a caricare.
“Andiamo, Edward. Spegnilo un minuto e gioca pulito.”
“Non si può spegnere,” gli ricordai.
“Pensi che quell'umana ti tenga fuori?” meditò Emmett. “Forse potrebbe darmi qualche indicazione.”
Il mio buon'umore svanì. “Stai lontano da lei,” ringhiai tra i denti.
“Suscettibile.”
Sospirai. Emmett venne a sedersi accanto a me sulla roccia.
“Scusa. Lo so che è un tasto dolente. Sto davvero cercando di non fare troppo l'idiota insensibile, ma visto che è parte della mia natura...”
Aspettò che ridessi della sua battuta, poi fece una smorfia.
Sei sempre così serio. Cosa ti disturba adesso?
“Pensare a lei. Beh, in realtà preoccuparmi.”
“Cosa c'è da preoccuparsi. Tu sei qui.” rise forte.
Ignorai di nuovo la sua battuta, ma risposi alla sua domanda. “Hai mai pensato a quanto sono fragili? Quanto cose brutte possono capitare ad un mortale?”
“Per niente. Capisco cosa intendi, comunque. Non ero alla pari con l'orso di prima, no?”
“Orsi,” mormorai, aggiungendo una nuova paura alla lista. “Sarebbe la sua fortuna, vero? Un orso smarrito in città. Di certo andrebbe diritto da Bella.”
Emmett ridacchiò. “Sembri un pazzo, lo sai?”
“Immagina soltanto per un minuto, Emmett, che Rosalie sia umana. E che potrebbe imbattersi in un orso... o essere investita da una macchina... o essere fulminata... o cadere dalle scale... o ammalarsi, beccarsi una malattia grave!” Le parole mi bruciarono come una tempesta. Era un sollievo lasciarle uscire, mi avevano amareggiato per tutto il fine settimana. “Fuoco e terremoti e uragani. Ugh! Quand'è stata l'ultima volta che hai visto il notiziario? Hai mai visto le cose che possono accadergli? Rapine e omicidi...” Strinsi i denti, e fui improvvisamente così infuriato dall'idea che qualche umano potesse ferirla, che non riuscii a respirare.
“Ehi, ehi! Rilassati, ragazzo. Vive a Forks, ricordi? Si bagnerà soltanto di pioggia.” fece spallucce.
“Penso che abbia molta sfiga, Emmett, davvero. Guarda l'evidenza. Tra tutti i posti del mondo in cui poteva andare, finisce a vivere in una città dove i vampiri fanno parte della piccola porzione dei cittadini.”
“Sì, ma noi siamo vegetariani. Non è così sfigata, no?”
“Con il modo in cui profuma? Definitivamente sì. E poi, ancora più sfiga, il modo in cui profuma per me.” Guardai torvo verso le mie mani, odiandole ancora.
“Ad eccezione che tu hai un controllo quasi uguale a quello di Carlisle. Di nuovo fortuna.”
“Il furgone?”
“Quello era solo un incidente.”
“Avresti dovuto vedere come andava verso di lei. Ancora e ancora. Giuro, era come se avesse tipo qualche calamita.”
“Ma tu eri lì. Quella si che era fortuna.”
“Cosa? Non è la peggiore possibilità che un umano possa avere, quella di un vampiro innamorato?”
Emmett rifletté per un momento. Immaginò la ragazza nella sua mente, e trovò l'immagine priva di interesse. Onestamente, non riesco a capire l'attrazione.
“Beh, neanche io non riesco a capire il fascino di Rosalie” dissi sgarbato. “Onestamente, richiede una fatica che non è degna di un qualsiasi bel viso.”
Emmett ridacchiò. “Facciamo che non l'hai detto...”
“Non so quale sia il suo problema, Emmett,” mentii con un improvviso, aperto sorriso.
Vidi le sue intenzioni in tempo per sostenermi. Cercò di togliermi dalla roccia, e ci fu un sonoro crack mentre una fessura di apriva sulla pietra tra di noi.
“Imbroglione,” mormorò.
Aspettai che provasse di nuovo, ma i suoi pensieri presero una direzione diversa.
Stava immaginando di nuovo Bella, ma più bianca, e con brillanti occhi rossi...
“No,” dissi, la mia voce strozzata.
“Risolverebbe i tuoi problemi sulla mortalità, no? E poi non vorrai neanche più ucciderla. Non è il modo migliore?”
“Per me? O per lei?”
“Per te,” rispose semplicemente. Il suo tono aggiunge un ovvio.
Sorrisi senza divertimento. “Risposta sbagliata.”
“Non mi preoccupa molto,” mi ricordò.
“A Rosalie sì.”
Sospirò. Sapevamo entrambi che avrebbe fatto qualsiasi cosa, rinunciando a tutto, per poter tornare di nuovo umana. Anche ad Emmett.
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midnight sun - Pagina 2 Empty 7) melodia ...continuo

Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:06 am

“Sì, Rosalie sì.” acconsentì con calma.
“Non posso... non potrei... non ho intenzione di rovinare la vita di di Bella. Non sentiresti lo stesso, se fosse Rosalie?”
Emmett ci pensò per un momento. La ami... davvero?
“Non riesco a descriverlo, Emmett. All'improvviso, è diventata tutto il mio mondo. Il resto non ha senso senza di lei.”
Ma non la cambierai? Non vivrà per sempre, Edward.
“Lo so,” gemetti.
E, come hai puntualizzato, è molto fragile.
“Credimi... so anche questo.”
Emmett non era una persona piena di tatto, e le discussioni delicate non erano il suo forte. Adesso si stava sforzando, per non essere offensivo.
La toccherai mai? Voglio dire, se la ami... non vorresti, beh, toccarla...?
Emmett e Rosalie dividevano un amore fisico intenso. Aveva difficoltà a capire come qualcuno potesse amare senza quell'aspetto.
Sospirai. “Non ci posso pensare, Emmett.”
Wow. Allora quali sono le tue opzioni?
“Non lo so,” sussurrai. “Sto cercando di immaginare un modo per... per lasciarla. Non riesco a capire come starle lontano...”
Con un grande senso di soddisfazione, improvvisamente realizzai che era giusto per me restare, per adesso almeno, con Peter e Charlotte per la strada. Era più al sicuro qui con me, temporaneamente, che se fossi partito. Per un periodo, avrei potuto essere il suo protettore.
Il pensiero mi rese ansioso, desiderai tornare indietro per poter indossare quel ruolo il più a lungo possibile.
Emmett notò il cambiamento della mia espressione. Cosa stai pensando ora?
“Proprio adesso,” ammisi un po' imbarazzato, “Sto morendo dalla voglia di tornare a Forks per controllarla. Non so se riesco ad aspettare fino a domenica notte.”
“Uh-uh! Non andrai via così presto. Lascia che Rosalie si calmi un po'. Per favore! Per la mia salute.”
“Proverò a restare,” dissi, dubitandone.
Emmett picchiettò il cellulare nella mia tasca. “Alice avrebbe chiamato se ci fossero state le basi per un tuo attacco di panico. E' strana almeno quanto te verso la ragazza.”
Feci una smorfia. “Bene. Non starò più di domenica.”
“Non c'è fretta di tornare, comunque oggi ci sarà il sole. Alice ha detto che siamo liberi dalla scuola fino a mercoledì.”
Scossi rigidamente la testa.
“Peter e Charlotte sanno come comportarsi.”
“Non m'importa molto, Emmett. Con la fortuna di Bella, si perderà nella foresta nel momento più sbagliato e...” sobbalzai. “Peter non sa controllarsi. Tornerò domenica.”
Emmett sospirò. Esattamente come un pazzo.
Bella stava dormendo beata quando attraversai la finestra della sua stanza lunedì mattina presto. Ricordai l'olio questa vola, e la finestra si mosse più silenziosa.
Potevo dire dal modo in cui i suoi capelli giacevano sul cuscino che stava avendo una notte meno irrequieta dell'altra volta che ero stato lì. Aveva le mani piegate sotto le guance come una bambina, e la bocca leggermente aperta. Potevo sentire il respiro lento tra le sue labbra.
Era un sorprendente sollievo essere lì, capace di vederla ancora. Mi resi conto che non ero del tutto calmo finché non venivo qui. Niente andava bene quando ero lontano da lei.
Non che tutto andasse per il verso giusto quando ero con lei, comunque. Sospirai, lasciando che il fuoco della sete mi raschiasse la gola. Ero stato lontano troppo a lungo. Il tempo speso senza dolore e tentazione rendeva tutto più forte. Era così intenso che ero spaventato da andare ad inginocchiarmi vicino al suo letto per poter leggere i titoli dei suoi libri. Volevo conoscere le storie nella sua mente, ma ero più spaventato per la mia sete, spaventato che se mi fossi permesso di avvicinarmi avrei voluto esserle ancora più vicino...
Le sue labbra sembravano così soffici e calde. Riuscivo a immaginare di toccarle con la punta del mio dito. Leggermente...
Quello era esattamente il tipo di errore che dovevo evitare.
I miei occhi corsero al suo viso ancora e ancora, esaminando i cambiamenti. I mortali cambiano col tempo, ero triste al pensiero di essermi perso qualcosa...
Pensai che sembrasse...stanca. Come se non avesse dormito abbastanza questo fine settimana. Era uscita?
Risi silenzioso e cauto per quanto mi agitava. E quindi, se l'avesse fatto? Non mi doveva nulla. Non era mia.
No, non era mia... e mi sentii ancora turbato.
Una delle sue mani si contrasse, e notai che vi erano graffi leggeri e quasi guariti lungo il palmo. Si era ferita? Anche se non era un danno evidente, mi disturbò lo stesso. Considerai il posto, e decisi che doveva essere caduta. Sembrava una spiegazione ragionevole, considerando le altre cose.
Era confortante sapere che non avrei dovuto raccapezzarmi per sempre con gli altri piccoli misteri. Eravamo amici adesso, o almeno, stavamo provando ad esserlo. Potevo chiederle a proposito del suo weekend, a proposito della spiaggia, e qualsiasi altra attività notturna l'avesse resa così esausta. Avrei potuto chiederle delle sue mani. E avrei potuto ridere un po' se avesse conformato la mia teoria.
Sorrisi gentilmente mentre consideravo se fosse o meno caduta nell'oceano. Pensavo se avesse avuto una piacevole uscita. Riflettevo se mi aveva pensato. Se gli ero mancato anche una piccola parte di quanto mi era mancata lei.
Cercai di immaginarla al sole sulla spiaggia. L'immagine era incompleta, comunque, perché non ero mai stato a First Beach. Sapevo solo come appariva nelle foto...
Avvertii un po' di inquietudine mentre pensavo alla ragione per cui non ero mai stato alla piccola spiaggia lontana giusto un paio di minuti da casa mia. Bella aveva passato un giorno a La Push, un posto a me proibito dal patto. Un luogo dove pochi uomini anziani ricordavano le storie a proposito dei Cullen, che ricordavano e credevano. Un posto dove il nostro segreto era conosciuto.
Scossi la testa. Non avevo niente di cui preoccuparmi. Anche i Quileute erano legati al patto. Anche se Bella fosse incappata in uno di quei saggi, non avrebbero potuto rivelarle nulla.
E perché l'argomento avrebbero dovuto essere affrontato? Perché avrebbe dovuto dar voce alla sua curiosità? No, i Quileute erano forse l'unica cosa di cui non dovevo preoccuparmi.
Mi arrabbiai quando il sole iniziò a sorgere. Mi ricordai che non potevo soddisfare la mia curiosità per i giorni a venire. Perché aveva scelto di splendere adesso?
Con un sospiro, mi tuffai fuori dalla sua finestra prima che fosse abbastanza chiaro da poter farmi vedere da qualcuno. Avevo intenzione di rimanere nella fitta foresta vicina casa sua e osservarla andare a scuola, ma quando raggiunsi gli alberi, fui sorpreso di trovare la traccia del suo odore indugiare sul sentiero.
Lo seguii velocemente, con curiosità, diventando sempre più preoccupato mentre si dirigeva nell'oscurità più profonda. Cosa aveva fatto Bella qui fuori?
La traccia si fermò all'improvviso, in mezzo al nulla. Era andata giusto pochi passi lontano dal sentiero, nelle felci, doveva aveva toccato il tronco di un albero caduto. Forse si era seduta lì...
Mi accomodai dov'era stata lei, e mi guardai intorno. Tutto quello che era riuscita a vedere erano felci e foresta. Probabilmente aveva piovuto, aveva lavato via l'odore, che non si era fissato in modo profondo nell'albero.
Perché Bella avrebbe dovuto sedersi qui da sola, ed era sola, senza dubbio, in mezzo alla foresta umida oscura?
Non aveva senso, e a differenza delle altre curiosità, potevo difficilmente portarlo in una conversazione casuale.
Sai, Bella, ho seguito il tuo odore attraverso la foresta dopo aver lasciato la tua stanza, dov'ero stato per osservarti dormire... Sì, sarebbe stato abbastanza da spezzare il ghiaccio.
Non avrei mai saputo cosa stava pensando e facendo qui, e strinsi i denti frustrato. Peggio, era molto più lontano dallo scenario che avevo immaginato con Emmett, Bella vagante nel mezzo della foresta, dove il suo odore avrebbe chiamato chiunque avesse avuto i sensi per inseguirlo...
Lanciai un gemito. Non solo aveva sfortuna, ma le andava anche incontro.
Beh, per il momento ero il suo protettore. L'avrei sorvegliata, tenendola lontana dal pericolo, per quanto riuscivo a giustificarlo.
Improvvisamente mi ritrovai a sperare che Peter e Charlotte estendessero la loro visita.
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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:10 am

8. Spettro

Non vidi gli ospiti di Jasper molto in giro per i due giorni di sole che rimasero a Forks. Tornavo a casa solo per non far preoccupare Esme. D'altro canto, la mia esistenza sembrava più vicina a quella di uno spettro che ad un vampiro. Stavo nascosto, invisibile nelle ombre, dove potevo osservare l'oggetto del mio amore e della mia ossessione, dove potevo vederla e sentirla nelle menti dei fortunati umani che camminavano accanto a lei sotto il sole, a volte sfiorandole la mano con la loro. Non reagiva mai a quel contatto; le loro mani erano calde come le sue.
La forzata assenza da scuola non era mai stata così sofferta prima. Però il sole sembrava renderla felice, dunque non potevo risentirne molto. Qualsiasi cosa le facesse piacere era nelle mie buone grazie.
Lunedì mattina, origliai una conversazione che ebbe la potenza di distruggere la mia sicurezza e di rendere il tempo lontano da lei una tortura. Mentre terminava, comunque, mi aggiustò la giornata.
Doveo sentire un po' di rispetto per Mike Newton; non aveva rinunciato del tutto ed era sgattaiolato a leccarsi le ferite. Aveva molto più coraggio di quanto credessi. Stava tentando di provarci di nuovo.
Bella era arrivata a scuola molto presto e, intenzionata a godersi il sole finché durava, si accomodò sulle panchine all'aperto usate di rado mentre aspettava che suonasse la campanella della prima ora. I suoi capelli catturavano il sole in modi inaspettati, dandogli riflessi rossi che non avevo previsto.
Mike la trovò lì, che scarabocchiava ancora, e si emozionò della sua buona fortuna.
Era agonizzante poter solo guardare, impotente, confinato nelle ombre della foresta per colpa della luce accecante.
Lo salutò con un entusiasmo che lo rese estatico, e me l'opposto.
Siii, le piaccio. Non avrebbe sorriso in questo modo se non fosse così. Scommetto che vuole andare al ballo con me. Chissà che c'è di così importante a Seattle...
Percepì il cambiamento dei suoi capelli. “Non mi sono mai accorto... hai una sfumatura di rosso nei capelli.”
Per sbaglio sradicai un giovane abete su cui stavo poggiando le mani, quando strinse una ciocca dei suoi capelli tra le dita.
“Solo quando c'è il sole,” disse. Per mia grande soddisfazione, si tirò leggermente indietro quando le aggiustò la ciocca dietro l'orecchio.
Mike impiegò un minuto per ricostruire il suo coraggio, perdendo un po' di tempo nella chiacchierata.
Lei gli ricordò del saggio che avevamo per mercoledì. Dalla leggera espressione compiaciuta sul suo viso, il suo era già finito. Lui l'aveva completamente dimenticato, e quello diminuiva di molto il suo tempo libero.
Acc... stupido saggio.
Infine arrivò al dunque - strinsi i denti così forte che avrei potuto polverizzare il granito - e poi, non riuscì a farle la domanda diretta.
“Stavo per chiederti se ti andava di uscire.”
“Ah,” disse lei.
Ci fu un breve silenzio.
Ah? Che vuol dire? Dirà di sì? Aspetta, in realtà non gliel'ho chiesto.
Deglutì rumorosamente.
“Beh, potremmo uscire a cena o qualcosa del genere... e il saggio lo preparo dopo.”
Stupido, è un'altra questione.
“Mike...”
L'agonia e la furia della mia gelosia pizzicava potente come la scorsa settimana. Ruppi un altro albero per trattenermi. Desideravo tantissimo attraversare il campo, troppo veloce per occhi umani, e afferrarla, rubarla dal ragazzo che odiavo così tanto in questo momento che avrei potuto ucciderlo e divertirmene.
Gli avrebbe risposto di sì?
“Non credo che sarebbe un'idea grandiosa.”
Respirai di nuovo. Il mio corpo irrigidito si rilassò.
Seattle è solo una scusa, dopotutto. Non avrei dovuto chiedere. Cosa stavo pensando? Ma è quel mostro, Cullen...
“Perché?” le chiese risentito.
Esitò. “Se osi ripetere quel che ti sto dicendo ti ammazzo, ma penso...”
Risi ad alta voce al suono dell'omicidio sulle sue labbra. Una ghiandaia trillò, spaventata, e si lanciò lontano da me.
“...penso che feriresti i sentimenti di Jessica.”
“Jessica?” Cosa? Ma... oh. Okay. Penso... Dunque... Huh.
I suoi pensieri diventarono incoerenti.
“Mike, stai scherzando o sei cieco?”
I suoi sentimenti echeggiarono i miei. Non doveva aspettarsi che tutti fossero intuitivi come lei, ma quest'esempio era oltremodo evidente. Con tutti quei problemi che si era fatto Mike per chiedere a Bella di uscire, non aveva immaginato perché non fosse difficile con Jessica? Era l'egoismo che lo rendeva così cieco. E Bella era altruista, vedeva ogni cosa.
Jessica. Huh. Wow. Huh. “Ah,” riuscì a dire.
Bella usò la sua confusione per trovare un'uscita.
“Iniziano le lezioni, e non posso arrivare ancora in ritardo.”
Mike divenne un'inaffidabile punto di vista. Scoprì, mentre l'idea di Jessica gli vorticava ancora e ancora nella mente, che gli piaceva molto il pensiero che lei lo trovasse attraente. Era un secondo posto, non così tanto come se Bella lo avesse visto in quel modo.
Comunque è carina, credo,. Un corpo discreto. Una pollastrella in mano...
Era fuori, perso nelle fantasie che erano volgari quanto quelle su Bella, ma adesso mi irritavano soltanto invece di infuriarmi. Quanto poco meritava una ragazza; erano quasi intercambiabili per lui. Dopo di che rimasi fuori dalla sua mente.
Quando non fu in vista, mi piegai contro il freddo tronco di un enorme albero e danzai da una mente all'altra, tenendola d'occhio, sempre felice quando Angela Weber era disponibile. Sperai ci fosse un modo per ringraziare la Weber solo per essere una brava persona. Mi faceva sentire meglio sapere che Bella aveva un'amica degna di questo nome.
Osservai il viso di Bella da ogni possibile angolazione, e riuscii a vedere che era ancora triste. Questo mi sorprese, pensavo che il sole fosse abbastanza da farla sorridere. A pranzo, la vidi lanciare un'occhiata più volte verso il tavolo vuoto dei Cullen, e quello mi emozionò. Mi dava una speranza. Forse anche io le mancavo.
Era d'accordo di uscire con le altre ragazze, in automatico organizzai il mio piano di sorveglianza, ma quei piani furono posticipati quando Mike invitò Jessica all'appuntamento che aveva organizzato per Bella.
Poi andai dritto a casa sua, facendo un veloce giro nella foresta per assicurarmi che nessun pericolo si stesse avvicinando. Sapevo che Jasper aveva avvertito suo fratello di evitare la città, citando la mia follia come spiegazione e avvertimento, ma non volevo rischiare. Peter e Charlotte non avevano intenzione di causare animosità con la mia famiglia, ma le intenzioni erano mutabili...
Va bene, stavo esagerando. Lo sapevo.
Come se sapesse che stessi guardando, come si stesse prendendo gioco dell'agonia che sentivo quando non potevo vederla, Bella uscì nel giardino dopo una lunga ora dentro casa. Aveva un libro tra le sue mani e una coperta sotto il braccio.
Silenziosamente, mi arrampicai sul ramo più alto dell'albero più vicino per sbirciare.
Stese la coperta sull'erba umida e si stese pancia in giù e iniziò a sfogliare le pagine del libro consumato, come stesse cercando di trovare il segno. Lessi sopra le sue spalle.
Ah, classici. Era una fan della Austen.
Lesse velocemente, incrociando le caviglie in continuazione nell'aria. Stavo guardando la luce e il vento giocare con il suo capelli quando il suo corpo s'irrigidì improvvisamente, e le sue mani s'immobilizzarono su una pagina. Tutto quello che vidi fu che era arrivata al capitolo tre quando bruscamente afferrò una leggera parte della pagina e la piegò in mezzo.
Catturai un'occhiata del titolo, Mansfiel Park. Stava iniziando una nuova storia, il libro era una raccolta di opere. Pensai al perché avesse interrotto così all'improvviso una storia.
Qualche momento più tardi, chiuse il libro di colpo arrabbiata. Con un intenso cipiglio sul viso, lo spinse via e si girò di schiena. Prese un profondo respiro, come per calmarsi, si alzò le maniche e chiuse gli occhi. Ricordai il romanzo, ma non potevo pensare a niente di offensivo che potesse averla turbata. Un altro mistero. Sospirai.
Giaceva immobile, muovendosi soltanto per togliersi i capelli dal viso. Le si aprirono a ventaglio sopra la sua testa, un fiume color castagna. E poi fu di nuovo immobile.
Il suo respiro rallentò. Dopo molti lunghi minuti le sue labbra iniziarono a tremare.
Mormorava nel sonno.
Impossibile resistere.
Ascoltai più lontano che potei, catturando le voci nelle case vicine.
Due cucchiai di farina... una tazza di latte...
Andiamo! Accerchialo! Oh, andiamo!
Rosso, o blu... o forse dovrei indossare qualcosa di più informale...
Non c'era nessuno vicino. Saltai giù, atterrando sulle punte silenzioso.
Questo era davvero sbagliato, molto rischioso. Con quanta condiscendenza avevo giudicato Emmett per i suoi modi spensierati e Jasper per la sua mancanza di disciplina, e adesso stavo consapevolmente contravvenendo a tutte le regole con un abbandono così selvaggio che faceva sembrare gli errori cose di poche conto. Ero abituato ad essere quello responsabile.
Sospirai, ma nonostante tutto strisciai alla luce del sole.
Evitai di guardarmi al bagliore accecante del sole. Era già abbastanza brutto che la mia pelle all'ombra fosse come pietra e inumana; non volevo osservare Bella e me stesso vicini alla luce. La differenza tra di noi era già insormontabile, abbastanza dolorosa senza quest'altra immagine nella mia testa.
Ma non potevo ignorare lo sfavillare arcobaleno che si rifletteva sulla sua pelle quando mi avvicinai. Strinsi la mascella alla vista. Potevo essere più mostruoso? La immaginai spaventarsi se avesse aperto gli occhi in quel momento...
Iniziai a ritirarmi, ma mormorò ancora, trattenendomi lì.
“Mmm... Mmm.”
Niente di comprensibile. Beh, avrei aspettato un po'.
Le rubai con attenzione il suo libro, allungando le braccia e trattenendo il respiro mentre mi avvicinavo, giusto in caso. Cominciai nuovamente a respirare quando fui qualche metro lontano, assaggiando il modo in cui il sole e l'aria aperta influenzavano il suo odore. Il calore sembrava addolcire il profumo. La mia gola s'infiammò di desiderio, il fuoco ancora fresco e intenso perché ero stato lontano da lei troppo a lungo.
Impiegai un momento per controllarlo, e poi, sforzandomi a respirare dal naso, lasciai che il suo libro si aprisse tra le mie mani. Aveva iniziato con il primo libro... Voltai velocemente le pagine fino al terzo capitolo di Ragione e Sentimento, cercando qualcosa di potenzialmente offensivo nella prosa troppo cortese della Austen.
Quando i miei occhi si fermarono automaticamente al mio nome, il personaggio Edward Ferrars veniva introdotto per la prima volta, Bella parlò di nuovo.
“Mmm. Edward,” sospirò.
Questa volta non temetti che si fosse svegliata. La sua voce era solo un basso, assorto mormorio. Non il grido di paura che avrebbe lanciato se mi avesse visto adesso.
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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:10 am

La gioia lottò contro la riluttanza. Almeno mi stava ancora sognando.
“Edmund. Ahh. Troppo... vicino...”
Edmund?
Ah! Non mi stava sognando del tutto, realizzai in lutto. La riluttanza ritornò in forze. Stava sognando un personaggio immaginario. Troppo per il mio orgoglio.
Riposi il suo libro, e ritornai al coperto tra le ombre, dove appartenevo.
Il pomeriggio passò e io guardavo, sentendomi ancora disorientato, mentre il sole affondava lentamente nel cielo e le ombre strisciavano verso di lei. Volevo spingerle via, ma l'oscurità era inevitabile; le ombre la presero. Quando la luce se ne andò, la sua pelle divenne troppo pallida, spettrale. I suoi capelli ritornarono di nuovo scuri, quasi neri contro il suo viso.
Era una cosa spaventosa da vedere, come essere testimone della realizzazione delle visioni di Alice. Bella era ferma, il forte battito del cuore era l'unica rassicurazione, il suono che teneva lontano questo momento dal diventare un incubo.
Fui sollevato quando suo padre arrivò a casa.
Potevo sentire poco da lui mentre guidava verso la strada di casa. Qualche vago disturbo... passato, qualcosa nella sua giornata di lavoro. Attesa unita a fame, pensavo non vedesse l'ora di mangiare. Ma i suoi pensieri erano così calmi e contenuti che non potevo esser sicuro di aver ragione; avevo solo afferrato la loro essenza.
Pensai a come sarebbe stata sua madre, che combinazione genetica l'aveva resa così unica.
Bella iniziò a svegliarsi, mettendosi seduta quando le gomme della macchina del padre colpirono il marciapiede di mattoni. Si guardò intorno, sembrando confusa dall'oscurità inaspettata. Per un breve momento, i suoi occhi toccarono le ombre dove mi nascondevo, ma volarono via velocemente.
“Charlie?” chiese a bassa voce, ancora sbirciando tra gli alberi che circondavano il piccolo giardino.
La porta della sua macchina sbatté, e lei si voltò verso il suono. Si rimise velocemente in piedi e raccolse le sue cose, gettando un'ultima occhiata verso la foresta.
Mi mossi tra i gli alberi più vicini alla finestra sul retro della piccola cucina, e ascoltai la loro serata. Era interessante paragonare le parole di Charlie ai suoi tenui pensieri. Il suo amore e la sua attenzione per l'unica figlia erano irresistibili, e anche le sue parole erano sempre concise e noncuranti. La maggior parte del tempo, sedevano in un silenzio socievole.
La sentii discutere dei suoi piani per il pomeriggio successivo a Port Angeles, e ridefinii i miei di piani mentre ascoltavo. Jasper non aveva avvisato Peter e Charlotte di stare a distanza da Port Angeles. Sebbene sapessi che si erano nutriti di recente e che non avevano intenzione di cacciare nelle vicinanze di casa nostra, avrei voluto osservarla, giusto in caso. Dopo tutto, c'erano sempre altri della mia specie lì fuori. E poi, tutti quei pericoli umani che non avevo mai considerato prima.
La sentii esprimere ad alta voce la sua preoccupazione per lasciare che il padre si preparasse la cena da solo, e sorrisi per questa prova della mia teoria, sì lei si prendeva cura di tutti.
E poi me ne andai, sapendo che sarei ritornato quando si fosse addormentata.
Non volevo invadere la sua privacy nel modo in cui avrebbe fatto un maniaco spione. Ero lì per proteggerla, non guardarla con la stessa malizia che Mike Newton avrebbe senza dubbio avuto, fosse o meno abbastanza abile da muoversi sull'albero come potevo fare io. Non l'avrei trattata in modo così grossolano.
La mia casa era vuota quando tornai, il che era un bene per me. Non mi mancavano i confusi o disprezzanti pensieri che si domandavano della mia salute mentale. Emmett aveva lasciato un messaggio attaccato alla lavagnetta dei post-it.
Football al campo Rainier, vieni! Per favore?
Trovai una penna e scarabocchiai la parola scusa sotto la sua domanda. Le squadre erano uguali anche senza di me, in ogni caso.
Andai per il più breve viaggio di caccia, accontentandomi della più piccola, gentile creatura che non aveva il sapore dei predatori, e poi andai a cambiarmi in un baleno con abiti puliti prima di correre verso Forks.
Bella non dormì bene la notte. Si agitava tra le coperte, il suo viso a volte preoccupato, a volte triste. Pensai a quale incubo la stesse inseguendo... e poi capii che forse non volevo saperlo.
Quando parlava, la maggior parte delle volte mormorava avvilenti cose verso Forks con voce depressa. Solo una volta, quando aveva sospirato le parole “Torna indietro” e le sue mani si erano aperte, una preghiera senza parole, avevo avuto la possibilità che dovesse star sognando di me.
Il giorno di scuola successivo, l'ultimo giorno in cui il sole mi avrebbe tenuto prigioniero, fu lo stesso del giorno prima. Bella sembrava ancora più triste di ieri, e pensai se avrebbe cambiato i suoi piani visto che non sembrava dell'umore adatto.
Ma, essendo Bella, avrebbe probabilmente messo in primo piano il divertimento dei suoi amici piuttosto che il proprio.
Indossava una camicia blu scuro oggi, e il colore si addiceva perfettamente alla sua pelle, rendendola come crema fresca.
La scuola finì, e Jessica acconsentì ad andare a prendere le ragazze, usciva anche Angela, al quale ero grato.
Andai a casa a prendere la mia macchina. Quando vi trovai Peter e Charlotte, decisi che avrei potuto sforzarmi di dare alle ragazze una o più ore per partire. Non sarei mai stato capace di seguirle, guidando al limite di velocità, che pensiero orrendo.
Entrai dalla cucina, annuendo vagamente ai saluti di Emmett ed Esme mentre li oltrepassavo dalla stanza di fronte e mi dirigevo al pianoforte.
Divertiti a Port Angeles stasera, pensò allegramente Alice. Fammi sapere quando avrò il permesso di parlare con Bella.
Sei patetico. Non posso credere che ti sei perso la partita della scorsa notte solo per guardare qualcuno dormire, borbottò Emmett.
Jasper non mi prestò attenzione, anche quando la canzone che suonavo diventò più tempestosa di quanto volessi. Era una canzone vecchia, con un tema familiare: l'impazienza. Jasper stava salutando i suoi amici, che mi lanciarono un'occhiata curiosa.
Che strana creatura, stava pensando Charlotte, piccola quanto Alice, e dai capelli biondi quasi bianchi. Era così normale e gradevole l'ultima volta che siamo venuti.
I pensieri di Peter erano in sincronia con i suoi, come al solito.
Devono essere gli animali. La mancanza di sangue umano alla fine li conduce alla pazzia, concluse. I suoi capelli erano chiari come quelli di lei, e quasi della stessa lunghezza. Erano così simili, eccetto per la taglia, lui era alto quasi quanto Jasper, sia in aspetto che in pensieri. Una coppia perfetta, avevo sempre pensato.
Dopo un po' tutti eccetto Esme smisero di pensare a me, e suonai una melodia più mite per attirare meno sguardi.
Non gli prestai attenzione, lasciando che la musica mi distraesse dall'inquietudine. Era difficile avere la ragazza lontano dalla vista e dalla mente. Riportai la mia attenzione alla loro conversazione quando gli addii arrivarono alla fine.
“Se vedete di nuovo Maria,” stava dicendo Jasper, con un po' di cautela, “ditele che spero stia bene.”
Maria era il vampiro che aveva creato sia Jasper che Peter, Jasper nella seconda metà del diciannovesimo secolo, Peter molto più di recente, negli anni quaranta. Aveva visto una volta Jasper quando eravamo in Calagary. Era stata una visita movimentata, ci eravamo trasferiti immediatamente. Jasper le aveva educatamente chiesto di mantenere in futuro le distanze.
“Non penso avverrà presto,” disse Peter con una risata, Maria era innegabilmente pericolosa e non vi era mai stato molto affetto tra lei e Peter. Peter, dopotutto, era stato utile alla diserzione di Jasper. Jasper era sempre stato il preferito di Maria; considerava un dettaglio di poco conto il fatto che avesse programmato di ucciderlo. “Ma, se dovesse accadere, lo farò di sicuro.”
Poi si strinsero le mani, preparandosi alla partenza. Lasciai che la canzone che stavo suonando si concludesse con una fine insoddisfacente, e mi alzai in fretta.
“Charlotte, Peter,” dissi, annuendo.
“E' stato bello vederti di nuovo, Edward” disse Charlotte dubbiosa. Peter annuì di rimando.
Pazzo, mi lanciò Emmett.
Idiota, pensò Rosalie allo stesso momento.
Povero ragazzo. Esme.
Ed Alice, in tono di rimprovero. Andranno diritto verso est, a Seattle. Nessun posto vicino Port Angeles. Mi mostrò la prova delle sue visioni.
Finsi di non sentirla. Le mie scuse erano già abbastanza frivole.
Una volta in macchina, mi sentii più rilassato; il vigoroso ronzio del motore che Rosalie aveva aumentato per me - l'anno scorso, quando era di umore migliore - era rilassante. Era un sollievo essere in movimento, sapere che mi stavo avvicinando a Bella con ogni miglio che volava sotto le mie ruote.
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midnight sun - Pagina 2 Empty 9) port angels continuo...

Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:11 am

9. Port Angeles

Quando raggiunsi Port Angeles, era troppo luminoso per me per guidare in città; il sole era ancora troppo alto, e, nonostante i miei finestrini fossero oscuranti, non c'era ragione di correre inutili rischi. Ancora più inutili rischi, avrei dovuto dire.
Ero certo di riuscire a trovare la mente di Jessica a distanza, i suoi pensieri erano più rumorosi di quelli di Angela, ma una volta che l'avrei trovata, avrei potuto ascoltare la seconda. In seguito, quando le ombre si sarebbero allungate, avrei potuto avvicinarmi. Per adesso, uscii dalla strada per una più coperta, proprio fuori città, che appariva usata meno di frequente.
Sapevo le direzioni generali per cercare, c'era un unico posto per comprare vestiti a Port Angeles. Non passò molto prima che trovassi Jessica girare di fronte a tre specchi, e riuscii a vedere Bella, nella sua visione periferica, apprezzare il lungo vestito nero che indossava.
Bella sembra ancora arrabbiata. Ah ah. Angela aveva ragione, Tyler ha esagerato. Non posso credere che sia così triste per questo, comunque. Almeno sa che avrebbe potuto fare marcia indietro per avere un appuntamento al ballo. E se Mike non dovesse divertirsi al ballo, e non mi chiederà di uscire di nuovo? E se chiede a Bella di andarci? Avrebbe chiesto a Mike per il ballo se non le avessi detto nulla? Lui pensa che lei sia più carina di me? Lei lo pensa che è più carina di me?
“Penso che il blu ti stia meglio. Mette in risalto i tuoi occhi.”
Jessica sorrise a Bella con falso calore, mentre la squadrava sospettosamente.
Lo pensa davvero? O vuole solo che sembri una mucca sabato?
Ero già stanco di sentire Jessica. Cercai Angela, ah, ma Angela si stava cambiando di vestito, e scivolai velocemente fuori dalla sua testa per concederle un po' di privacy.
Beh, non c'erano molti guai in cui Bella avrebbe potuto cacciarsi ai grandi magazzini. Le avrei lasciate fare shopping e poi raggiunte una volta finito. Non impiegò molto a diventare buio, le nuvole iniziarono a ritornare, trascinandosi da ovest. Riuscii solo a cogliere barlumi di esse attraverso la fitta vegetazione, ma potei vedere come avrebbero incalzato il tramonto.
Le festeggiai, desiderandole molto più di quanto avevo desiderato prima la loro ombra. Domani avrei potuto sedermi di nuovo vicino a Bella a scuola, monopolizzando ancora la sua attenzione a pranzo. Avrei potuto chiederle tutte quelle domande che avevo messo da parte...
Così, era furiosa per la presunzione di Tyler. L'avevo visto nella sua mente, che ci credeva davvero quando aveva parlato del ballo, che l'aveva preso come una pretesa. M'immaginai la sua espressione dell'altro pomeriggio, l'offesa incredulità, e risi. Pensai a cosa gli avrebbe detto a questo proposito. Non volevo perdermi la sua reazione.
Il tempo scorreva lento mentre aspettavo che le ombre si allungassero. Controllavo costantemente Jessica; la sua voce mentale era facile da trovare, ma non mi piaceva indugiarci molto. Vidi il luogo dove avevano programmato di mangiare. Sarebbe stato buio per l'ora di cena... forse avrei scelto per coincidenza lo stesso ristorante. Toccai il telefono nella tasca, pensando di invitare Alice a mangiare... L'avrebbe adorato, ma anche lei avrebbe voluto parlare con Bella. Non ero sicuro se ero pronto a coinvolgerla nel mio mondo. Un unico vampiro non era già abbastanza problematico?
Controllai per routine di nuovo Jessica. Stava pensando ai gioielli, chiedendo l'opinione di Angela.
“Forse dovrei riportare la collana. Ne ho una a casa che probabilmente starà bene. E ho speso più di quando dovevo...” Mia madre uscirà fuori di testa. Che stavo pensando?
“Non mi dispiace tornare ai magazzini. Pensi che Bella ci cercherà, comunque?”
Cosa? Bella non era con loro? Prima fissai con gli occhi di Jessica, poi con quelli di Angela. Erano sul marciapiede di fronte una fila di negozi, proprio dietro l'altra strada. Bella non era in vista.
Oh, chi se ne frega di Bella? Pensò Jessica impaziente, prima di rispondere alla domanda di Angela. “Starà bene. Arriveremo al ristornante in orario, anche se torniamo indietro. Comunque, penso che voglia stare da sola.” Catturai un breve barlume della libreria dove Jessica pensava fosse andata Bella.
“Sbrighiamoci allora,” disse Angela. Spero che Bella non pensi che l'abbiamo abbandonata. Prima è stata così carina con me in macchina... E' davvero una persona dolce. Però mi è sembrata molto giù di morale per tutto il giorno. Magari è per Edward Cullen? Scommetto che era per questo che mi ha domandato della sua famiglia...
Avrei dovuto prestare maggiore attenzione. Che mi ero perso? Bella stava girovagando da sola, e aveva chiesto di me prima? Angela ora stava prestando attenzione a Jessica, che stava blaterando a proposito di quell'idiota di Mike, e non riuscii a sentire nient'altro da lei.
Giudicai le ombre. Il sole sarebbe tornato presto dietro le nuvole. Se fossi stato dalla parte occidentale della strada, dove gli edifici facevano ombra dalla luce dissolvente...
Iniziai a sentirmi ansioso mentre guidavo per il traffico sparso al centro della città. Non era qualcosa che aveva pensato, Bella da sola, e non avevo idea di come cercarla. Avrei dovuto prenderlo in considerazione.
Conoscevo abbastanza bene Port Angeles; guidai dritto verso la libreria nella mente di Jessica, sperando che la mia ricerca fosse breve, ma dubitando che fosse così facile. Quando mai Bella lo rendeva facile?
Senza dubbio, il piccolo negozio era vuoto eccetto per l'anacronistica donna dietro il bancone. Questo non sembrava il tipo di posto che avrebbe interessato Bella, troppo new age per una persona concreta. Pensai se l'avesse infastidita entrare dentro.
C'era una nuova macchia di ombre dove potevo parcheggiare... Creava un sentiero buio per la sporgenza del negozio. Non avrei davvero dovuto. Girovagare durante le ore di luce non era prudente. Se il passaggio di una macchina avesse gettato il riflesso della luce nell'ombra nel momento sbagliato?
Ma non sapevo dove altro cercare Bella!
Parcheggiai e uscii, tenendomi nel lato profondo di ombre. Entrai velocemente nel negozio, nessuna traccia dell'odore di Bella nell'aria. Era stata qui, sul marciapiede ma non c'era sentore del suo profumo all'interno.
“Benvenuto! Posso aiutarl...” Iniziò a dire la commessa, ma ero già fuori la porta.
Seguii l'odore di Bella per quanto a lungo lo permettessero le ombre, fermandomi quando arrivai al confine con la luce del sole.
Come mi faceva sentire impotente, paralizzato dalla linea tra buio e luce che si espandeva lungo il marciapiede di fronte a me. Così limitato.
Potevo solo ipotizzare che avesse continuato per la strada, puntando a sud. Non c'era molto in quella direzione. Si era persa? Beh, la possibilità non sembrava molto lontana considerato il personaggio.
Tornai in macchina e guidai lentamente attraverso le strade, cercandola. Saltai fuori in altre macchie d'ombra, ma potevo solo catturare il suo odore ancora una volta, e la direzione mi confuse. Dove stava cercando di andare?
Guidai avanti e indietro tra la libreria e il ristorante per un po' di volte, sperando di vederla sulla via. Jessica e Angela erano già lì, cercando di decidere se ordinare, o aspettare Bella. Jessica stava premendo per ordinare subito.
Iniziai a volteggiare tra le menti degli estranei, guardando attraverso i loro occhi. Di sicuro, qualcuno doveva averla vista da qualche parte.
Più a lungo restava dispersa più ansioso diventavo. Non avevo mai considerato prima quanto sarebbe stato difficile provare a rintracciarla una volta che, come ora, era fuori dalla mia vista e fuori dalle sue strade normali. Non mi piacque.
Le nuvole si stavano ammassando all'orizzonte, e in pochi minuti, sarei stato libero di rintracciarla a piedi. Non ci avrei impiegato molto. Adesso era soltanto il sole a rendermi inutile. Soltanto pochi minuti, e poi il vantaggio sarebbe stato di nuovo mio e sarebbe stato il mondo umano ad essere impotente.
Un'altra mente, e un'altra ancora. Così tanti futili pensieri.
...penso che il bambino abbia un'altra infezione all'orecchio...
Era sei quattro zero o sei zero quattro...?
Tardi di nuovo. Dovrei dirglielo...
Eccola qui! Aha!
Lì, alla fine, vi era il suo viso. Finalmente, qualcuno l'aveva notata!
Il sollievo durò la frazione di un secondo, e poi lessi per intero i pensieri dell'uomo che stava gongolando all'ombra.
La sua mente mi era estranea, e ancora, non del tutto sconosciuta. Una volta avevo cacciato esattamente quel tipo di mente.
“NO!” ruggii, e una raffica di ringhi proruppe dalla mia gola. Il mio piede spinse l'acceleratore a terra, ma dove stavo andando?
Sapevo la posizione generale dei suoi pensieri, ma la conoscenza non era abbastanza specifica. Qualcos'altro, doveva esserci qualcos'altro, il segno di una strada, la facciata di un negozio, qualcosa nella sua vista che potesse darmi la sua posizione. Ma Bella era profonda nell'oscurità, e i suoi occhi erano solo focalizzati sulla sua espressione spaventata, divertendosi della paura.
Il suo viso era sfocato nella sua mente dal ricordo di altri volti. Bella non era la sua prima vittima.
Il suono del mio ringhio scosse il telaio della macchina, ma non mi distrasse.
Non c'erano finestre nel muro dietro di lei. Qualche zona industriale, lontano dal quartiere di negozi più popolato. La mia macchina stridette all'angolo, deviando un altro veicolo, dirigendosi verso quella che speravo fosse la giusta direzione. Prima che l'altro veicolo suonasse, era già lontano dietro di me.
Guardala come trema! L'uomo ridacchiò in anticipo. La paura era la parte che lo attirava, la parte che lo divertiva.
“Stammi lontano.” La sua voce era bassa e salda, non un grido.
“Non fare così bellezza.”
La guardò indietreggiare verso una rumorosa risata che veniva da un'altra direzione. Era irritato dal rumore – Chiudi il bello, Jeff! Pensò – ma lo divertiva il modo in cui lei si rannicchiava.
Lo eccitava. Iniziò a immaginarla pregante, il modo in cui avrebbe supplicato... non mi resi conto che c'erano altri con lui finché non sentii la rumorosa risata. Esaminai fuori di lui, disperato per qualcosa che potevo usare. Stava facendo il primo passo verso di lei, piegando le sue mani.
I pensieri attorno a lui non erano una fogna come la sua. Erano tutte leggermente intossicate, nessuno di loro sembrava rendersi conto quanto lontano quell'uomo di nome Lonnie avesse programmato di andare. Loro seguivano il comando di Lonnie ciecamente. Gli aveva promesso un po' di divertimento...
Uno di loro lanciò un'occhiata verso la strada, nervoso, non voleva essere catturato a molestare la ragazza, e mi diede quello di cui avevo bisogno. Riconobbi l'incrocio che aveva guardato.
Volai sotto il rosso, scivolando attraverso uno spazio abbastanza grande tra due macchine nel traffico. I clacson squillarono dietro di me.
Il telefono vibrò nella mia tasca. Lo ignorai.
Lonnie si muoveva lentamente verso la ragazza, attirando la suspense, il momento di terrore che lo eccitava. Aspettò che urlasse, preparandosi ad assaporarlo.
Ma Bella strinse la mascella e si fece coraggio. Rimase sorpreso, si aspettava che cercasse di correre. Sorpreso e leggermente deluso. Gli piaceva inseguire la sua preda, l'adrenalina della caccia.
Coraggiosa, questa. Meglio forse, credo... più lotta.
Ero ad un ingorgo. Il mostro poteva sentire il ruggire del mio motore adesso, ma non vi prestò attenzione, troppo intento nella sua vittima.
Avrei visto come si sarebbe divertito quando fosse stato lui la preda. Avrei visto cosa avrebbe pensato del mio stile di caccia.
In un altro scomparto della mia mente, stavo già selezionando la gamma di torture di cui ero stato testimone durante i miei anni da vigilante, cercando il più doloroso. Avrebbe sofferto per questo. Si sarebbe contorto nell'agonia. Gli altri per la loro parte sarebbero soltanto morti, ma il mostro chiamato Lonnie avrebbe supplicato fino alla morte prima che gli facessi quel dono.
Ero in strada, attraversando verso di lei.
Svolai secco l'angolo, i miei anabbaglianti bucarono la scena e li congelarono sul posto. Avrei potuto correre verso il capo, che si era lanciato fuori dalla strada, ma era una morte troppo facile per lui.
Lasciai che la mia macchina si girasse, sgommando così che stavo di nuovo fronteggiando la strada di ritorno e la portiera del passeggero verso Bella. L'aprii, e lei stava già correndo verso la macchina.
“Sali,” ringhiai.
Ma che diavolo?
Sapevo che era una cattiva idea! Non è sola.
Dovrei correre?
Penso che sto per vomitare...
Bella saltò attraverso la porta aperta senza esitare, chiudendola dietro di lei.
E poi mi guardò con la più fiduciosa espressione che avessi visto su un viso umano, e tutti i miei piani violenti crollarono.
Ci misi molto, molto meno di un secondo per capire che non avrei potuto lasciarla in macchina per affrontare i quattro uomini in strada. Cosa le avrei detto, di non guardare? Ah! Quando mai faceva quello che le chiedevo? Quando mai faceva la cosa giusta?
Li avrei trascinati via, fuori dalla sua vista, lasciandola sola qui? Sarebbe stata una possibilità remota che un altro umano pericoloso si stesse aggirando per le strade di Port Angeles questa sera, ma era una possibilità remota che poteva accadere una prima volta! Come una calamita, attirava tutte le cose pericolose verso di sé. Non potevo lasciarla fuori dalla mia vista.
Sembrò parte dello stesso movimento mentre acceleravo, portandola lontana dai suoi inseguitori così velocemente che spalancarono la bocca alla mia macchina con un incomprensibile espressione. Non avrebbe riconosciuto il mio istante di esitazione. Avrebbe assunto che il mio era un piano di fuga sin dall'inizio.
Non potevo nemmeno colpirlo con la mia macchina. L'avrebbe spaventata.
Volevo la sua morte così selvaggiamente che quel bisogno risuonò nelle mie orecchie e mi annebbiò la vista e insaporì la mia lingua. I miei muscoli contratti dall'impulso, dal desiderio, dal bisogno. Dovevo ucciderlo. L'avrei scorticato lentamente da parte, pezzo per pezzo, pelle dai muscoli, muscoli dalle ossa...
Ad eccezione che quella ragazza, l'unica al mondo, si stava avvinghiando al sedile con entrambe le mani, fissandomi, i suoi occhi ancora spalancati e completamente fiduciosi. La vendetta avrebbe potuto aspettare.
“Allacciati la cintura,” ordinai. La mia voce era rauca per l'odio e la sete di sangue. Non la solita sete. Non mi sarei sporcato ad avere nessuna parte di quell'uomo dentro di me.
Chiuse la cintura al suo posto, sobbalzando leggermente al suono che fece. Quel piccolo suono la fece saltare, anche se non indietreggiava mentre svoltavo verso la città, ignorando gli altri guidatori nel traffico. Potevo sentire i suoi occhi su di me. Sembrava stranamente rilassata. Per me non aveva molto senso, non con quello che aveva appena passato.
“Stai bene?” chiese, la sua voce rauca per la tensione e la paura.
Lei voleva sapere se io stavo bene?
Pensai alla sua domanda per una frazione di secondo. Non abbastanza per farle notare la mia esitazione. Stavo bene?
“No,” realizzai, e il mio tono ribolliva di rabbia.
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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:12 am

La portai alla stessa strada inutilizzata dove avevo passato il pomeriggio impegnato nella più misera sorveglianza mai tenuta. Adesso era buio sotto gli alberi.
Ero così furioso che il mio corpo s'immobilizzò, improvvisamente fermo. Le mie mani di ghiaccio strette in un pugno desideravano attaccare il suo assalitore, ridurlo in pezzi così lacerati che il suo corpo non sarebbe potuto mai più essere identificato...
Ma questo avrebbe implicato lasciarla da sola, indifesa nella notte oscura.
“Bella?” chiesi tra i denti.
“Si?” la sua voce era ancora densa... di paura, senza dubbio.
E quindi non avrei potuto lasciarla.
Anche se non fosse stata in un costante rischio per qualche esasperante ragione – l'universo mi stava giocando qualche brutto scherzo – anche se fossi stato sicuro che sarebbe stata perfettamente in salvo in mia assenza, non potevo lasciarla sola nel buio.
Doveva essere terrorizzata.
Eppure non ero in condizione di confortarla, anche se avessi saputo esattamente come farlo, il che era improbabile. Di sicuro poteva sentire irradiare da me brutalità, di sicuro era molto evidente. L'avrei spaventata di più se non fossi riuscito a calmare il desiderio di massacro che mi bolliva dentro.
Avevo bisogno di pensare a qualcos'altro.
“Per favore, fai qualcosa per distrarmi,” la pregai.
“Che cosa?”
Avevo a mala pena il controllo per cercare di spiegare cosa mi serviva.
“Chiacchiera di qualcosa di poco importante finché non mi calmo,” le spiegai, la mia mascella ancora serrata. Soltanto il fatto che lei aveva bisogno di me mi teneva dentro la macchina. Potevo sentire i pensieri dell'uomo, la sua delusione e rabbia... Sapevo dove trovarlo... Chiusi gli occhi, sperando di non poter vedere oltre...
“Uhm...” esitò, cercando di dare un senso alla mia richiesta, immaginai. “Forse domani prima che inizino le lezioni investirò Tyler Crowley?” La disse come fosse una domanda.
Sì, questo era quello di cui avevo bisogno. Ovvio che Bella se ne uscisse con qualcosa di inaspettato. Come prima, la minaccia di violenza venire dalle sue labbra era divertente, così comica che stonava. Se non avessi bruciato per l'urgenza di uccidere, avrei riso.
“Perché?” latrai, per spingerla a parlare ancora.
“Va dicendo a tutti che mi porterà al ballo di fine anno,” disse, la sua voce offesa come quella di un gattino-tigre, “O è impazzito, oppure sta ancora cercando di scusarsi per avermi quasi ammazzata... be', ti ricordi,” introdusse seccamente. “E secondo lui quel ballo è chissà perché il modo migliore per farlo. Perciò, immagino che se metterò la sua vita a repentaglio saremo pari e non si sentirà più in dovere di risarcirmi. Non ci tengo ad avere nemiche, e probabilmente anche Lauren smetterebbe di tormentarmi se lui mi lasciasse perdere. Mi toccherà fare a pezzi la sua Sentra, credo.” continuò, pensierosa adesso. “È un guaio, perché senza auto non potrà dare a nessuno un passaggio per il ballo di fine anno...”
Era incoraggiante vedere che a volte arrivava a conclusioni sbagliate. L'insistenza di Tyler non aveva niente a che fare con l'incidente. Non sembrava rendersi conto dell'attrazione che esercitava per i ragazzi umani della scuola. Non vedeva neanche l'attrazione che aveva su di me?
Ah, stava funzionando. I processi devianti della sua mente mi monopolizzavano sempre. Stavo iniziando ad aumentare il controllo su me stesso, a vedere qualcos'altro oltre la vendetta e la tortura...
“M'era giunta voce,” le dissi. Aveva smesso di parlare, e avevo bisogno che continuasse.
“Fino a te?”, chiede incredula. E poi la sua voce si arrabbiò più di prima. “Beh, forse se resta paralizzato dal collo in giù non potrà partecipare, al ballo.”
Sperai potesse esserci un qualche modo per poterle chiedere di continuare con le minacce di morte e dolori corporei senza sembrare un folle. Non avrebbe potuto scegliere modo migliore per calmarmi. E le sue parole, solo sarcastiche nel suo caso, erano un caro ricordo di ciò che avevo bisogno in questo momento.
Sospirai, e aprii gli occhi.
“Va meglio?” chiede timidamente.
“Non proprio.”
No, ero calmo, ma non andava meglio. Perché avevo appena realizzato che non potevo uccidere il mostro chiamato Lonnie, e ancora rimaneva quasi la cosa che più desideravo al mondo. Quasi.
L'unica cosa in questo momento che volevo di più di commettere un assai giustificabile assassinio, era la ragazza. E, sebbene non potessi, solo il pensiero di averla mi rendeva impossibile andare a fare festa di omicidi stasera, non importava.
Bella meritava meglio di un assassino.
Avevo passato sette decenni per cercare di essere qualcos'altro, qualcosa di più di un omicida. Quegli anni di sforzi non mi avrebbero mai reso degno della ragazza seduta accanto a me. E ancora, sentivo che se fossi ritornato a quella vita, la vita di un assassino, per una sola sera, l'avrei sicuramente resa fuori dalla mia portata per sempre. Anche se non avessi bevuto il loro sangue, anche se non avessi avuto l'evidenza del brillante rosso nei miei occhi, non avrebbe avvertito la differenza?
Stavo cercando di essere abbastanza buono per lei. Era una meta impossibile. Avrei continuato a provare.
“Cosa c'è che non va?” sussurrò.
Il suo respiro mi riempì le narici, e mi ricordai che non potevo essere degno di lei. Dopo tutto questo, anche con tutto l'amore che provavo per lei... mi faceva ancora venire l'acquolina in bocca.
“Ogni tanto ho dei problemi di impulsività, Bella.” Fissai la notte buia, sperando sia che avesse avvertito l'orrore inerente alle mie parole sia che non lo avesse fatto. Di più la seconda. Scappa, Bella, scappa. Rimani, Bella, rimani. “Ma non sarebbe affatto una buona cosa fare marcia indietro e assalire quei...” solo il pensiero mi spingeva fuori dalla macchina. Presi un respiro profondo, lasciando che il suo odore mi bruciasse la gola. “Perlomeno, è ciò di cui sto tentando di convincermi.”
“Oh.”
Non disse nulla. Cosa aveva sentito nelle mie parole? Le lanciai un'occhiata furtiva, ma il suo viso era illeggibile. Privo di shock, comunque. Beh, non stava gridando. Non ancora.
Ci fu silenzio per un momento. Lottai con me stesso, cercando di essere quello che dovevo essere. Che non potevo essere.
“Jessica e Angela saranno preoccupate,” disse con calma. La sua voce era molto tranquilla, e non ero sicuro di come avrebbe potuto essere. Era scioccata? Forse gli eventi di stanotte non l'avevano ancora colpita. “Mi stavano aspettando.”
Voleva allontanarsi da me? O era solo preoccupata per le sue amiche?
Non le risposi, ma feci partire la macchina e la riportai indietro. Ad ogni centimetro che mi avvinavo alla città, diventava più difficile trattenermi dal mio proposito. Era così vicino a lui...
Se era impossibile, se non avessi mai potuto meritare questa ragazza, allora quale sarebbe stato il senso di lasciare quell'uomo impunito? Di sicuro potevo permettermelo...
No. Non stavo rinunciando. Non ancora. La volevo troppo per cedere.
Eravamo al ristorante dove doveva incontrare le sue amiche prima che iniziassi a dare un senso ai miei pensieri. Jessica e Angela avevano finito di mangiare, ed erano entrambe molto preoccupate per Bella. Erano sul punto di cercarla, dirigendosi verso la strada buia.
Non era una buona serata per loro per vagabondare...
“Coma facevi a sapere...?” la domanda incompiuta di Bella m'interruppe, e mi resi conto di aver fatto un'altra gaffe. Ero stato troppo distratto per ricordarmi di chiederle dove doveva incontrarsi con le amiche.
Ma, invece di finire la domanda ed insistere, Bella scosse la testa e fece un mezzo sorriso.
Cosa voleva dire?
Beh, non avevo tempo per risolvere la sua strana accettazione sulla mia estranea conoscenza. Aprii la portiera.
“Cosa fai?” chiese, suonando spaventata.
Non ti lascio lontano dalla mia vista. Non permetto a me stesso di stare da solo questa notte. In quest'ordine. “Ti porto fuori a cena.”
Beh questo sarebbe dovuto essere interessante. Sembrava passata un'intera notte quando avevo immaginato di portare Alice e fingere di scegliere per caso lo stesso ristorante di Bella e delle sue amiche. E adesso, eccomi qui, praticamente ad un appuntamento con una ragazza. Solo che non contava, perché non le stavo offrendo la possibilità di rifiutare.
Aveva già la portiera mezza aperta prima che camminassi attorno la macchina – di solito non era così frustrante doversi muoversi ad una velocità tanto poco appariscente – invece di aspettare che l'aprissi io. Era perché non era abituata ad essere trattata come una signorina, o perché non pensava a me come ad un gentiluomo?
Aspettai che mi raggiungesse, diventando sempre più ansioso mentre le sue amiche continuavano a dirigersi verso l'angolo buio.
“Vai a fermare Jessica e Angela, non ho intenzione di rincorrere anche loro per Port Angeles,” ordinai velocemente. “Non credo che riuscirei a trattenermi, se dovessi imbattermi di nuovo nei tuoi amichetti.” No, non sarei stato abbastanza forte.
Rabbrividì, e poi velocemente si raccolse. Fece un mezzo passo verso di loro, chiamandole. “Jess! Angela!” ad alta voce. Loro si voltarono, e lei agitò le braccia sopra la testa per attirare la loro attenzione.
Bella! Oh, è salva! Pensò Angela con sollievo.
Così tardi? Mormorò Jessica tra sé, ma poi, anche lei ringraziò che Bella non si fosse persa o ferita. Questo me la fece piacere un po' di più.
Si affrettarono a tornare indietro, e poi si fermarono, quando mi videro dietro di lei.
Uh-uh! Pensò Jessica, stupita. Eccitante!
Edward Cullen? Era andata via per cercarlo? Ma perché avrebbe chiesto delle loro gite se sapeva che era qui... Ebbi un breve flash dell'espressione mortificata di Bella mentre chiedeva ad Angela se la mia famiglia fosse spesso assente da scuola. No, non avrebbe potuto saperlo, decise Angela.
I pensieri di Jessica si stavano muovendo tra la sorpresa e il sospetto. Bella mi sta escludendo.
“Dove sei stata?” domandò, fissando Bella, ma sbirciandomi con la coda dell'occhio.
“Mi sono persa. E poi ho incontrato Edward,” rispose Bella, facendomi un cenno con la mano. Il suo tono notevolmente normale. Come se fosse veramente tutto quello che era successo.
Doveva essere in stato di shock. Era l'unica spiegazione per la sua tranquillità.
“Vi disturba se mi unisco a voi?” chiesi, per essere educato; sapevo che avevano già mangiato.
Cavolo è fico! Jessica pensò, la sua mente all'improvviso incoerente.
Angela non era molto più calma. Peccato che abbiamo mangiato. Wow. Proprio ora. Wow.
Adesso perché non potevo fare lo stesso con Bella?
“Ehm... certo che no,” acconsentì Jessica.
Angela si accigliò. “Uhm, in realtà Bella, abbiamo già mangiato mentre ti aspettavamo,” ammise. “Scusaci.”
Cosa? Chiudi il becco! Si lamentò internamente Jessica.
Bella scrollò le spalle indifferente. Così facile. Definitivamente in shock. “Non c'è problema... Non ho fame.”
“Penso che invece dovresti mangiare qualcosa.” contraddissi. Aveva bisogno di zuccheri nel suo flusso sanguigno, sebbene com'era adesso profumasse abbastanza dolce, pensai beffardo. L'orrore l'avrebbe colpita da un momento all'altro, e uno stomaco vuoto non avrebbe aiutato. Sveniva facilmente, come sapevo per esperienza.
Le ragazze non sarebbero state in pericolo se fossero andate dritte a casa. Il pericolo non le pedinava ad ogni passo.
E preferivo restare da solo con Bella, più di quanto lei desiderasse rimanere da sola con me.
“Vi dispiace se accompagno io a casa Bella, stasera?” dissi a Jessica prima che Bella potesse rispondere. “Così non sarete costrette ad aspettarla mentre mangia.”
“Uhm, non c'è problema, credo...” Jessica fissò intensamente Bella, cercando qualche segno che fosse questo ciò che voleva.
Voglio restare... ma probabilmente lei vuole star sola con lui. Chi non lo vorrebbe? Pensò Jess. Alla stesso tempo, vide Bella farle l'occhiolino.
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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:15 am

Bella ammiccare?
“D'accordo,” disse Angela velocemente, impaziente di sparire se era questo quello che Bella voleva. E sembrava che lo volesse. “Ci vediamo domani, Bella... Edward.” Si sforzò di pronunciare il mio nome con un tono indifferente. Poi afferrò la mano di Jessica e iniziò a trascinarla via.
Avrei dovuto trovare qualche modo per ringraziare Angela.
La macchina di Jessica era vicina e in luminoso cerchio di luce proiettato da un lampione. Bella le osservò attentamente, un piccola ruga di preoccupazione tra gli occhi, finché non entrarono in macchina; dunque doveva essere pienamente consapevole del pericolo che aveva corso. Jessica la salutò con la mano mentre guidava, e Bella la agitò di rimando. Dopo che la macchina sparì prese un respiro profondo e si voltò a guardarmi.
“Sinceramente non ho fame,” disse.
Perché aveva aspettato che se ne fossero andate per parlare? Voleva realmente stare sola con me, anche adesso, dopo essere stata testimone della mia rabbia omicida?
Qualunque fosse il caso, avrebbe mangiato qualcosa.
“Fammi questo piacere,” dissi.
Le tenni la porta del ristorante aperta e aspettai.
Sospirò, e poi entrò.
Camminai dietro di lei fino al podio dove aspettava la caposala. Bella sembrava ancora interamente al pieno delle sue facoltà. Volevo toccarle la mano, la fronte, controllarle la temperatura. Ma la mia mano fredda l'avrebbe respinta, come l'altra volta.
Oh, mio dio, la voce alquanto alta della mente della caposala si introdusse nella mia coscienza. Mio, oh mio dio.
Sembrava essere la mia sera per far girare la testa. O solo lo stavo notando di più perché speravo tanto che Bella mi vedesse in quel modo? Siamo sempre attratti dalle nostre prede. Non l'avevo mai pensata in questi termini prima d'ora. Di solito – a meno che, con persone come Shelly Cope e Jessica Stanley, vi era una costante ripetizione per offuscare l'orrore – la paura scalciava abbastanza velocemente dopo l'attrazione iniziale...
“Un tavolo per due?” Suggerii.
“Oh, ehm, sì. Benvenuti a La Bella Italia.” Mmm! Che voce! “Per favore seguitemi.” I suoi pensieri erano preoccupati, calcolando.
Forse è sua cugina. Potrebbe essere sua sorella, non si assomigliano. Ma familiari, di sicuro. Lui non può stare con lei.
Gli occhi degli umani erano così offuscati, non vedevano chiaramente. Come poteva questa piccola mente umana trovarmi fisicamente attraente, un tranello per le prede, ed essere ancora incapace di vedere la dolce perfezione della ragazza accanto a me?
Beh, non ho intenzione di prestarle attenzione, in caso, pensò la caposala mentre ci conduceva ad un tavolo formato famiglia al centro della più affollata parte del ristorante. Posso dargli il mio numero mentre lei è qui...? meditò.
Presi una banconota dalla mia tasca posteriore. Le persone erano immancabilmente cooperative quando si parlava con i soldi.
Bella senza esitare stava già prendendo posto dove aveva indicato la caposala. Scossi la testa verso di lei, ed esitò, piegando la testa da un lato per la curiosità. Sì, sarebbe stata davvero curiosa questa sera. Una folla non era il posto ideale per questa conversazione.
“Non c'è qualcosa di più appartato?” chiesi alla caposala, porgendole i soldi. I suoi occhi si spalancarono per la sorpresa, e poi si strinsero mentre la sua mano si chiudeva sulla mancia.
“Certo.”
Sbirciò alla banconota mentre ci conduceva ad una fila di séparé.
Cinquanta dollari per un tavolo migliore? Anche ricco. Ha senso, scommetto che la sua giacca costa più della mia ultima paga. Dannazione. Perché vuole privacy con lei?
Ci offrì un tranquillo angolo del ristorante dove nessuno avrebbe potuto osservarci, osservare le reazioni di Bella a qualsiasi cosa le avessi detto. Non avevo nessun indizio su cosa avrebbe voluto sapere da me questa sera. O cosa le avrei dato.
Quanto aveva capito? Che spiegazioni si era data per gli eventi di stasera?
“Questo va bene?” chiese la caposala.
“Perfetto,” le dissi e, sentendomi leggermente infastidito per l'atteggiamento risentito che aveva riservato a Bella, le sorrisi apertamente, mostrandole i denti. Lasciando che mi vedesse chiaramente.
Whoa. “Uhm... La cameriera arriva subito.” Non può essere vero. Devo star sognando. Forse lei scomparirà... forse scriverò il mio numero sul suo piatto con il ketchup... Vagò via, sbandando da una parte.
Strano. Non era ancora spaventata. Improvvisamente ricordai Emmett prendermi in giro a mensa, qualche settimana fa. Scommetto che potrei spaventarla meglio di questo.
Stavo perdendo il mio vantaggio?
“Non dovresti trattare così le persone,” Bella interruppe i miei pensieri con un tono di disapprovazione. “Non è per niente corretto.”
Fissai la sua espressione critica. Cosa voleva dire? Non avevo spaventato la caposala, a dispetto delle mie intenzioni. “Trattarle come?”
“Abbacinarla in quel modo per fare colpo. Probabilmente è corsa in cucina a cercare di riprendere fiato.”
Hmm. Bella aveva davvero ragione. La caposala non era ancora del tutto coerente al momento, descrivendo il suo giudizio sbagliato su di me alla sua amica, in attesa di personale.
“E dai,” Bella mi rimproverò quando non risposi subito. “Non dirmi che non ti rendi conto dell'effetto che fai.”
“Faccio colpo su tutti?” Era un interessante modo di formulare la frase. Abbastanza fedele alla serata. Pensai al perché della differenza...
“Non te ne sei accorto?” chiese, ancora scettica. “Pensi che chiunque sia capace di fare quel che desidera così facilmente?”
“Abbaglio anche te?” Diedi voce improvvisamente alla mia curiosità, e poi le parole uscirono fuori prima che fosse troppo tardi per rimangiarmele.
Ma prima che avessi il tempo di sprofondare nel rimorso lei rispose, “Spesso.” E le sue guance si tinsero di rosa.
L'abbagliavo.
Il mio cuore silenzioso si gonfiò di una speranza molto più intensa di quanto potessi ricordare di aver mai sentito prima.
“Ciao,” disse qualcuno, la maȋtre, presentandosi. I suoi pensieri erano rumorosi, e molto più espliciti della caposala, ma la chiusi fuori. Fissai il viso di Bella invece di ascoltare, guardando il sangue diffondersi sulle sue guance, notando non come facesse infiammare la mia gola, ma piuttosto come le illuminasse il viso, come mettesse in evidenza la crema della sua pelle...
La maȋtre stava aspettando qualcosa da me. Ah, aveva chiesto le ordinazione delle bevande. Continuai a fissare Bella, e anche la maȋtre si voltò a guardarla con rancore.
“Per me una coca?” disse Bella, come cercando approvazione.
“Due,” la corressi. La sete, normale, umana sete, era segno di shock. Mi sarei assicurato che avesse più zuccheri di una sola bibita nel suo sistema.
Sembrava sana, comunque. Molto più che sana. Sembrava radiosa.
“Cosa c'è?” domandò, chiedendosi perché la stessi fissando, pensai. Ero vagamente consapevole che la maȋtre se n'era andata.
“Come ti senti?” chiesi.
Lei ammiccò, sorpresa dalla domanda. “Bene.”
“Non ti senti scossa, con la nausea, infreddolita?”
Era ancora più confusa adesso. “Dovrei?”
“Beh, in realtà sto aspettando che tu entri in uno stato di shock.” Feci un mezzo sorriso, aspettando che negasse. Non voleva che qualcuno si prendesse cura di lei.
Le ci volle un minuto per rispondermi. I suoi occhi erano leggermente confusi. Appariva in quel modo qualche volta, quando le sorridevo. Era... abbagliata?
Adoravo pensarci.
“Non credo che succederà. Sono sempre stata brava a reprimere gli episodi spiacevoli,” rispose, quasi senza respiro.
Aveva fatto molta esperienza di cose spiacevoli, allora? La sua vita era sempre stata così pericolosa?
“Comunque sia,” le dissi. “Starò meglio quando avrai assunto un po' di cibo e zuccheri.”
La maȋtre tornò con le coca cola e un cestino di pane. Le mise di fronte a me, e chiese la mia ordinazione, cercando di catturare il mio sguardo durante l'operazione. Indicai che doveva aspettare Bella, e poi ritornai a non prestarle attenzione. Aveva una mente volgare.
“Ehm...” Bella diede una veloce occhiata al menù. “Per me ravioli ai funghi.”
La maȋtre si voltò verso di me entusiasta. “E per te?”
“Per me niente.”
Bella fece una leggera smorfia. Hmm. Doveva aver notato che non mangiavo mai. Notava tutto. E io dimenticavo sempre di stare attento quando ero con lei.
Aspettai che fossimo di nuovo da soli.
“Bevi,” insistetti.
Rimasi sorpreso quando acconsentì subito e senza obiezioni. Bevve fino a che il bicchiere non fu completamente vuoto, così spinsi la seconda coca verso di lei, accigliandomi un po'. Sete, o shock?
Bevve un altro poco, e poi rabbrividì.
“Hai freddo?”
“E' la coca,” rispose, ma rabbrividì ancora, le sue labbra tremarono leggermente come se i suoi denti stessero battendo.
La camicia carina che indossava sembrava troppo leggera per proteggerla adeguatamente; le aderiva come una seconda pelle, fragile quasi quanto la prima. Era così delicata, così mortale. “Non hai un giubbotto?”
“Sì,” si guardò intorno, un po' perplessa. “Oh... l'ho lasciato sulla macchina di Jessica.”
Mi tolsi la giacca, sperando che non fosse rovinata dalla mia temperatura. Sarebbe stato più gradevole essere capace di offrirle un cappotto caldo. Lei mi fissò, le sue guance di nuovo accaldate. Cosa stava pensando adesso?
Le porsi la giacca da sopra il tavolo, e lei la indossò, rabbrividendo di nuovo.
Sì, sarebbe stato più gradevole se fosse stata calda.
“Grazie,” disse. Fece un respiro profondo, e poi spinse le maniche troppe lunghe per liberarsi le mani. Prese un altro respiro profondo.
La serata si stava finalmente aggiustando? Il suo colorito era buono; la sua pelle crema e rosa contro il blu scuro della sua maglietta.
“Quel blu dona molto alla tua carnagione,” mi complimentai. Rimanere soltanto onesto.
S'illuminò, aumentando l'effetto.
Sembrava star bene, ma non c'era verso di cambiare scelta. Spinsi il pane verso di lei.
“Davvero,” obiettò, indovinando il motivo. “Non sono in stato di shock.”
“Dovresti: una persona normale reagirebbe così. Non sembri neanche scossa.” La fissai con un sguardo di disapprovazione, pensando al perché non potesse essere normale e poi riflettendo se volevo che lo fosse.
“Vicino a te mi sento così sicura,” disse, i suoi occhi, ancora, pieni di fiducia. Fiducia che non meritavo.
I suoi istinti erano tutti sbagliati – al contrario. Era quello il problema. Non riconosceva il pericolo nel modo in cui sarebbe stato capace di fare un umano. Aveva le reazioni opposte. Invece di correre, lei indugiava, attirata da ciò che avrebbe dovuto spaventarla...
Come potevo proteggerla da me stesso quando nessuno dei due lo voleva?
“E' più complicato di quanto avessi immaginato,” mormorai.
Potevo vedere le mie parole vorticarle nella mente, e pensai a cosa ne avrebbe fatto. Prese un grissino e iniziò a mangiarlo senza interessarsene. Masticò per un momento, e poi piegò la testa da un lato pensierosa.
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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:15 am

“Di solito quando hai gli occhi così chiari sei di buon'umore,” disse con tono indifferente.
La sua osservazione, dichiarata così nel mezzo del discorso, mi fece annaspare. “Cosa?”
“Quando hai gli occhi neri sei sempre intrattabile, almeno così mi pare. Ho una teoria,” aggiunse con leggerezza.
Così aveva iniziato con le sue spiegazioni. Certo che l'aveva fatto. Avvertii un profondo senso di timore mentre pensavo a quanto si fosse avvicinata alla verità.
“Un'altra?”
“Già.” Masticò un altro boccone, completamente indifferente. Come se non stesse discutendo degli aspetti di un mostro con il mostro stesso.
“Spero che stavolta tu sia stata un po' più fantasiosa...” mentii quando non continuò. Speravo davvero che fosse sbagliata, lontana mille miglia dalla verità. “O hai preso ancora ispirazione dai fumetti?”
“Beh no, non ho copiato dai fumetti..” disse, un po' imbarazzata. “Ma non è neanche un'invenzione mia.”
“E...?” chiesi tra i denti.
Di sicuro non avrebbe parlato con così tanta calma se era sul punto di urlare.
Mentre esitava, mordendosi le labbra, la maȋtre riapparse con il piatto di Bella. Prestai poca attenzione mentre posava il piatto di fronte a Bella e poi chiedeva se volevo qualcosa.
Declinai, ma chiesi un'altra coca. La maȋtre non aveva notato i bicchieri vuoti. Li prese e se ne andò.
“Dicevi?” la sollecitai ansiosamente appena fummo di nuovo da soli.
“Ti dirò tutto in macchina,” disse a bassa voce. Ah, sarebbe stata una cattiva idea. Non voleva parlare delle sue supposizioni con altri attorno. “Se...” attaccò all'improvviso.
“Ci sono delle condizioni?” Ero così teso che quasi ringhiai le parole.
“Anch'io ho qualche domanda da farti, ovviamente.”
“Ovviamente,” acconsentii, il mio tono duro.
Le sue domande mi avrebbero detto abbastanza su dove i suoi pensieri si stavano dirigendo. Ma come potevo rispondere? Con bugie responsabili? O conducendola lontano dalla verità? O non avrei dovuto dire nulla, incapace di decidere?
Sedemmo in silenzio mentre la maȋtre riempiva fino all'orlo la sua bibita.
“Beh, vai avanti,” dissi quando se ne andò, la mascella stretta.
“Cosa sei venuto a fare a Port Angeles?”
Era una domanda facile, per lei. Non mi portava a nulla, mentre la mia risposta, se veritiera, l'avrebbe condotta molto lontano. Lascia che riveli prima lei qualcosa.
“La prossima,” dissi.
“Ma questa era la più facile!”
“La prossima,” dissi di nuovo.
Era frustrata dal mio rifiuto. Guardò lontano da me, giù verso il cibo. Lentamente, pensando intensamente, fece un morso e masticò con cautela. Bevve un altro sorso di coca, e poi infine mi guardò. I suoi occhi erano stretti nel sospetto.
“D'accordo,” disse. “Diciamo, per ipotesi, certo, che... qualcuno... sia capace di leggere la mente, i pensieri altrui, ecco... con qualche eccezione.”
Poteva essere peggio.
Questo spiegava il mezzo sorriso nella macchina. Era veloce, nessuno aveva mai indovinato. Eccetto per Carlisle, ed era stato oltremodo ovvio, all'inizio, quando rispondevo a tutti suoi pensieri come se li avesse pronunciati. Lo aveva capito prima di me...
La domanda non era tanto male. Nonostante diventasse chiaro che sapeva che c'era qualcosa di sbagliato in me, non era così seria come avrebbe potuto essere. La capacità di leggere il pensiero non era, dopo tutto, una sfaccettatura dei canoni dei vampiri. Avrei assecondato le sue ipotesi.
“Una sola eccezione,” la corressi. “Per pura ipotesi.”
Lottò per reprimere un sorriso, gradiva la mia vaga onestà. “Va bene, con una sola eccezione. Come funziona? Che limiti ci sono? Come può quel... qualcuno... trovare una persona nel posto e nel momento giusto? Come fa ad accorgersi che è in pericolo?”
“Per ipotesi?”
“Certo.” Le sue labbra si piegarono, e i suoi occhi castano liquido si entusiasmarono.
“Beh,” esitai. “Se... quel qualcuno...”
“Chiamiamolo Joe,” suggerì.
Dovevo sorridere al suo entusiasmo. Pensava davvero che la verità fosse una cosa buona? Se i miei segreti erano gradevoli, perché dovevo tenerli lontano da lei?
“Vada per Joe,” acconsentii. “Se Joe avesse fatto attenzione, non sarebbe stato necessario essere tanto tempestivi.” Scossi la testa e repressi un brivido al pensiero di quanto oggi ero stato vicino ad arrivare tardi. “Solo tu sei capace di cacciarti nei guai in una città così piccola. Sai, eri sul punto di rovinare un decennio intero di statistiche locali sulla criminalità.”
La sue labbra si piegarono in giù, e sbottò. “Stavamo parlando di una situazione ipotetica.”
Risi alla sua irritazione.
Le sue labbra, la sua pelle... Sembravano così soffici. Volevo toccarli. Volevo premere le mie dita contro l'angolo accigliato e sollevarlo. Impossibile. La mia pelle sarebbe stata troppo ripugnante per lei.
“Si, certo,” dissi, ritornando alla conversazione prima che potessi deprimermi ancora di più. “La chiamiamo Jane?”
Si sporse sul tavolo verso di me, tutto l'umorismo e l'irritazione spariti dai suoi occhi spalancati.
“Come facevi a saperlo?” chiese, la sua voce bassa e intensa.
Avrei dovuto dirle la verità? E, se così, quanta parte?
Volevo dirglielo. Volevo meritare la fiducia che potevo ancora vedere nel suo volto.
“Di me ti puoi fidare, già lo sai,” sussurrò, e poi allungò una mano come per toccare le mie dove stavano sul tavolo vuoto.
Le tolsi via, odiando il pensiero della sua reazione alla mia pelle di pietra ghiacciata, e abbassò la mano.
Sapevo che potevo fidarmi di lei per proteggere i miei segreti; era completamente degna di fiducia, buona nel cuore. Ma non potevo fidarmi che non ne sarebbe rimasta terrorizzata. Avrebbe dovuto essere terrorizzata. La verità era orribile.
“Non so se ormai mi resta altra scelta,” mormorai. Mi ricordai che l'avevo presa in giro una volta chiamandola 'straordinariamente distratta'. L'avevo offesa, se avevo giudicato correttamente la sua espressione. Beh, potevo aver diritto ad un'ingiustizia, almeno. “Mi sbagliavo, sei molto più leale di quanto ti avessi giudicata.” E, sebbene non avrebbe dovuto essersene resa conto, l'avevo giudicata molto meglio. Non si perdeva niente.
“Pensavo che avessi sempre ragione,” disse, sorridendo mentre mi prendeva in giro.
“Una volta era così.” Ero abituato a sapere cosa stavo facendo. Ero abituato ad essere sempre sicuro della mia rotta. E adesso tutto era nel caos e in tumulto.
Eppure non l'avrei scambiato. Non volevo la vita che non aveva senso. Non se il caos significava che potevo stare con Bella.
“Mi sbagliavo anche a proposito di un'altra cosa,” continuai, sottolineando un altro fatto. “Non sei una calamita che attira incidenti, è una classificazione troppo limitata. Tu attiri disgrazie. Se c'è qualcosa di pericoloso nel raggio di dieci chilometri, puoi scommettere che ti troverà.” Perché lei? Cosa aveva fatto per meritare questo?
Il viso di Bella tornò di nuovo serio. “Tu rientri nella categoria?”
L'onestà riguardo a questa domanda era molto più importante rispetto all altre.
“Senza alcun dubbio.”
I suoi occhi si ridussero leggermente a due fessure, non sospettose, ma stranamente concentrate. Allungò di nuovo la sua mano attraverso il tavolo, lentamente e cautamente. Allontanai la mia mano di un centimetro dalla sua, ma lei lo ignorò, determinata a toccarmi. Trattenni il respiro, non per il suo odore adesso, ma per l'improvvisa, confusa tensione. Paura. La mia pelle l'avrebbe disgustata. Sarebbe scappata via.
Toccò il dorso leggermente con la punta delle dita. Il calore del suo gentile, volontario tocco era qualcosa che non avevo mai sentito prima. Era quasi puro piacere.
Lo sarebbe stato, eccetto per la mia paura. Osservai il suo viso mentre sentiva il freddo ghiaccio della mia pelle, ancora incapace di respirare.
Un mezzo sorriso le piegò gli angoli delle labbra.
“Grazie,” disse, incontrando i miei occhi con un intenso sguardo. “Con questa sono due.”
Le sue soffici dita indugiarono sulla mia mano come se lo trovassero piacevole.
Risposi più casuale che potei. “Facciamo in modo che non ci sia un tre, d'accordo?”
Fece una smorfia, ma annuì.
Allontanai la mia mano dalle sue. Per quanto squisito era il suo tocco, non avevo intenzione che la magia della sua tolleranza passasse, trasformandosi in repulsione. Nascosi la mia mano sotto il tavolo.
Lessi i suoi occhi; sebbene la sua mente era silenziosa, potevo percepire la sincerità e i pensieri lì dentro. Mi resi conto in quel momento che volevo rispondere alle sue domande. Non perché glielo dovevo. Non perché volevo che si fidasse di me.
Volevo che lei mi conoscesse.
“ Ti ho seguita fino a Port Angeles,” le dissi, le parole uscirono troppo velocemente per poterle cambiare. Conoscevo il pericolo della verità, il rischio che stavo correndo. Ad ogni momento, la sua innaturale calma avrebbe potuto frantumarsi in isteria. Al contrario, il saperlo mi faceva parlare più veloce. “Non ho mai tentato di salvare la vita a una singola persona prima d'ora, ed è un'impresa molto più fastidiosa di quanto credessi. Ma probabilmente dipende anche da te. Le persone normali riescono a tornare a casa ogni sera senza scatenare tante catastrofi.”
La guardai, aspettando.
Lei sorrise. Le sue labbra piegate agli angoli, riscaldando i suoi occhi color cioccolato.
Avevo appena ammesso di averla pedinata, e lei stava sorridendo.
“Hai mai pensato che forse la mia ora doveva suonare già la prima volta, con l'incidente del furgoncino, e che tu hai di fatto interferito con il destino?” chiese.
“Quella non era la prima volta,” dissi, fissando in basso verso il tavolo marrone scuro, le mie spalle curvate dalla vergogna. Le mie barriere erano abbattute, la verità stava saltando libera incautamente. “La tua ora è suonata quando ti ho conosciuta.”
Era vero, e mi fece arrabbiare. Ero stato posizionato sopra la sua vita come la lama di una ghigliottina. Era come se fosse stata marchiata a morte da un qualche destino crudele e ingiusto – da quando ero stato provvisto di involontarie capacità – dallo stesso destino che continuava a cercare di giustiziarla. Avevo immaginato la personificazione del destino, un orrenda, gelosa strega, una arpia vendicatrice.
Volevo qualcosa, qualcuno, che fosse responsabile di questo, così che avrei potuto combattere concretamente contro qualcosa. Qualcosa, qualsiasi cosa da distruggere, così Bella sarebbe stata in salvo.
Bella era molto silenziosa; il suo respiro era accelerato.
La guardai, sapendo che infine avrei visto la paura che stavo aspettando. Non avevo appena ammesso che ero stato vicino dall'ucciderla? Più vicino del furgone che era arrivato a pochi centimetri da lei? Eppure il suo viso era ancora calmo, i suoi occhi ancora stretti solo di preoccupazione.
“Ti ricordi?” Doveva ricordarlo.
“Sì,” disse, la sua voce calma e seria. I suoi occhi profondi erano pieni di consapevolezza.
Sapeva. Sapeva che avevo desiderato ucciderla.
Dov'erano le urla?
“Eppure, eccoti qui seduta,” dissi, puntualizzando l'insita contraddizione.
“Sì, sono seduta qui... grazie a te.” La sua espressione cambiò, divenne curiosa, come se avesse sottilmente cambiato il soggetto. “Perché in qualche modo sapevi dove trovarmi oggi?”
Disperatamente, spinsi un'altra volta la barriera che proteggeva i suoi pensieri, disperato di capire. Non aveva nessun senso logico per me. Come poteva preoccuparsi del resto con quell'evidente verità sul tavolo?
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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:16 am

Aspettò, solo curiosa. La sua pelle era pallida, il che era naturale per lei, ma ancora mi preoccupava. La sua cena restava intatta davanti a lei. Se avessi continuato a dirle troppo, avrebbe avuto bisogno di un paraurti quando lo shock l'avrebbe consumata.
Pronunciai le mie condizioni. “Tu mangi, io parlo.”
Ci mise mezzo secondo a capire, e poi fece un morso con una velocità che celò la sua calma. Era molto più ansiosa per le mie risposte di quanto lasciassero credere i suoi occhi.
“È più difficile di come dovrebbe essere... non perdere le tue tracce.” Le dissi. “Di solito sono in grado di individuare le persone con molta facilità, mi basta sentire la loro mente una volta sola.”
Osservavo attentamente il suo volto mentre parlavo. Indovinare era una cosa, avere la conferma un'altra.
Era immobile, i suoi occhi spalancati. Sentii i miei denti stringersi mentre aspettavo che entrasse nel panico.
Ma lei ammiccò una volta, inghiottì rumorosamente, e poi raccolse veloce un altro boccone. Voleva che continuassi.
“Tenevo d'occhio Jessica distrattamente,” continuai, osservando come prendesse ogni parola. “Come ti ho detto, solo tu riesci a metterti nei guai a Port Angeles,” non riuscii a resistere ad aggiungerlo. Si era resa conto che gli altri umani non erano così afflitti da esperienze quasi mortali, o pensava di essere normale? Era la cosa più lontana dalla normalità che avessi mai incontrato. “E all'inizio non mi sono accorto che avevi proseguito da sola. Poi, quando ho capito che non eri più con lei, sono venuto a cercarti nella libreria che ho visto nei suoi pensieri. Ho intuito che non c'eri entrata, che ti eri diretta a sud... E sapevo che prima o poi avresti dovuto tornare indietro. Perciò ti stavo aspettando, cercandoti qui e là tra i pensieri dei passanti, nel caso che qualcuno ti avesse incrociata. Non c'era motivo di preoccuparmi... ma sentivo una strana ansia...” Il mio respiro accelerò mentre ricordavo la sensazione di panico. Il suo odore infiammò la mia gola e ne fui lieto. Un dolore che significava che era in vita. Finché bruciava, lei era salva.
“A quel punto ho iniziato a girare in tondo, restando... in ascolto.” Sperai che le parole avessero senso per lei. Questo doveva essere confusionario. “Fortunatamente il sole stava tramontando, così avrei potuto scendere dall'auto e seguirti a piedi. E poi...”
Mentre mi facevo trascinare dal ricordo, perfettamente chiaro e vivido come quel momento, sentii la stessa furia omicida attraversarmi il corpo, bloccandosi al ghiaccio.
Lo volevo morto. Avevo bisogno di averlo morto. Strinsi la mascella mentre concentravo per trattenermi al tavolo. Bella aveva bisogno di me. Era questo che importava.
“Poi cosa?” sussurrò, i suoi occhi scuri spalancati.
“Ho sentito cosa stavano pensando,” dissi attraverso i denti, incapace di trattenere le parole che stavano uscendo come un ringhio. “Ho visto il tuo volto nei loro pensieri.”
Riuscii con difficoltà a resistere all'impulso di uccidere. Sapevo ancora dove trovarlo di preciso. I suoi pensieri oscuri succhiavano il cielo notturno, spingendomi verso di lui...
Mi coprii il viso, sapendo che la mia espressione era quella di un mostro, un cacciatore, un assassino. Fissai la sua immagine dietro i miei occhi chiusi per controllarmi, focalizzandomi sul suo volto. La delicata struttura delle sue ossa, il sottile rivestimento della sua pallida pelle, come seta distesa sul vetro, incredibilmente soffice e facile da distruggere. Era troppo vulnerabile per questo mondo. Aveva bisogno di un protettore. E, per qualche strano caso del destino, ero la cosa più vicina a disposizione.
Cercai di spiegare la mia reazione violenta così che avrebbe capito.
“E' stato molto... difficile, tu non puoi immaginare quanto, limitarmi a portare via te e risparmiare loro... la vita,” sussurrai. “Avrei potuto lasciarti rientrare con Jessica e Angela, ma temevo che se fossi rimasto solo sarei tornato a cercarli.”
Per la seconda volta quella sera, avevo confessato un intenzionale omicidio. Almeno questa volta era difendibile.
Rimase in silenzio mentre lottavo per controllarmi. Le ascoltai il battito del cuore. Il ritmo era irregolare, ma rallentava mentre passava il tempo fino a che non fu di nuovo costante. Anche il suo respiro era basso e regolare.
Ero troppo vicino al limite. Avevo bisogno di accompagnarla a casa prima...
L'avrei ucciso, allora? Sarei diventato di nuovo un assassino quando lei si fidava di me? C'era un modo per fermarmi?
Mi aveva promesso che mi avrebbe spiegato l'ultima teoria quando saremmo stati soli. Volevo ascoltarla? Ero ansioso, ma la ricompensa per la mia curiosità sarebbe stato peggio di non sapere?
Ad ogni modo, aveva avuto abbastanza verità per una sola sera.
La guardai ancora, e il suo viso era più pallido di prima, ma calmo.
“Sei pronta per tornare a casa?” chiesi.
“Sono pronta per andare via di qui,” disse, scegliendo attentamente le parole, come se un semplice 'sì' non potesse esprimere quello che voleva dire.
Frustrante.
La maȋtre ritornò. Aveva sentito l'ultima affermazione di Bella mentre si agitava dietro l'altra parte del séparé, pensando a cosa altro avrebbe potuto offrirmi. Volevo alzare gli occhi al cielo per le cose che aveva in mente di offrire.
“Come andiamo?” mi chiese.
“Siamo pronti per il conto, grazie,” le dissi, i miei occhi su Bella.
Il respiro della maȋtre inchiodò e fu momentaneamente, per usare la frase di Bella, abbagliata dalla mia voce.
In un improvviso momento di intuizione, sentendo il modo in cui la mia voce suonava nelle menti incoerenti degli umani, mi resi conto del perché sembravo attrarre molta più ammirazione questa sera, non danneggiata dalla solita paura.
Era a causa di Bella. Cercando di metterla al sicuro, di essere meno spaventoso, di essere umano, avevo davvero perso il mio vantaggio. Adesso gli altri umani vedevano soltanto la mia bellezza, con il mio innato orrore così attentamente sotto controllo.
Guardi verso la maȋtre, aspettando che si riprendesse. Era quasi divertente, adesso che avevo capito la ragione.
“C-certo,” balbettò lei. “Ecco qui.”
Mi porse la cartellina con il conto, pensando alla carta che aveva fatto scivolare dietro la ricevuta. Un biglietto con il suo nome e il numero di telefono.
Sì, era piuttosto divertente.
Avevo già i soldi pronti. Le ritornai la cartellina, così non avrebbe sprecato tempo ad aspettare una chiamata che non sarebbe mai arrivata.
“Niente resto,” le dissi, sperando che la quantità della mancia alleviasse la sua delusione.
Rimasi in piedi, e Bella velocemente si alzò. Volevo offrirle la mia mano, ma pensai che avrei spinto un po' troppo la mia fortuna di una sera. Ringraziai la maȋtre, i miei occhi non lasciarono mai il viso di Bella. Anche lei sembrava trovarlo divertente.
Andammo verso l'uscita; camminavo accanto a lei per quanto mi potevo permettere. Abbastanza vicino che il calore del suo corpo ero come un tocco fisico contro il lato sinistro del mio. Le tenni la porta aperta, lei sospirò silenziosa, e pensai a quale dispiacere potesse renderla triste. Fissai i suoi occhi, sul punto di chiedere, quando lei improvvisamente guardò a terra, sembrando imbarazzata. M'incuriosì, anche se mi rese riluttante a chiedere. Il silenzio tra di noi continuò mentre le aprivo la portiera e poi entravo in macchina.
Accesi il riscaldamento, la temperatura più calda era improvvisamente terminata; la macchina fredda doveva metterla a disagio. Si rannicchiò nella mia giacca, un leggero sorriso sulle sue labbra.
Aspettai, posticipando la conversazione fino a che le luci del marciapiede svanirono. Mi faceva sentire un po' meglio essere da solo con lei.
Qual era la cosa giusta da fare? Adesso che mi stavo concentrando su di lei, la macchina sembrò molto piccola. Il suo odore vorticava attraverso la corrente del riscaldamento, modellandosi e rafforzandosi. Crebbe con molta più forza, come un'altra entità nella macchina. Una presenza che chiedeva un riconoscimento.
Lo ebbe; bruciai. L'incendio era accettabile, comunque. Mi sembrò stranamente appropriato. Avevo avuto troppo questa sera, più di quanto mi ero aspettato. E lei era qui, volontariamente al mio fianco. Le dovevo qualcosa in cambio. Un sacrificio. Un offerta di fuoco.
Se avessi potuto mantenere solo quello; solo bruciore e nient'altro. Ma il veleno mi riempì la bocca, e i miei muscoli si tesero in attesa, come se stessi cacciando...
Dovevo tenere certi pensieri lontani dalla mia mente. E sapevo cosa mi avrebbe distratto.
“Adesso,” le dissi, la paura della risposta si avvantaggiò sul bruciore. “E' il tuo turno.”
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midnight sun - Pagina 2 Empty 10) teoria continuo...

Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:17 am

10. Teoria

“Posso farti un’ultima domanda?” mi supplicò invece di rispondere alla mia.
Ero al limite, impaziente del peggio. E anche, come allettato di prolungare quel momento. Di avere Bella vicino a me, volentieri, per ancora un po’ di secondi. Sospirai al dilemma, e dissi, “Una.”
“Beh...,” esitò per un momento, come per decidere a quale richiesta dar voce. “Hai detto di avere intuito che mi ero diretta a sud, anziché entrare in libreria. Mi chiedevo soltanto come avessi fatto.”
Guardai fuori dal parabrezza. Ecco un’altra domanda che non rivelava niente dalla sua parte, e troppo dalla mia.
“Pensavo che avessimo abolito gli atteggiamenti evasivi,” disse, il suo tono critico e deluso.
Che ironia. Lei era incessantemente evasiva, senza neanche provarci.
Bene, voleva che fossi diretto. E questa conversazione non stava andando verso nulla di buono, in ogni caso.
“D’accordo,” dissi. “Ho seguito il tuo odore.”
Volevo guardarla in faccia, ma avevo paura di quello che avrei visto. Invece, ascoltai il suo respiro che accelerava e quindi si stabilizzava. Dopo un momento parlò ancora, la sua voce era più ferma di quanto mi aspettassi.
“Inoltre, non hai ancora risposto ad una delle mie prime domande...” disse.
Guardai in basso verso di lei, aggrottando le sopracciglia. Stava prendendo tempo, anche lei.
“Quale?”
“Come funziona – la faccenda della lettura del pensiero?” chiese, rinnovando la domanda del ristorante. “Riesci a leggere la mente di chiunque, ovunque? Come fai? Anche i tuoi fratelli...?” Lasciò cadere la frase, arrossendo di nuovo.
“Una domanda sola, hai detto,” dissi.
Lei si limitò a fissarmi, aspettando la sua risposta.
E perché non dirglielo? Aveva già intuito molto, ed era un argomento più facile di quello che si prospettava.
“No, è una dote soltanto mia. E non riesco a sentire tutti, ovunque. Devo essere piuttosto vicino alle persone che leggo. Ma più familiare è una 'voce', maggiore è la distanza a cui l’avverto. Mai più di qualche chilometro, comunque.” Provavo a pensare a una maniera per descriverlo così che avrebbe capito. Un’analogia a cui anche lei potesse riferirsi. “È un po’ come essere in una grande sala piena di persone che parlano contemporaneamente. Una specie di rumore di fondo, il ronzio confuso delle voci. Finché non mi concentro su una voce sola e la metto a fuoco: allora sento cosa sta pensando. Il più delle volte semplicemente ignoro, escludo tutto: rischia di distrarmi troppo. Così poi è più facile sembrare normale,” feci una smorfia “ed evitare di rispondere per sbaglio ai pensieri delle persone, anziché alle loro parole.”
“Secondo te, perché non riesci a sentirmi?” mi domandò.
Di nuovo, le diedi la verità ed un’altra analogia.
“Non lo so,” ammisi. “Il mio sospetto è che la tua mente funzioni in modo diverso da tutte le altre. Come se i tuoi pensieri trasmettessero in AM e io ricevessi solo in FM.”
Capii che non sarebbe piaciuta questa analogia. L’anticipazione della sua reazione mi fece sorridere. Non mi deluse.
“La mia mente non funziona come dovrebbe?” chiese, la sua voce crebbe con il dispiacere. “Sono una specie di mostro?”
Ah, l’ironia di nuovo.
“Io sento voci nella mia testa, e tu temi di essere il mostro?” Risi. Aveva capito tutte le piccole cose, eppure sulla più grossa era tornata indietro. Sempre gli istinti sbagliati...
Bella si stava mordicchiando le labbra, e l’increspatura fra i suoi occhi era profondamente incisa.
“Stai tranquilla,” la rassicurai. “È solo una teoria...” E c’era una teoria più importante da discutere. Ero ansioso di farla finita. Ogni secondo che passava stava iniziando a presentarsi come se fosse stato preso in prestito.
“Il che ci riporta a te,” dissi, diviso in due, ansioso e riluttante allo stesso tempo.
Lei sospirò, continuando a mordicchiarsi le labbra – mi preoccupavo che si potesse ferire. Mi fissò negli occhi, il suo viso inquieto.
“Abbiamo abolito le risposte evasive, no?” chiesi tranquillo.
Abbassò lo sguardo, lottando con qualche dilemma interiore. All’improvviso si irrigidì e i suoi occhi si spalancarono. La paura apparve sul suo viso per la prima volta.
“Santo cielo!” boccheggiò.
Andai nel panico. Cosa aveva visto? Come l’avevo spaventata?
Quindi lei urlò, “Rallenta!”
“Cosa c’è?” Non capivo da dove venisse il suo terrore.
“Stai andando a centosessanta!” gridò. Gettò un’occhiata dal finestrino, e indietreggiò alla vista degli alberi neri che sfrecciavano dietro di noi.
Questa piccola cosa, solo un po’ di velocità, l’aveva fatta urlare di terrore?
Alzai gli occhi al cielo. “Rilassati, Bella.”
“Stai cercando di ucciderci?” domandò con la voce alta e tesa.
“Non usciremo di strada,”le promisi.
Inspirò profondamente, e quindi parlò in un tono leggermente più calmo. “Perché tutta questa fretta?”
“Guido sempre così.”
Incontrai il suo sguardo, divertito dalla sua espressione traumatizzata.
“Guarda avanti!” strillò.
“Non ho mai fatto incidenti, Bella. Non ho mai preso neanche una multa.” Ridacchiai e mi toccai la fronte. Era anche più comico, l’assurdità di essere in grado di scherzare con lei su qualcosa di così segreto e strano. “Segnalatore radar incorporato.”
“Divertente,” disse sarcastica, più impaurita che arrabbiata.
“Charlie è un poliziotto, ricordi? Da piccola mi è stato insegnato a rispettare il codice della strada. Inoltre, se ci trasformi in una ciambella di Volvo arrotolata a un albero, l’unico in grado di uscirne senza un graffio sei tu.”
“Probabile,” ripetei, e poi risi senza divertimento. Sì, ce la saremmo passata abbastanza diversamente in caso di incidente stradale. Aveva ragione ad aver paura, malgrado le mie abilità di guidatore...
Con un sospiro, lasciai che la macchina si trascinasse muovendosi appena. “Contenta?”
Adocchiò il tachimetro. “Quasi.”
Era ancora troppo veloce per lei? “Odio andare piano,” bofonchiai, ma lasciando che la lancetta scivolasse giù ancora una tacca.
“Così è piano?” chiese.
“Fine dei commenti sulla mia guida,” dissi impaziente. Quante volte ancora avrebbe raggirato le mie domande? Tre volte? Quattro? Le sue congetture erano così terrificanti?
Dovevo saperlo – immediatamente. “Sto ancora aspettando la tua ultima teoria.”
Si morse ancora le labbra, e la sua espressione divenne agitata, quasi addolorata.
Dominai la mia impazienza e addolcii la mia voce. Non volevo che si angosciasse.
“Non riderò, lo prometto,” la rassicurai, desiderando che fosse solo l’imbarazzo che la facesse sentire riluttante a parlare.
“In realtà temo piuttosto che ti arrabbierai con me,” sussurrò.
Mi sforzai di mantenere la voce calma. “È una teoria così brutta?”
“Abbastanza, sì.”
Guardava in basso, rifiutandosi di incontrare i miei occhi. I secondi passavano.
“Prosegui,” la incoraggiai.
La sua voce era tenue. “Non so da dove cominciare.”
“Perché non cominci dall’inizio?” Le ricordai le sue parole prima di mangiare. “Hai detto che questa teoria non è tutta farina del tuo sacco.”
“No,” convenne, e quindi ancora silenzio.
Pensai alle cose che avrebbero potuto ispirarla. “A cosa ti sei ispirata? Un libro? Un film?”
Avrei dovuto guardare le sue raccolte quando era fuori casa. Non avevo idea se Bram Stoker o Anne Rice fossero nella pila dei suoi libri consumati...
“No, “disse ancora. “È stato sabato, alla spiaggia.”
Non me lo aspettavo. Le dicerie locali su di noi non si erano mai disperse in qualcosa di troppo bizzarro – o di troppo preciso. C’era un nuovo pettegolezzo che mi ero perso? Bella sbirciò furtivamente alzando lo sguardo dalle sue mani e vide la sorpresa sul mio volto.
“Ho incontrato per caso un vecchio amico di famiglia, Jacob Black,” continuò. “Suo padre e Charlie si frequentano da quando io ero bambina.”
Jacob Black, il nome non mi era famigliare, eppure mi ricordava qualcosa...di tempo fa, parecchio indietro...Fissai fuori dal finestrino, saltando attraverso i ricordi per trovare la connessione.
“Suo padre è un anziano dei Quileute,” disse.
Jacob Black. Ephraim Black. Un discendente, senza dubbio.
Era peggio di come pensavo.
Sapeva la verità.
La mia mente volava attraverso le conseguenze di questo mentre la macchina scivolava fra le scure curve della strada, il mio corpo rigido e angosciato, immobile eccetto per la piccola, automatica azione di sterzare la macchina.
Sapeva la verità.
Ma...se aveva appreso la verità sabato...l’aveva saputa per tutta la serata...eppure...
“Abbiamo fatto una passeggiata,” continuò. “E lui mi ha raccontato vecchie leggende locali, probabilmente per spaventarmi. Me ne ha raccontata una...”
Si interruppe di colpo, ma non c’era bisogno che avesse rimorsi ora; sapevo cosa stava per dire. Il solo mistero che rimaneva era perché fosse ancora qui con me.
“Continua,” dissi.
“...che parla di vampiri,” alitò, le parole meno di un sussurro.
In qualche modo, era persino peggio che sapere che lei sapeva, sentirla dire quelle parole ad alta voce. Mi ritrassi a quel suono, e poi cercai di controllarmi.
“E hai pensato immediatamente a me?” chiesi.
“No. Lui...ha citato la tua famiglia.”
Era ironico che fosse stata la progenie di Ephraim a violare il patto che lui stesso aveva giurato di difendere. Un nipote, o forse un pronipote. Quanti anni fa era stato? Settanta?
Avrei dovuto capire che non sarebbe stato il vecchio uomo che credeva nelle leggende ad essere pericoloso. Naturalmente, la nuova generazione – quella che avrebbe dovuto essere stata avvertita, ma avrebbe deriso le antiche superstizioni – ovviamente era lì dove il pericolo di possibili rivelazioni si sarebbe annidato.
Supposi che questo significava che ero libero di massacrare quella piccola, tribù indifesa sulla costa, cosa alla quale ero parecchio propenso. Ephraim e quel suo branco di protettori erano morti da tempo...
“Secondo lui era solo una sciocca superstizione,” disse Bella improvvisamente, la sua voce ansiosa. “Non pensava che ci avrei ricamato sopra.”
Con la coda dell’occhio, la vidi torcersi le mani a disagio.
“È stata colpa mia,” disse dopo una breve pausa, poi ciondolò la testa di lato come se fosse umiliata. “L’ho costretto a raccontarmele.”
“Perché?” Ora non era così difficile mantenere la mia voce regolare. Il peggio era già passato. Per tutto il tempo durante il quale avremmo parlato dei dettagli della rivelazione, non avremmo dovuto pensare alle sue conseguenze.
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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:18 am

“Lauren ha fatto il tuo nome – così per provocarmi.” Fece una smorfia al ricordo. Ero leggermente distratto, chiedendomi perché Bella sarebbe stata provocata da qualcuno che parlava di me... “E un ragazzo più grande, della tribù, le ha risposto che la tua famiglia non entra nella riserva, ma il suo tono evidentemente nascondeva qualcosa. Perciò sono rimasta sola con Jacob e gliel’ho estorto con l’inganno.”
Il suo capo si abbassò mentre lo ammetteva, e la sua espressione sembrava...colpevole.
Distolsi lo sguardo da lei e iniziai a ridere. Lei si sentiva colpevole? Cosa poteva aver fatto per meritarsi una condanna di qualsiasi tipo?
“Con l’inganno? E come?” chiesi.
“Ho fatto la smorfiosa con lui – e ha funzionato meglio di quanto io stessa pensassi,” spiegò lei, e la sua voce si fece incredula alla memoria di quel successo.
Potevo solo immaginare – considerando l’attrazione che sembrava scatenare in tutti i maschi, totalmente inconsapevole di questo – come sarebbe risultata irresistibile quando provava a essere attraente. All’improvviso mi sentii pieno di compassione per quell’ignaro ragazzo sul quale lei aveva scatenato una forza di tale potenza.
“Mi sarebbe piaciuto assistere,” dissi, e risi di nuovo con macabro umorismo. Desiderai di aver potuto sentire la reazione del ragazzo, tradito dalla mia devastazione.
“E poi mi accusi di fare colpo sulle persone – povero Jacob Black.”
Non ero così arrabbiato con la causa della mia esposizione come mi aspettavo di sentirmi. Non poteva sapere. E come potevo aspettarmi che chiunque negasse a questa ragazza ciò che voleva? No, provavo solo compassione per il danno che doveva aver fatto lei alla pace mentale di lui.
Sentii il suo rossore vergognoso ardere nell’aria fra noi. Le lanciai uno sguardo, stava fissando fuori dal finestrino. Era di nuovo silenziosa.
“E allora cosa hai fatto?” la sollecitai. Era tempo di ritornare alla storia dell’orrore.
“Una breve ricerca su Internet.”
Molto utile. “E hai trovato conferma ai tuoi dubbi?”
“No,” disse. “Non mi quadrava niente. Più che altro si trattava di stupidaggini. E poi – ”
Si interruppe di nuovo, e sentii i suoi denti serrarsi.
“Poi cosa?” domandai. Cosa aveva scoperto? Cosa aveva dato senso a questo incubo?
Ci fu una breve pausa, e quindi sussurrò, “Ho deciso che non mi importa.”
Lo shock gelò i miei pensieri per mezzo secondo, e poi tutto mi fu chiaro. Perché stanotte aveva lasciato che le sue amiche se ne andassero piuttosto che scappare con loro. Perché era venuta in macchina con me anziché fuggire, strillando verso la polizia...
Le sue reazioni erano sempre sbagliate, sempre completamente sbagliate. Attirava il pericolo verso di lei. Lo invitava.
“Non ti importa?” dissi attraverso i denti, colmo di rabbia. Come potevo pensare di poter proteggere qualcuno di così...così...così determinato a non farsi proteggere?
“No,” disse con voce debole, ma inspiegabilmente delicata. “Non mi importa cosa sei.”
Era impossibile.
“Non t’importa se sono un mostro? Se non sono umano?”
“No.”
Inizia a domandarmi se fosse davvero sana di mente.
Pensai che avrei potuto predisporre per lei le migliori cure a disposizione...Carlisle aveva tutti i contatti per trovarle i medici più esperti, e terapisti con più talento. Forse poteva essere fatto qualcosa per aggiustare qualsiasi cosa non andasse in lei, qualsiasi cosa la facesse sentire felice di stare seduta accanto a un vampiro con il cuore che batteva calmo e fermo. Avrei sorvegliato il procedimento, naturalmente, visitandola per quanto mi fosse stato permesso...
“Ti ho fatto arrabbiare,” sospirò. “Non avrei dovuto aprire bocca.”
Come se nascondendo queste sue tendenze allarmanti avesse aiutato qualcuno.
“No. Preferisco sapere cosa pensi – anche se ciò che pensi è assurdo.”
“Quindi mi sto sbagliando di nuovo?” chiese, un po’ combattiva.
“Non intendevo questo!” Serrai ancora i denti. “‘ Non m’importa!’” ripetei aspro.
Lei boccheggiò. “È così allora?”
“T’interessa?” ribattei.
Prese un profondo respiro. Furioso, attendevo la sua risposta.
“Non proprio,” disse, la sua voce di nuovo composta. “Ma sono curiosa.”
Non proprio. Non le importava davvero. Non le interessava. Sapeva che non ero umano, che ero un mostro, e questo non le interessava.
Mettendo da parte le mie preoccupazioni riguardo la sua sanità mentale, iniziai a sentire che la speranza dentro me cresceva. Cercai di schiacciarla.
“Cosa vuoi sapere” le chiesi. Non rimanevano segreti, solo pochi dettagli.
“Quanti anni hai?” chiese.
La mia risposta fu automatica e ingranata. “Diciassette.”
“E da quanto tempo hai diciassette anni?”
Cercai di non sorridere al suo tono da avvocato. “Da un po’,” ammisi.
“D’accordo,” disse, improvvisamente entusiasta. Mi sorrise. Quando le restituii lo sguardo, ancora ansioso per la sua sanità mentale, il suo sorriso si fece più ampio. Feci una smorfia.
“Non ridere se te lo chiedo, ma...,” mi avvertì. “Come fai ad uscire di casa quando è giorno?”
Mi misi a ridere malgrado la sua richiesta. Le sue ricerche non le avevano fatto guadagnare nulla di insolito, a quanto pareva. “Leggenda,”le risposi.
“Non ti sciogli al sole?”
“Leggenda.”
“Dormi dentro una bara?”
“Leggenda.”
Dormire non faceva parte della mia vita da così tanto tempo, fino a queste ultime notti, mentre avevo guardato Bella sognare...
“Io non dormo,” mormorai, rispondendo alla sua domanda con più precisione.
Per un momento rimase in silenzio.
“Mai?” chiese.
“Mai,” confermai, con un filo di voce.
La guardai negli occhi, spalancati sotto la folta cornice di ciglia, e desiderai poter dormire.
Non per l’oblio, come avevo già fatto prima, non per sfuggire alla monotonia, ma perché volevo sognare.
Forse, se avessi potuto trovarmi in uno stato di incoscienza, se avessi potuto sognare, avrei potuto vivere per qualche ora in un mondo dove io e lei avremmo potuto stare insieme. Lei mi sognava. Io avrei voluto sognarla.
Lei mi restituì lo sguardo, la sua espressione piena di domande. Dovetti distogliere lo sguardo.
Non potevo sognarla. Lei non avrebbe dovuto sognare me.
“Non mi hai ancora fatto la domanda più importante,” le dissi, il mio petto muto più freddo e duro che mai. Doveva sforzarsi di capire. Ad un certo punto, avrebbe dovuto capire cosa stesse facendo. Doveva rendersi conto che tutto questo importava, più di ogni altra considerazione. Considerazioni come il fatto che io l’amavo.
“Quale sarebbe?” chiese, sorpresa e ignara.
Questo non fece altro che far indurire la mia voce. “Non sei preoccupata della mia dieta?”
“Ah...quella.” Parlò con un tono calmo, che non potei interpretare.
“Sì, quella. Non sei curiosa di sapere se mi nutro di sangue?”
Indietreggiò lontana alla mia domanda. Finalmente. Stava capendo.
“Beh, Jacob mi ha detto qualcosa,”disse.
“Cosa ti ha detto?”
“Ha detto che voi non...andate a caccia di umani. Ha detto che la tua famiglia non è considerata pericolosa , perché vi cibate solo di animali.”
“Ha detto che non siamo pericolosi?” ripetei scettico.
“Non esattamente,” chiarì. “Ha detto che non vi ritengono pericolosi. Ma che per non correre rischi, i Quileutes ancora oggi non vi vogliono nel loro territorio.”
Fissavo la strada, i mie pensieri un groviglio disperato, la mia gola dolente per la sete familiare e ardente.
“Ha detto la verità?” chiese, tranquilla come se stesse confermando un annuncio riguardante il tempo.
“I Quileutes hanno una buona memoria.”
Annuì a se stessa, pensando intensamente.
“Non fidarti troppo però,” dissi velocemente. “Fanno bene a mantenere le distanze. Siamo ancora pericolosi.”
“Non capisco.”
No, non capiva. Come mostrarglielo?
“Ci proviamo,” dichiarai. “Di solito riusciamo molto bene in ciò che facciamo. Ogni tanto compiamo qualche errore. Io, per esempio, non dovrei restare solo con te.”
Il suo odore era ancora forte nell’abitacolo della macchina. Mi stavo gradualmente abituando, potevo almeno ignorarlo, ma non c’era parte del mio corpo che bramasse avvicinasi a lei per le ragioni sbagliate. La mia bocca era inondata di veleno.
“Questo è un errore?” chiese, c’era del tormento nella sua voce. Quel suono mi disarmò. Voleva stare con me, a dispetto di ogni cosa, voleva stare con me.
La speranza si gonfiò di nuovo, ma la spinsi indietro.
“Un errore molto pericoloso,” le dissi obiettivo, come se la verità potesse veramente fare cessare tutti i problemi.
Per un momento non rispose. Sentii il suo respiro cambiare, sobbalzava in modi strani che non sembravano dovuti alla paura.
“Vai avanti,” disse inaspettatamente, la sua voce distorta dall’angoscia.
La esaminai attentamente.
Era nel panico. Come avevo potuto permetterlo?
“Cos’altro vuoi sapere?” chiesi, provando a pensare a un modo per evitare di ferirla. Non doveva rimanere ferita. Non potevo permettere che si facesse del male.
“Dimmi perché vai a caccia di animali, anziché di essere umani,” disse, ancora addolorata.
Non era ovvio? O forse nemmeno questo le interessava.
“Non voglio essere un mostro,” mormorai.
“Ma gli animali non ti bastano?”
Mi misi alla ricerca di un altro paragone, a una maniera per farle capire. “Non ho verificato, ovviamente, ma immagino che sia come una dieta a base solo di tofu e latte di soia. Per scherzare ci definiamo “vegetariani”. Gli animali non placano del tutto la fame, o meglio, la sete. Ma riusciamo a mantenerci in forze. Il più delle volte.” La mia voce si abbassò; ero pieno di vergogna per averle permesso di mettersi in un tale pericolo. Un pericolo che continuavo a concedere...
“Talvolta è davvero difficile.”
“Anche in questo momento?”
Sospirai. Era ovvio che avrebbe chiesto la domanda alla quale non avrei voluto rispondere. “Sì,” ammisi.
Questa volta prevedei la sua reazione fisica correttamente: il suo respiro si mantenne regolare, e il suo cuore pulsava normalmente. Me lo aspettavo, ma non lo capii. Come poteva non essere terrorizzata?
“Però adesso non hai fame,” dichiarò, perfettamente sicura di se stessa.
“Cosa te lo fa pensare?”
“I tuoi occhi,”disse, il suo tono spontaneo. “Ho una teoria, te l’ho detto. Ho notato che le persone – soprattutto gli uomini – diventano indisponenti quando hanno fame.”
Ridacchiai alla sua descrizione: indisponente. Era un attenuante. Ma aveva assolutamente ragione, come suo solito. “Sei una brava osservatrice, eh?” Risi ancora.
Sorrise un poco, e la crepa fra i suoi occhi tornò come se si stesse concentrando su qualcosa.
“Lo scorso weekend sei andato a caccia con Emmett?”chiese dopo che la mia risata si fu dissolta. La maniera disinvolta in cui parlava era tanto affascinante quanto frustrante. Poteva accettare davvero così tanto in così poco tempo? Ero più vicino io allo shock di quanto non lo sembrasse lei.
“Sì,” le dissi, e poi, mentre stavo per lasciare la risposta così com’era, fui colto dalla stessa urgenza che avevo avvertito nel ristorante: volevo che lei mi conoscesse. “Non avrei voluto andare via,” continuai lentamente, “ma ne avevo bisogno. È più facile starti vicino quando non ho sete.”
“Perché non volevi andarci?”
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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:18 am

Presi un respiro profondo, e mi girai per incontrare il suo sguardo. Questo tipo di onestà era difficile in un modo differente.
“Starti lontano...mi rende...ansioso,” immaginai che quelle parole sarebbero bastate, sebbene non fossero forti abbastanza, “Non scherzavo, quando ti ho chiesto di badare a non cadere nell’oceano o a non farti investire, giovedì. Per tutto il fine settimana sono rimasto in pensiero. E dopo stasera, mi sorprende che tu sia sopravvissuta al weekend senza farti un graffio.” Poi mi ricordai dei graffi sui palmi delle sue mani. “Beh, non proprio,” mi corressi.
“Cosa?”
“Le tue mani,” le ricordai.
Sospirò e fece una smorfia. “Sono caduta.”
Avevo indovinato. “Lo immaginavo,” dissi, incapace di trattenere un sorriso. “È anche vero che, per i tuoi standard, avrebbe potuto andare peggio, ed è proprio questo che mi ha tormentato, mentre ero lontano da te. Sono stati tre giorni molto lunghi. Ho rischiato di fare saltare i nervi ad Emmett.” Onestamente, non apparteneva del tutto al passato. Probabilmente, stavo tuttora irritando Emmett, e anche tutto il resto della famiglia. Tranne Alice...
“Tre giorni?”chiese, la sua voce si fece improvvisamente acuta. “Non siete tornati oggi?”
Non capivo l’asprezza nella sua voce. “No, siamo a casa da domenica.”
“Ma allora perché nessuno di voi è venuto a scuola?” domandò. La sua irritazione mi confuse. Non sembrava capire che la sua domanda era una di quelle che si collegavano alla mitologia.
“Beh, mi hai chiesto se il sole mi fa male e ti ho risposto di no,” dissi. “Però non posso espormi alla sua luce...perlomeno, non in pubblico.”
Questo la distrasse dalla sua misteriosa irritazione. “Perché?” chiese, piegando la testa di lato.
Dubitavo di poter trovare un esempio appropriato per poterle spiegare. Così le dissi semplicemente, “Un giorni ti farò vedere, te lo prometto.” E dopo mi chiesi se era una promessa che alla fine avrei infranto. L’avrei vista ancora, dopo stanotte? L’amavo abbastanza da essere in grado di sopportare di lasciarla?
“Potevi chiamarmi,”disse.
Che conclusione strana. “Ma sapevo che eri sana e salva.”
“Io invece non sapevo dove fossi tu. Io...” Si interruppe bruscamente, e si guardò le mani.
“Cosa?”
“Non mi ha fatto piacere,” disse timidamente, la pelle sulle sue guance bruciava. “non vederti. Anche a me viene l’ansia.”
Sei felice ora? Domandai a me stesso. Beh, ecco il premio per aver sperato.
Ero sconcertato, esaltato, inorridito – per la maggior parte inorridito – per aver realizzato che le mie folli fantasie non erano così lontane dal fare centro. Ecco perché non le importava che io fossi un mostro. Era esattamente la stessa ragione per la quale non mi ero curato a lungo delle regole.
Perché giusto e sbagliato non erano più influenze determinanti. Perché tutte le mie priorità erano cambiate, slittando di un anello verso il basso per fare spazio in cima a questa ragazza.
Bella mi era cara, troppo.
Sapevo che poteva non essere nulla paragonato al modo in cui l’amavo. Ma per lei era abbastanza rischiare la vita per stare qui, seduta al mio fianco. Lo faceva con piacere.
Abbastanza per causarne il suo dolore se io avessi fatto la cosa giusta e l’avessi lasciata.
C’era qualcosa che potevo fare che non l’avrebbe ferita? Proprio nulla?
Avrei dovuto starmene lontano. Non sarei mai dovuto tornare a Forks. Non le avrei causato nient'altro che dolore.
Questo mi avrebbe fermato dal restare accanto a lei adesso? Dal peggiorare la situazione?
Il modo in cui mi sentivo ora, avvertendo il suo calore sulla mia pelle...
No. Niente mi avrebbe fermato.
“Ah,” gemetti. “Così non va.”
“Cos’ho detto?” chiese, rapida nell’accusare se stessa.
“Non capisci, Bella? Che io renda infelice me stesso è una cosa, ma che tu sia coinvolta è una altro paio di maniche. Non voglio più sentirti dire che provi cose del genere.”
Era la verità, era una bugia. La parte più egoista di me stava volteggiando nella consapevolezza che lei mi voleva come io volevo lei. “È sbagliato. È rischioso. Bella io sono pericoloso – ti prego renditene conto.”
“No.” Le sue labbra si imbronciarono arrabbiate.
“Dico sul serio.” Mi stavo scontrando con me stesso così intensamente – mezzo disperato perché volevo che accettasse, mezzo disperato di impedire agli avvertimenti di farla scappare da me – che le parole mi uscirono dai denti in un ringhio.
“Anch’io,” insistette lei. “Te l’ho detto, non mi importa che cosa sei. È troppo tardi.”
Troppo tardi? Il mondo divenne lugubremente bianco e nero per un interminabile secondo mentre nella mia memoria guardavo le ombre trascinarsi sul prato soleggiato verso la figura dormiente di Bella. Inevitabile, inarrestabile. Esse rubavano i colori dalla sua pelle, immergendola nell’oscurità.
Troppo tardi? La visione di Alice mi turbinò in testa, gli occhi rosso cremisi di Bella mi fissarono di rimando impassibili. Inespressivi, ma non c’era possibilità che lei non potesse odiarmi in quel futuro. Odiarmi per averle rubato ogni cosa. Per averle rubato la vita e l’anima.
Non poteva essere troppo tardi.
“Non dirlo mai,”sibilai.
Guardò fuori dal finestrino, i suoi denti a mordere di nuovo le labbra. Teneva le mani in grembo strette in rigidi pugni. Il suo respiro tremolante e spezzato.
“A cosa pensi?” Dovevo saperlo.
Scosse il capo senza guardarmi. Vidi qualcosa brillare, come un cristallo, sulla sua guancia.
Angoscia. “Piangi?” L’avevo fatta piangere. L’avevo ferita fino a quel punto.
Si strofinò via le lacrime con il dorso della mano.
“No.” Mentì, con la voce rotta.
Alcuni istinti sepolti dentro me da tempo mi suggerirono di allungarmi verso lei – in quel secondo mi sentii più umano che mai. E poi mi ricordai...che non lo ero. E abbassai le mani.
“Scusa,” dissi, con la mascella serrata. Come avrei mai potuto dirle quanto mi dispiaceva? Mi dispiaceva per tutti gli stupidi sbagli che avevo commesso. Mi dispiaceva per il mio illimitato egoismo. Mi dispiaceva perché era stata così sfortunata da ispirarmi questo primo, tragico amore. Mi dispiaceva anche per quelle cose che andavano al di là del mio controllo, che ero quel mostro scelto dal fato destinato a far terminare la sua vita, tanto per cominciare.
Respirai profondamente – ignorando la mia spiacevole reazione alla fragranza nell’auto – e cercai di riprendere il controllo di me stesso.
Volevo cambiare discorso, pensare a qualcos’altro. Per mia fortuna, la mia curiosità per la ragazza era insaziabile. Avevo sempre una domanda pronta.
“Dimmi una cosa,” dissi.
“Parla.” Disse con la voce rauca, le lacrime ancora parte di essa.
“Cosa stavi pensando stasera, poco prima che arrivassi io? Non riuscivo a leggere la tua espressione. Non sembravi impaurita, pareva che ti sforzassi di concentrarti su qualche cosa.” Richiamai alla mente il suo viso – sforzandomi di dimenticare da quali occhi la stessi osservando – un espressione di determinazione in esso.
“Cercavo di ricordare come si mette fuori combattimento un assalitore,” disse con voce più composta. “Insomma, l’autodifesa. Stavo per spappolargli il naso conficcandoglielo nel cervello.” La sua compostezza non durò fino alla fine della spiegazione. La sua voce di distorse fino a che ribollì d’odio. Questa non era un’esagerazione, adesso la sua furia da gattino non era divertente.
Potevo vedere la sua fragile figura – semplice seta su vetro – eclissata dal carnoso, uomo-mostro dai pugni pesanti che le avrebbe fatto del male. La furia si agitò nella mia testa.
“Li avresti affrontati?” Avrei voluto lamentarmi. I suoi istinti l’avrebbero condotta alla morte. “Non pensavi di scappare?”
“Quando corro inciampo a tutto spiano,” disse con aria imbarazzata.
“Chiedere aiuto con un urlo?”
“Ci stavo arrivando.”
Scossi la testa incredulo. Come era riuscita a rimanere in vita prima di arrivare a Forks?
“Hai ragione,” le dissi con un tono acido. “Cercare di tenerti in vita vuole dire davvero lottare contro il destino.”
Sospirò e guardò fuori. Poi si rivolse di nuovo verso di me.
“Ci vediamo domani?” chiese all’improvviso.
Già che mi trovavo sulla via per l’inferno, tanto vale godermi il viaggio.
“Sì – anche io devo consegnare un saggio.” Le sorrisi, e mi sentii bene nel farlo. “Ti tengo il posto, a pranzo.”
Il suo cuore vibrò; mentre il mio, morto, si scaldò.
Fermai la macchina davanti a casa di suo padre. Non fece alcun accenno ad andarsene.
“Prometti che domani ci sarai?” insistette.
“Lo prometto.”
Come poteva darmi tanta felicità fare la cosa sbagliata? Sicuramente c’era qualcosa di difettoso.
Annuì a se stessa, soddisfatta, e iniziò a togliersi il mio giaccone.
“Puoi tenerlo,” le assicurai svelto. Se possibile, volevo lasciarle qualcosa di mio. Un simbolo, come il tappo di bottiglia che avevo in tasca in quel momento...”O domani non avrai niente da mettere.”
Lo allungò verso di me, sorridendo con rassegnazione. “Non mi va di dare spiegazioni a Charlie,” mi spiegò.
Non l’avevo immaginato. Le sorrisi. “D’accordo.”
Mise la mano sulla maniglia della portiera, e si fermò. Restia ad andarsene, come io lo ero a farla andare.
Di saperla senza protezione, anche se per poco...
Peter e Charlotte erano già ora sulla loro via, lontano da Seattle, senza dubbio.
Ma ce ne erano sempre altri. Il mondo non era un posto sicuro per qualsiasi umano, e per lei sembrava essere più pericoloso che per il resto.
“Bella?” chiesi, sorprendendomi del piacere che provavo semplicemente pronunciando il suo nome.
“Sì?”
“Mi prometti una cosa?”
“Sì,” accettò facilmente, ma poi i suoi occhi si tesero come se stesse pensando ad una ragione per obbiettare.
“Non andare nel bosco da sola,” la avvertii, chiedendomi se questa richiesta avrebbe causato l’opposizione nel suo sguardo.
Sbatté le palpebre, perplessa. “Perché?”
Fissai cupo l’inaffidabile oscurità. La mancanza di luce non era un problema per i miei occhi, ma non avrebbe dato problemi nemmeno ad un altro cacciatore. Rendeva ciechi solo gli umani.
“Diciamo che non sono sempre io, la cosa più pericolosa in circolazione,” le dissi.
Rabbrividì, ma si riprese svelta e stava addirittura sorridendo quando parlò.
“Come vuoi.”
Il suo respiro accarezzò il mio viso, dolce e profumato.
Avrei potuto stare lì tutta la notte in quel modo, ma lei aveva bisogno di riposo. I due desideri che lottavano continuamente dentro me sembravano possedere eguali forze: volendola contro volendola salva.
Sospirai di fronte all’impossibile. “Ci vediamo domani,” le dissi, sapendo che in realtà l’avrei rivista molto prima. Lei non avrebbe rivisto me prima di domani, comunque.
“A domani, allora,” convenne mentre apriva la portiera.
Di nuovo l’ansia, vedendola andarsene.
Mi sporsi verso di lei, volendola trattenere. “Bella?”
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midnight sun - Pagina 2 Empty 10) teoria ....continuo...

Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:19 am

Si girò, e gelò, sorpresa che le nostre facce fossero così vicine l’un all’altra.
Io stesso ero confuso dalla sua vicinanza. Il calore scivolava via da lei ad onde, carezzandomi il volto. Potevo sentire la morbidezza della sua pelle...
Il suo battito cardiaco balbettò, e le sue labbra si socchiusero.
“Sogni d’oro,” le sussurrai, e mi allontanai prima che le urgenze del mio corpo – tanto la familiare sete quanto la nuova e strana brama che inaspettatamente provavo – potessero farmi fare qualcosa che l’avrebbe ferita.
Rimase seduta impassibile per un momento, i suoi occhi spalancati e inebetiti. Abbagliata, intuii.
Come me.
Riprese il controllo, anche se aveva ancora un’espressione un po’ confusa, e scese dall’auto con una mezza caduta, inciampando nei suoi piedi e aggrappandosi alla carrozzeria della macchina per rimanere in equilibrio.
Ridacchiai, sperando che fosse troppo piano perché lei potesse sentire.
La guardai incespicare fino al cono di luce che circondava la porta frontale. Salva per il momento. E sarei tornato presto per accertarmene.
Potevo sentire il suo sguardo seguirmi mentre mi allontanavo sulla strada buia. Una cosa parecchio diversa da quella alla cui ero abituato. Di solito, potevo semplicemente vedere e seguire me stesso attraverso gli occhi di qualcuno. Era stranamente eccitante, questa tangibile sensazione di essere osservato. Sapevo che mi sentivo così solo perché erano i suoi occhi.
Milioni di pensieri si rincorsero l’un l’altro nella mia testa mentre guidavo senza meta nella notte.
Mi aggirai per le strade a lungo, senza andare da nessuna parte, pensando a Bella e all’incredibile concessione di averle svelato la verità. Poco tempo prima tremavo all’idea che scoprisse cos’ero. Sapeva. Non le importava. Sebbene fosse evidentemente una cosa negativa per lei, era incredibilmente liberatoria per me.
Più che altro, pensai all’amore che lei contraccambiava per me. Non avrebbe potuto amarmi nel modo in cui l’amavo io – di un amore irresistibile, sfrenato e devastante che probabilmente avrebbe schiacciato il suo fragile corpo. Ma si sentiva abbastanza forte. Abbastanza da domare la paura che d’istinto avrebbe dovuto provare. Abbastanza da voler stare con me. E stare con lei era la più grande felicità che avessi mai conosciuto.
Per un po’ – mentre ero solo e senza ferire nessun altro tanto per cambiare – mi permisi di provare quella gioia senza soffermarmi sulla tragedia. Provando semplicemente felicità perché mi voleva bene. Esultando semplicemente nel trionfo di avere vinto e di essermi guadagnato il suo affetto. Immaginando semplicemente di sedermi accanto a lei giorno dopo giorno, ascoltando la sua voce e aggiudicandomi i suoi sorrisi.
Rievocai alla mente quel sorriso, osservandone le labbra piene sollevate agli angoli, la traccia di una fossetta sul mento a punta, il modo in cui i suoi occhi si illuminavano e ardevano...
Le sue dita mi erano sembrate così calde e soffici stanotte, sulle mie mani. Immaginai come sarebbe stato toccare la delicata pelle che la avvolgeva sopra le guance – levigata, calda...così fragile.
Come ghiaccio rivestito di seta...spaventosamente friabile.
Non fui in grado di vedere dove mi stavano conducendo i miei pensieri fino a che non fu troppo tardi. Appena mi soffermai su quella devastante vulnerabilità, nuove immagini del suo volto si intromisero nelle mie fantasie.
Persa nelle ombre, orribilmente pallida, la sua mascella già tesa e determinata, i suoi occhi duri, pieni di concentrazione, il suo corpo slanciato in posizione per attaccare le enormi figure che si ammassavano attorno a lei, incubi nell’oscurità...
“Ah,” gemetti mentre il fremente odio che avevo ancora dentro me, momentaneamente dimenticato per la gioia che provavo ad amarla, esplose di nuovo in una rabbia infernale.
Ero solo. Bella era, speravo, al salvo a casa sua; per un momento fui violentemente felice che Charlie Swan – capo del rispetto della legge locale, addestrato ed armato – fosse suo padre. Questo doveva pur significare qualcosa, prevedere una protezione per lei.
Era al sicuro. Non mi ci sarebbe voluto molto per vendicare questa villania...
No. Lei si meritava di meglio. Non potevo permetterle di avere cura di un assassino.
Ma...gli altri?
Bella era salva, certo. Angela e Jessica erano anch’esse sicuramente al sicuro nei loro letti.
Ma c’era un mostro libero per le strade di Port Angeles. Un mostro umano, questo lo faceva un problema del quale avrebbero dovuto occuparsi gli umani? Commettere l’omicidio che io desideravo di commettere era sbagliato. Lo sapevo. Ma nemmeno lasciarlo libero di attaccare ancora poteva essere la cosa giusta da fare.
La hostess bionda del ristorante. La cameriera che non avevo neanche degnato.
Entrambe, seppure in maniera insignificante, mi avevano irritato, ma questo non significava che meritassero di essere in pericolo.
Ciascuna di loro avrebbe potuto trovarsi nella situazione di Bella.
Questa constatazione mi decise.
Girai la macchina verso nord, accelerando ora che avevo uno scopo. Ogni volta che avevo un problema che andasse oltre quello che potessi fare personalmente – qualcosa di tangibile come in questo caso – sapevo dove sarei potuto andare a chiedere aiuto.
Alice era seduta in veranda, e mi stava aspettando. Mi fermai davanti a casa anziché andare in garage.
“Carlisle è nello studio,” mi disse Alice prima che potessi domandarglielo.
“Grazie,” dissi, scompigliandole i capelli mentre le passavo oltre.
Grazie per avere risposto alla mia chiamata, pensò sarcastica.
“Oh.” Mi fermai alla porta, estraendo il mio telefono e aprendolo con uno scatto. “Scusa. Non ho nemmeno controllato chi fosse. Ero...occupato.”
“Certo, lo so. Anche a me dispiace. Quando ho visto cosa stava per accadere, tu eri già sulla tua strada.”
“Ci è mancato poco,” mormorai.
Mi dispiace, ripeté, vergognandosi di se stessa.
Era facile essere magnanimi, sapendo che Bella stava bene. “Non essere dispiaciuta. So che non puoi cogliere ogni cosa. Nessuno si aspetta che tu sia onnisciente, Alice.”
“Grazie.”
“Quasi ti ho chiesto di venire fuori a cena stanotte, te ne sei accorta prima che cambiassi idea?”
Le sue labbra si allargarono in un ampio sorriso. “No, mi sono persa anche questo. Avrei voluto saperlo. Sarei venuta.”
“Su cosa ti stavi concentrando, per lasciarti scappare così tanto?”
Jasper sta pensando al nostro anniversario. Rise. Sta provando a non fare decisioni sul mio regalo, ma penso che avrò un’ idea piuttosto carina...
“Che spudorata.”
“Già.”
Increspò le labbra, e alzò lo sguardo per fissarmi, un accenno di accusa nella sua espressione. Ho prestato più attenzione dopo. Hai intenzione di dire agli altri che sa la verità?
Sospirai. “Sì. Più tardi.”
Non dirò nulla. Fammi un favore e dillo a Rosalie quando non sono nei paraggi, okay?
Sussultai. “Certo.”
Bella l’ha presa abbastanza bene.
“Troppo bene.”
Alice mi sorrise. Non sottovalutare Bella.
Provai a bloccare l’immagine che non avrei mai voluto vedere, Bella e Alice, migliori amiche.
Sospirai pesantemente, ora mi sentivo impaziente. Volevo passare alla seconda parte della serata; farla finita al più presto. Ma ero un po’ preoccupato all’idea di lasciare Forks...
“Alice...”iniziai. Vide cosa stavo progettando di chiederle.
Stanotte starà bene. Sto controllando meglio adesso. Ha bisogno di una sorta di supervisione ventiquattr’ore su ventiquattro, vero?
“Almeno.”
“Ad ogni modo, sarai con lei abbastanza presto.”
Presi un respiro profondo. Le parole avevano un significato stupendo per me.
“Vai avanti, fai quello che devi così che tu possa stare dove desideri,”mi disse.
Annuii, e mi affrettai a raggiungere la stanza di Carlisle.
Mi stava aspettando, con gli occhi sulla porta piuttosto che sullo spesso libro che giaceva sulla sua scrivania.
“Ho sentito Alice dirti dove avresti potuto trovarmi,”disse, e mi sorrise.
Era un sollievo stare con lui, vedere la comprensione e la profonda intelligenza nei suoi occhi.
Carlisle avrebbe saputo cosa fare.
“Ho bisogno di aiuto.”
“Qualsiasi cosa, Edward,”mi promise.
“Alice ti ha detto cosa è successo a Bella stanotte?”
Quasi successo, mi corresse.
“Sì, quasi. Ho un dilemma, Carlisle. Vedi, io voglio...davvero tanto...ucciderlo.” Le parole iniziarono a volare veloci e appassionate. “Davvero tanto. Ma so che sarebbe sbagliato, perché sarebbe vendetta, non giustizia. Tutta collera, senza imparzialità. Nondimeno, non può essere giusto lasciare un assassino e un violentatore seriale a piede libero per Port Angeles! Non conosco nessun umano là, ma non posso lasciare che qualcun altro prenda il posto di Bella come sua vittima. Quelle altre donne, qualcuno potrebbe provare per loro quello che io provo per Bella. Potrebbe soffrire quello che avrei sofferto io se le fosse successo qualcosa. Non è giusto...”
Il suo ampio ed imprevisto sorriso fermò il gelido assalto delle mie parole.
Lei va davvero bene per te, vero? Così tanta compassione, così tanto controllo. Sono impressionato.
“Non sono in cerca di complimenti, Carlisle.”
“Certo che no. Ma non posso fare a meno di pensare, no?” Sorrise di nuovo.
“Me ne occuperò io. Puoi stare tranquillo. Nessun altro si farà male al posto di Bella.”
Vidi il piano che aveva in mente. Non era esattamente quello che avrei desiderato fare, non soddisfava la mia voglia smodata di violenza, ma sapevo che era la cosa giusta da fare.
“Ti mostrerò dove puoi trovarlo,” dissi.
“Andiamo.”
Sulla strada afferrò la sua bora nera. Avrei preferito un sedativo più aggressivo – qualcosa come un cranio rotto – ma avrei permesso a Carlisle di fare a modo suo.
Prendemmo la mia macchina. Alice era ancora seduta sui gradini. Ci sorrise e ci fece un cenno mentre ci allontanavamo. Vidi che aveva guardato verso di me; non avremmo incontrato difficoltà.
Il viaggio sulla strada buia e vuota fu breve. Lasciai i fari dell’auto spenti, in modo da non attirare l’attenzione. Il pensiero di come avrebbe potuto reagire Bella a questa velocità mi fece sorridere. Stavo già guidando più piano del solito – per prolungare il mio tempo con lei – quando lei aveva obbiettato.
Anche Carlisle stava pensando a Bella.
Non mi sarei mai aspettato che sarebbe stata così adatta per lui. È stato inaspettato. Forse, in qualche modo questo ha un significato. Forse serve a uno scopo più alto. Solo...
Ritrasse Bella con la pelle candida, fredda come la neve, gli occhi rosso sangue, e poi rifuggì da quell’immagine.
Sì. Solo. Infatti. Perché come poteva esserci del positivo nel distruggere qualcosa di così puro e bello?
Fissai cupo la notte, tutte le gioie provate quella sera distrutte da quell’unico pensiero.
Edward merita di essere felice. Gli spetta di diritto. La ferocia nei pensieri di Carlisle mi sorprese. Ci deve essere un modo.
Speravo di poterci credere, l’uno o l’altro. Ma non c’era uno scopo più alto per quello che stava accadendo a Bella. Solo una cattiva arpia, un destino brutale e terribile che non poteva sopportare che Bella avesse la vita che si meritava.
Non mi soffermai a Port Angeles. Portai Carlisle nella bettola dove la creatura chiamata Lonnie stava annegando la sua delusione con i suoi amici, due dei quali erano già svenuti. Carlisle poté vedere come fu duro per me stare così vicino, sentire i pensieri di quel mostro e vedere i suoi ricordi, ricordi di Bella amalgamati a quelli di altre ragazze meno fortunate che nessuno avrebbe più potuto salvare ora.
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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:20 am

Respiravo velocemente, in modo anormale. Mi aggrappai ferocemente allo sterzo.
Vai, Edward, mi disse gentilmente. Farò in modo che tutte le altre siano al sicuro. Torna da Bella.
Colpì nel segno. Il suo nome ora era la sola distrazione che poteva significare qualcosa.
Lo lasciai in macchina, e mi diressi a Forks attraversando di corda la foresta dormiente. Impiegai meno tempo che viaggiando in macchina. Fu solo pochi minuti dopo che scalai il fianco di casa sua e scivolai dentro la sua finestra.
Silenziosamente, sospirai di sollievo. Ogni cosa era dove avrebbe dovuto essere. Bella era al sicuro nel suo letto, sognante, i suoi capelli umidi annodati come alghe sul guanciale.
Ma, diversamente dalla maggior parte delle notti, era appallottolata con le coperte tirate fino alle spalle. Per il freddo, immaginai. Prima che potessi sedermi nella solita sedia a dondolo, rabbrividì nel sonno, e le sue labbra tremarono.
Per un breve istante rimasi a pensare, poi uscii silenziosamente nell’ingresso, in esplorazione delle altri parti della sua casa, per la prima volta.
Il russare di Charlie risuonava sonoro e regolare. Potevo quasi afferrare i margini del suo sogno.
Qualcosa che c’entrava la corsa dell’acqua e attese pazienti...la pesca, forse?
Là, sulla cima delle scale, c’era un armadio dall’aria promettente. Lo aprii speranzoso, e trovai quello che stavo cerando. Scelsi la coperta più pesante dal piccolo armadio di biancheria, e la portai nella sua stanza. L’avrei rimessa a posto prima che si svegliasse, e nessuno sarebbe stato più saggio.
Trattenendo il respiro, distesi la coperta sopra di lei; non reagì all’aggiunta di peso. Tornai alla sedia a dondolo.
Mentre aspettavo ansioso che si riscaldasse, pensai a Carlisle, chiedendomi dove fosse adesso. Sapevo che sarebbe filato tutto liscio, Alice lo aveva visto.
Pensare a mio padre mi fece sospirare, Carlisle mi dava troppo fiducia. Speravo di essere la persona che lui pensava che fossi. Quella persona, che meritava di essere felice, che poteva sperare di essere degna di questa ragazza che dormiva. Le cose sarebbero state diverse se fossi stato quell’Edward.
Mentre riflettevo su questo, un immagine strana e non richiesta mi riempì la mente.
Per un momento, la strega che avevo immaginato vestisse i panni del destino, quella che era in cerca di un modo per distruggere Bella, fu sostituita dal più sciocco e imprudente degli angeli. Un angelo guardiano, la versione che Carlisle poteva avere avuto di me. Con un sorriso incurante sulle labbra, e i suoi occhi dipinti del colore del cielo e pieni di corruzione, l’angelo creava Bella in modo tale che in alcun modo io avrei potuto disinteressarmene.
Una fragranza talmente potente da esigere la mia attenzione, un mente silenziosa per infiammare la mia curiosità, una bellezza modesta per imprigionarmi gli occhi, un’anima altruista per guadagnarsi il mio stupore. Omettendo il naturale senso di auto-conservazione – così che Bella potesse sopportare di rimanere accanto a me – e, per finire, aggiungendo una ampia dose di terribile sfortuna.
Con un’incurante risata, l’irresponsabile angelo spingeva la sua fragile creazione direttamente nel mio cammino, confidando allegramente nella mia viziata moralità di mantenere viva Bella.
In questa visione, non ero la sua condanna; lei era la mia ricompensa.
Scossi la testa alla fantasia di quell’angelo spensierato. Non era molto meglio della megera. Non potevo pensare bene di un angelo che si comportava in un modo così pericoloso e stupido. Almeno, avrei potuto combattere contro il suo orribile destino.
E io non avevo angeli. Erano riservati ai buoni – alle persone come Bella. Ma dov’era stato il suo angelo fino ad ora? Chi stava vegliando su di lei?
Risi silenziosamente, sorpreso, mentre realizzavo che, proprio adesso, stavo ricoprendo io quel ruolo.
Un angelo vampiro, c’era uno strappo alla regola.
Dopo una mezz’ora circa, Bella allentò la tensione dalla posizione in cui si era addormentata. Il suo respiro divenne più profondo e iniziò a mormorare nel sonno. Sorrisi, soddisfatto. Era una piccola cosa, ma almeno stanotte avrebbe dormito più comoda perché io ero lì.
“Edward,” sospirò, sorridendo.
Per il momento misi da parte la tragedia, e mi permisi di essere di nuovo felice.
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midnight sun - Pagina 2 Empty 11) interrogatori continuo...

Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:21 am

11. Interrogatori

La CNN interruppe per prima il servizio.
Fui felice che colpisse il notiziari prima che andassi a scuola, ansioso di sentire come gli umani avevano espresso l'accaduto, e quanta attenzione avrebbe raccolto.
Fortunatamente, era una giornata di gravi notizie. C'era stato un terremoto in Sud America e un rapimento politico in Medio Oriente. Così finì per ottenere pochi secondi, poche frasi, e un'unica foto granulosa.
“Alonso Calderas Wallace, sospettato di una serie di stupri e ricercato per omicidi nello stato del Texas e dell'Oklahoma, è stato arrestato la scorsa notte a Portland, Oregon, grazie ad un indicazione anonima. Wallace è stato ritrovato, questa mattina presto, privo di sensi in una viale, appena pochi metri lontano dalla stazione di polizia. Gli ufficiali non sono riusciti a dirci questa volta se sarà estradato a Houston o ad Oklahoma per essere processato.”
La foto non era chiara, un'inquadratura da delinquente, e al tempo della fotografia aveva una fitta barba. Anche se Bella lo avesse visto, probabilmente non l'avrebbe riconosciuto. Sperai che non lo vedesse; l'avrebbe spaventata inutilmente.
“La cronaca qui in città sarà leggera. E' troppo lontano per essere considerato di interesse locale,” mi disse Alice. “E' stata una buona mossa quella di farlo portare da Carlisle lontano dalla città.”
Annuii. Bella, malgrado tutto, non guardava molta televisione, e non avevo mai visto suo padre vedere altro che canali sportivi.
Avevo fatto quello che potevo. Questo mostro non avrebbe più cacciato, e io non mi ero comportato da assassino. Non di recente, comunque. Avevo fatto bene ad aver fiducia in Carlisle; quanto speravo ancora che il mostro non fosse smontato così facilmente. Mi sorpresi a sperare che fosse esiliato in Texas, dove la pena capitale era così ben voluta...
No. Non aveva importanza. Me lo sarei lasciato alle spalle, per concentrarmi su ciò che era più importante.
Avevo lasciato la camera di Bella meno di un'ora fa. Stavo già desiderando di vederla di nuovo.
“Alice ti dispiacerebbe...”
M'interruppe. “Guiderà Rosalie. Si incavolerà, ma sai quando la divertirà mostrare la sua macchina.” Alice cantilenò una risata.
Le sorrisi. “ Ci vediamo a scuola.”
Alice sospirò, e il mio sorriso divenne una smorfia.
Lo so, lo so, pensò. Non ancora. Aspetterò finché non sarai pronto per farmi conoscere Bella. Dovresti saperlo, comunque, che non è come essere egoista. Piacerò anche a Bella.
Non le risposi mentre mi affrettavo verso la porta. Quello era un modo diverso di guardare la situazione. Bella avrebbe voluto conoscere Alice? Essere amica di un vampiro?
Conoscendo Bella... questa idea non l'avrebbe minimamente infastidita.
Mi accigliai. Ciò che Bella voleva e ciò che era meglio per lei erano due cose separate.
Iniziai a sentirmi a disagio mentre parcheggiavo la mia macchina nel vialetto di Bella. Il proverbio degli umani diceva che le cose appaiono diverse al mattino – che le cose cambiano quando ci dormi su. Sarei sembrato diverso per Bella alla leggera luce del giorno nebbioso? Più o meno minaccioso di quanto ero stato nell'oscurità della notte? La verità era filtrata mentre dormiva? Sarebbe stata finalmente spaventata?
I suoi sogni, comunque, erano stati tranquilli la scorsa notte. Quando aveva pronunciato il mio nome, più e più volte, aveva sorriso. Più di una volta, aveva mormorato una preghiera per me, per farmi restare. Non avrebbe significato nulla oggi?
Aspettai nervosamente, ascoltando il suo rumore all'interno della casa – i passi veloci e incespicanti per le scale, l'acuto squarcio di un foglio incartato, il contenuto del frigorifero sbattere l'uno contro l'altro quando chiudeva lo sportello. Sembrava fosse di fretta. Ansiosa di andare a scuola? Il pensiero mi fece sorridere, di nuovo speranzoso.
Lanciai un'occhiata all'orologio. Ipotizzai, prendendo in considerazione che la velocità del suo decrepito pick up l'avrebbe limitata, che stava correndo per il breve ritardo.
Bella si affrettò via da casa, lo zaino che scivolava dalla sua spalla, i suoi capelli in disordine attorcigliati su una parte della collo. Il leggero maglione verde che indossava non era le impediva di curvare le spalle per la nebbia fredda.
Il lungo maglione era troppo grande per lei, poco lusinghiero. Mascherava la sua figura slanciata, rendendo le sue delicate curve e le morbide linee senza forma. Lo apprezzai quasi quanto avrei sperato che indossasse qualcosa come la leggera camicia blu che aveva indossato la sera scorsa... il tessuto aderiva alla sua pelle in modo così attraente, tagliato abbastanza in basso da rivelare le affascinanti curve del suo collo, dall'incavo fino alla sua gola. Il blu fluiva come acqua lungo la sottile forma del suo corpo...
Era meglio, fondamentale, che tenessi i miei pensieri lontani, lontani da quell'immagine, così fui grato che stesse indossando un maglione che non le donava. Non potevo permettermi di fare errori, e sarebbe stato uno sbaglio colossale indugiare sugli strani desideri che il pensiero delle sue labbra... della sua pelle... del suo corpo... si stavano agitando liberi dentro me. Desideri che non mi avevano mai invaso per un centinaio d'anni. Ma non potevo azzardarmi di pensare di toccarla, perché era impossibile.
L'avrei spezzata.
Bella si voltò lontano da casa, così di fretta che corse vicino la mia macchina senza notarla.
Poi slittò per fermarsi, le sue ginocchia chiuse come quelle di un puledro spaventato. La borsa scivolò giù dal suo braccio, e i suoi occhi si spalancarono mentre si focalizzavano sulla macchina.
Uscii, senza prendermi la briga di muovermi a velocità umana, e le aprii la portiera del passeggero. Non avrei più cercato di ingannarla – quando eravamo soli, almeno, sarei potuto essere me stesso.
Lei mi guardò, sussultando di nuovo mentre sembrò che mi materializzassi attraverso la nebbia. E poi la sorpresa dei suoi occhi si trasformò in qualcos'altro, e non fui più spaventato, o speranzoso, che i suoi sentimenti nei miei confronti nel corso della notte fossero cambiati. Calore, meraviglia, fascino, nuotarono nei suoi occhi di cioccolato fuso.
“Hai bisogno di un passaggio?” chiesi. Al contrario della cena della scorsa sera, le avrei lasciato scelta. Da adesso in poi, sarebbe dovuto sempre essere una sua scelta.
“Sì, grazie,” mormorò, montando senza esitazione sulla mia macchina.
Avrebbe mai smesso di emozionarmi, il fatto che ero l'unico a cui lei stava acconsentiva? Ne dubitai.
Girai attorno la macchina come un fulmine, eccitato di raggiungerla. Non mostrò nessun segno di shock alla mia improvvisa riapparizione.
La felicità che sentii mentre sedeva accanto a me non aveva precedenti. Per quanto mi divertisse l'amore e la compagnia della mia famiglia, nonostante i vari divertimenti e distrazioni che il mondo aveva da offrire, non ero mai stato così felice. Anche sapendo che era sbagliato, che non sarebbe potuto finire bene, non riuscivo a trattenere a lungo un sorriso dal mio volto.
La mia giacca era ripiegata sul poggiatesta del suo sedile. Vidi che le lanciò un'occhiata.
“Ti ho portato questo,” le dissi. Questa era la mia scusa, avevo avuto bisogno di procurarmene una, per essere apparso questa mattina senza invito. Faceva freddo. Non aveva una giacca. Di sicuro era una gradevole forma di cortesia. “Non volevo che ti prendessi un raffreddore o qualcosa del genere.”
“Non sono così delicata,” disse, fissando il mio petto piuttosto che il mio viso, come stesse esitando ad incontrare ad incontrare i miei occhi. Ma prese la giacca prima che dovessi ricorrere ad un ordine o ad un'adulazione.
“Ah, no?” mormorai a me stesso.
Fissò la strada mentre acceleravo verso scuola. Riuscivo a sopportare il silenzio solo per pochi secondi. Dovevo conoscere i suoi pensieri questa mattina. Era cambiato così tanto tra di noi dall'ultima volta che il sole era sorto.
“Ehi, oggi niente questionario?” le chiesi, mantenendomi ancora sul leggero.
Lei sorrise, sembrando felice che avessi affrontato l'argomento. “Le mie domande ti innervosiscono?”
“Non quanto le tue reazioni,” le dissi con onestà, sorridendo in risposta al suo sorriso.
La sua bocca si piegò all'ingiù. “Reagisco male?”
“No, è proprio lì il problema. Sei sempre così tranquilla... è innaturale.” Era da molto che nessuno gridava. Come poteva essere? “Mi chiedo cosa ti passi per la testa.” Di sicuro, qualsiasi cosa facesse o meno mi avrebbe sorpreso.
“Ti dico sempre ciò che mi passa per la testa.”
“Ma lo censuri.”
Strinse di nuovo i denti sulle sue labbra. Non sembrava notare quando lo faceva – era un'inconsapevole risposta alla tensione. “Non granché.”
Solo queste parole erano tali da far infuriare la mia curiosità. Cosa mi teneva di proposito nascosto?
“Abbastanza da farmi impazzire,” dissi.
Esitò, poi sussurrò. “Sei tu che non vuoi sentirlo.”
Dovetti riflettere per un momento, rivedere l'intera conversazione della scorsa sera, parola per parola, prima di fare la connessione. Forse ci volle così tanta concentrazione perché non riuscivo ad immaginare niente che non volessi lei mi dicesse. E poi ricordai – poiché il tono della sua voce era lo stesso della scorsa sera; ci fu di nuovo un improvviso dolore. Per una volta, le avevo chiesto di non esprimere i suoi pensieri. Non dirlo mai, le avevo ringhiato. L'avevo fatta piangere...
Ero questo quello che mi teneva nascosto? La profondità dei suoi sentimenti per me? Che il mio essere mostro non le importava, e che pensava fosse troppo tardi per cambiare idea?
Non riuscii a parlare, perché la gioia e il dolore erano troppo forti per le parole, il conflitto tra di loro troppo selvaggio per consentire una risposta coerente. La macchina restò in silenzio tranne per il calmo ritmo del suo cuore e dei suoi polmoni.
“Ma i tuoi fratelli dove sono?” chiese improvvisamente.
Feci un respiro profondo – per registrare l'odore nella macchina per la prima volta con vero dolore; mi stavo abituando, realizzai con soddisfazione – e mi sforzai di fare l'indifferente.
“Hanno preso la macchina di Rosalie,” parcheggiai nello spazio vicino la macchina in questione. Nascosi il mio sorriso mentre osservavo i suoi occhi spalancarsi. “Appariscente, eh?”
“Uh, caspita, se lei ha quella, perché si fa scarrozzare da te?”
Rosalie si sarebbe divertita della reazione di Bella... se fosse stata obiettiva verso di lei, cosa che non sarebbe successa.
“Come ho detto è appariscente. Noi ci sforziamo di passare inosservati.”
“Non ci riuscite,” mi disse, e poi rise spensierata.
L'allegro, completamente indisturbato suono della sua risata mi scaldò dentro il petto anche mentre la mia mente nuotava nel dubbio.
“Ma allora, perché Rosalie oggi ha preso la sua macchina, se è così vistosa?” domandò.
“Non te ne sei accorta? Sto infrangendo tutte le regole.”
La mia risposta avrebbe dovuto essere un po' spaventosa, eppure, ovviamente, Bella sorrise.
Non aspettò che le aprissi la porta, come la scorsa sera. Dovevo fingermi normale qui a scuola – quindi non potei muovermi veloce abbastanza da anticiparla – ma avrebbe solo dovuto abituarsi ad essere trattata con più cortesia, e sarebbe successo presto.
Camminai vicino al suo fianco per quanto potevo permettermi, osservando attentamente qualsiasi segno la mia vicinanza avrebbe potuto causare. La sua mano si allungò due volte verso la mia e poi la ritirò. Sembrava volesse toccarmi... Il mio respiro accelerò.
“Ma perché comprate macchine del genere, se siete gelosi della vostra privacy?,” chiese mentre camminavamo.
“Un capriccio,” ammisi. “Ci piace andare veloce.”
“Ovviamente,” mormorò, il suo tono acido.
Non alzò lo sguardo per osservare il mio sorriso di risposta.
Nooo! Non ci credo! Come diavolo ha fatto Bella a riuscirci? Non lo sopporto! Perché?
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midnight sun - Pagina 2 Empty 11) interrogatori ....continuo...

Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:21 am

La mente di Jessica interruppe i miei pensieri. Stava aspettando Bella, riparandosi dalla pioggia sotto il tetto della mensa, con il giubbotto di Bella tra le braccia. I suoi occhi erano spalancati dall'incredulità.
Anche Bella la notò, un momento dopo. Quando registrò l'espressione di Jessica un leggero rosa tinse le sue guance. I pensieri di Jessica erano chiaramente dipinti sul suo viso.
“Ehi, Jessica. Grazie per essertene ricordata,” la salutò Bella. Si allungò per il giubbotto e Jessica glielo porse senza dire una parola.
Avrei dovuto essere educato con gli amici di Bella, sia che fossero buoni amici sia che non lo fossero. “Buongiorno, Jessica.”
Woaa...
Gli occhi di Jessica si spalancarono ancora di più. Era strano e divertente... e, onestamente, un po' imbarazzante... realizzare quanto la vicinanza di Bella mi avesse addolcito. Sembrava che non spaventassi più nessuno. Se Emmett lo avesse scoperto, avrebbe riso per il prossimo secolo.
“Ehm... ciao,” mormorò Jessica, e i suoi occhi si lanciarono verso il viso di Bella, carichi di significato. “Beh, ci vediamo a trigonometria.”
Sputerai il rospo. Non cerco una risposta. Dettagli. Voglio dettagli! Quel fico di Edward Cullen! La vita è così ingiusta.
La bocca di Bella si contorse. “D'accordo, ci vediamo dopo.”
I pensieri di Jessica correvano selvaggi mentre si affrettava verso la sua prima lezione, sbirciando di tanto in tanto da sopra le spalle.
L'intera storia. Non accetterò niente di meno. Avevano programmato di incontrarsi la scorsa sera? Avevano un appuntamento? Da quanto? Da quanto ha potuto tenerlo segreto? Perché voleva farlo? Non è una cosa normale, deve essere seriamente innamorata di lui. C'è qualche altra possibilità? La troverò. Non sopporto di non sapere. Penso che si vedano. Oh, svengo... I pensieri di Jessica si scollegarono improvvisamente, e lasciò che fantasie impronunciabili vorticassero nella sua mente. Mi ritrassi dalle sue congetture, e non solo perché in quelle immagini mentali aveva rimpiazzato Bella.
Non avrebbe potuto essere così. E anche io... io volevo...
Tentai di resistere ad ammetterlo, anche con me stesso. In quanti modi sbagliati avrei voluto che Bella fosse coinvolta? In quello che alla fine l'avrebbe uccisa?
Scossi la testa, cercando di schiarirmi le idee.
“Cosa le racconterai?” chiesi a Bella.
“Ehi,” sussurrò intensamente. “Ma allora mi leggi nel pensiero!”
“No.” La fissai, sorpreso, cercando di dare un senso alle sue parole. Ah, dovevamo aver pensato alla stessa cosa nello stesso momento. Uhm... Lo preferivo. “Però,” le dissi, “posso leggere il suo: ti prenderà d'assalto appena entri in classe.”
Bella si lamentò, e poi si lasciò scivolare via la giacca dalle spalle. All'inizio non mi ero reso conto che me la stava ritornando – non gliela avrei chiesta; avrei preferito che la tenesse... come simbolo – così fui lento ad offrirle il mio aiuto. Me la porse, e s'infilò la sua, senza alzare lo sguardo per vedere le mie mani tese ad aiutarla. Mi accigliai, e poi mi ricomposi prima che potesse notarlo.
“Perciò, cosa le racconterai?” Insistetti.
“Mi dai un aiutino? Cosa vuole sapere?”
Le sorrisi, scuotendo la testa. Volevo sentire cosa stava pensando senza suggerimenti. “Non è corretto.”
Strinse gli occhi. “No, non è corretto che tu non metta a disposizione certe informazioni.”
Giusto, non le piacevano doppie misure.
Eravamo davanti la porta della sua prima lezione, dove avrei dovuto lasciarla; pensai inutilmente se la Signorina Cope sarebbe stata più accomodante a proposito del cambio della mia lezione di Inglese... Mi concentrai su me stesso. Avrei potuto essere onesto.
“Vuole sapere se usciamo assieme di nascosto,” le dissi lentamente. “E vuole che tu le dica ciò che provi per me.”
I suoi occhi si spalancarono, non spaventati, ma ingegnosi adesso. Erano aperti per me, leggibili. Si stava fingendo innocente.
“Oddio,” mormorò. “E io cosa dovrei risponderle?”
“Uhm.” Cercava sempre di lasciarmi andare più di quanto facesse lei. Ponderai la risposta.
Una ciocca fuori posto tra i suoi capelli, leggermente umida per la nebbia, le scivolò lungo la spalla e si curvò attorno l'incavo del collo nascosto dal ridicolo maglione. Attirò il mio sguardo... spingendolo attraverso altre linee nascoste...
Lo afferrai con attenzione, senza toccare la sua pelle, il mattino era freddo abbastanza anche senza il mio tocco, e lo rimisi a posto tra il disordinato resto così che non mi distraesse di nuovo. Ricordai quando Mike Newton aveva toccato i suoi capelli, e contrassi la mascella al ricordo. Quella volta si era tirata indietro. La sua reazione adesso non era per niente la stessa; al contrario, spalancò leggermente gli occhi, un impeto di rossore sotto la sua pelle, e un improvviso, irregolare battito nel suo cuore.
Cercai di nascondere il mio sorriso mentre rispondevo alla sua domanda.
“Penso che potresti rispondere di sì alla prima domanda... se non è un problema per te,” una sua scelta, sempre una sua scelta, “è la spiegazione più facile da dare.”
“Non è un problema,” sussurrò. Il suo cuore non aveva ancora ritrovato il suo normale ritmo.
“Quanto all'altra...” Adesso non riuscii a trattenere un sorriso. “Beh, anch'io sarò curioso di sentire la risposta.”
Avrei lasciato che Bella lo considerasse. Trattenni una risata mentre lo shock le attraversava il viso.
Mi voltai velocemente, prima che potesse farmi qualche altra domanda. Era difficile non darle quello che chiedeva. E io volevo sentire i suoi pensieri, non i miei.
“Ci vediamo a pranzo,” le dissi da sopra le mie spalle, una scusa per controllare se mi stava ancora fissando, con gli occhi spalancati. La sua bocca aperta. Mi voltai di nuovo, e risi.
Mentre camminavo via, ero vagamente consapevole degli scioccati e rischiosi pensieri che mi vorticavano attorno, occhi che rimbalzavano avanti e indietro tra il viso di Bella e la mia figura che si allontanava. Gli prestai poca attenzione. Non potevo concentrarmi. Era già abbastanza difficile mantenere il mio passo ad una velocità accettabile mentre attraversavo l'erba fradicia per la mia prossima lezione. Volevo correre, correre davvero, così veloce da scomparire, così veloce che sarebbe sembrato che stessi volando. Una parte di me stava già volando.
Quando arrivai a lezione indossai la giacca, lasciando che il suo profumo denso mi avvolgesse. Stavo bruciando adesso – per lasciare che il suo odore mi desensibilizzasse – e più tardi sarebbe stato più facile ignorarlo, quando sarei stato di nuovo con lei a pranzo...
Fu un bene che i miei insegnanti non si disturbarono a chiamarmi. Oggi sarebbe stato il giorno in cui mi avrebbero colto in fallo, impreparato e senza un risposta. Stamattina la mia mente era in così tanti posti; soltanto il mio corpo era in classe.
Ovviamente stavo osservando Bella. Stava diventando naturale, automatico come respirare. Sentivo la sua conversazione con un Mike Newton demoralizzato. Velocemente diresse l'argomento verso Jessica, e feci un sorriso così ampio che Rob Sawyer, seduto al banco alla mia destra, si tirò visibilmente indietro e scivolò più profondo nella sedia, lontano da me.
Ugh. Raccapricciante.
Beh, non ero completamente perso.
Stavo controllando Jessica con scioltezza, osservandola definire le sue domande per Bella. Potevo aspettare a mala pena la quarta ora, dieci volte più eccitato e ansioso della curiosa umana che aveva voglia di un nuovo pettegolezzo.
E stavo anche ascoltando Angela Weber.
Non avevo dimenticato la gratitudine che sentivo verso di lei, in primo luogo per non pensare a nient'altro che a ciò che è giusto per Bella, e poi per il suo aiuto la scorsa sera. Così aspettai tutta la mattinata, cercando qualcosa che desiderasse. Ipotizzai che sarebbe stato semplice; come qualsiasi altro umano, doveva esserci qualche fronzolo o giocattolo che volesse in particolare. Molti, con ogni probabilità. Avrei consegnato qualcosa in via anonima e con mittente ugualmente anonimo.
Ma Angela nei suoi pensieri era poco accomodante quasi quanto Bella. Era stranamente contenta per essere un adolescente. Felice. Forse era questa la ragione della sua insolita gentilezza, era una di quelle rare persone che avevano quello che volevano e volevano quello che avevano. Se non stava prestando attenzione agli insegnanti e ai suoi appunti, pensava ai due fratelli gemelli più piccoli che doveva portare in spiaggia questo fine settimana, anticipando la loro eccitazione con un piacere quasi materno. Si prendeva spesso cura di loro, ma non era risentito... era molto dolce.
Però non mi fu molto d'aiuto.
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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:22 am

Ci doveva essere qualcosa che desiderava. Avrei solo dovuto continuare a guardare. Ma era tardi. Era arrivato il momento della lezione di Bella di trigonometria con Jessica.
Non badavo a dove stavo andando mentre facevo la strada per Inglese. Jessica era già al suo posto, entrambi i piedi che battevano impazientemente contro il pavimento mentre aspettava che arrivasse Bella.
Al contrario, una volta che in classe mi accomodai al mio posto assegnato, diventai completamente immobile. Dovevo ricordarmi di agitarmi di tanto in tanto. Di mantenere le apparenze. Era difficile, i miei pensieri concentrati su quelli di Jessica. Sperai che prestasse attenzione, tentando davvero di leggere per me il viso di Bella.
Il calpestio di Jessica s'intensificò mentre Bella camminava nell'aula.
Sembra... depressa. Perché? Forse non sta funzionando con Edward Cullen. Deve essere una delusione. Eccetto che... allora è ancora disponibile... Se è improvvisamente interessato ad avere appuntamenti, non mi dispiacerebbe dargli una mano...
Il viso di Bella non sembrava depresso, piuttosto riluttante. Era preoccupata, sapeva che avrei sentito. Sorrisi tra me e me.
“Dimmi!” domandò Jessica mentre Bella si stava ancora togliendo la giacca per appenderla allo schienale della sua sedia. Si stava muovendo con lentezza, controvoglia.
Ugh, è così lenta. Arriva al succo!
“Cosa vuoi sapere?” Temporeggiò Bella mentre prendeva posto.
“Cosa è successo ieri sera?”
“Mi ha portata a cena, poi mi ha accompagnata a casa.”
E poi? Andiamo, ci dev'essere stato molto di più! Comunque sta mentendo, lo so. Lo chiederò a lei.
“Come hai fatto a tornare a casa così presto?”
Vidi Bella alzare gli occhi al cielo al sospetto di Jessica.
“Guida come un pazzo. Ero terrorizzata.”
Fece un timido sorriso, e risi ad alta voce, interrompendo l'annuncio del Professor Mason. Cercai di trasformare la risata in tosse, ma nessuno ci cascò. Il professor Mason mi lanciò un'occhiata irritata, ma ancora non mi disturbai ad ascoltare il pensiero dietro di essa. Stavo ascoltando Jessica.
Huh. Sembra che stia dicendo la verità. Perché le devo tirare tutto, parola per parola? Mi sarei vantata dalla cima dei miei polmoni se fossi stata io.
“E' stato una specie di appuntamento? Eravate d'accordo?”
Jessica vide la sorpresa nell'espressione di Bella, e fu delusa da quanto sembrasse autentica.
“No... sono stata molto sorpresa di incontrarlo,” le disse Bella.
Che sta succedendo? “Ma oggi ti ha accompagnata a scuola, no?” domandò Jessica. Ci deve essere di più da raccontare.
“Sì... ma anche questa è stata una sorpresa. Ieri sera si è accorto che ero rimasta senza giacca.”
Quello non è molto divertente, pensò Jessica, delusa di nuovo.
Ero stanco della sua sfilza di quesiti, volevo sentire qualcosa che già non sapevo. Sperai che non fosse così insoddisfatta da saltare le domande che stavo aspettando.
“Perciò, uscirete ancora?” domandò Jessica.
“Si è offerto di accompagnarmi a Seattle, sabato, perché è convinto che il mio pick-up non ce la farà. Vale come appuntamento?”
Uhm. Di sicuro fa parte del suo modo di.. beh, prendersi cura di lei, o qualcosa del genere. Dev'esserci qualche suo aspetto, se non è di lei. Come può essere? Bella è pazza.
“Sì,” Jessica rispose alla domanda di Bella.
“Beh, allora,” concluse Bella. “Sì.”
“Wow... Edward Cullen.” Che le piaccia o meno, questa è la cosa più importante.
“Lo so,” sospirò Bella.
Il tono della sua voce incoraggiò Jessica. Finalmente, sembra che ci sia arrivata! Deve essersi accorta...
“Aspetta!” disse Jessica, ricordandosi improvvisamente la domanda più vitale. “Ti ha baciata?” Per favore dì di sì. E poi descrivi ogni secondo!
“No,” mormorò Bella, e poi guardò giù verso le sue mani, abbassando il viso. “Non è come pensi.”
Dannazione. Spero... ah. Sembra l'abbia fatto lei.
Mi accigliai. Bella sembrava triste per qualcosa, ma non poteva essere la delusione che aveva presunto Jessica. Non poteva volerlo. Non conoscendo ciò che conosceva. Non poteva voler avvicinarsi ai miei denti. Per tutto quello che sapeva, avevo le zanne.
Rabbrividii.
“Pensi che sabato...?” pungolò Jessica.
Bella sembrò molto più frustrata mentre rispondeva, “Ne dubito fortemente.”
Sì, lo spera. Fa schifo.
Era perché stavo guardando attraverso il filtro delle percezioni di Jessica che sembrava avesse ragione?
Per mezzo secondo fui distratto dall'idea, dall'impossibilità, di come sarebbe stato provare a baciarla. Le mie labbra sulle sue, fredda pietra contro la calda, tenera seta...
E poi sarebbe morta.
Scossi la testa, sussultando, e mi costrinsi a prestare attenzione.
“Di cosa avete parlato?” Gli hai parlato, o lo hai costretto a cavarti ogni piccola informazione in questo modo?
Sorrisi con rimpianto. Jessica non era tanto lontana.
“Non so, Jess, di un sacco di cose. Abbiamo parlato del saggio di inglese per un po'.”
Per molto poco. Feci un grande sorriso.
Oh, andiamo. “Ti prego Bella! Qualche particolare in più.”
Bella rifletté per un momento.
“Beh d'accordo, uno solo. Avresti dovuto vedere la cameriera; gli ha fatto una corte spietata. Ma lui non se l'è filata!”
Che strano dettaglio da mostrare, Ero sorpreso che Bella l'avesse pure notato. Sembrava una cosa incoerente.
Interessante... “Buon segno. Era carina?”
Uhm. Jessica ci pensò molto più di me. Doveva essere una cosa tra ragazze.
“Molto,” le disse Bella. “E avrà avuto diciannove o vent'anni.”
Jessica fu momentaneamente distratta da un ricordo di Mike al suo appuntamento dello scorso lunedì sera, Mike che faceva il carino con una cameriera che Jessica aveva considerato per niente bella. Allontanò il ricordo e ritornò, soffocando l'irritazione, alla sua domanda sui dettagli.
“Meglio ancora. Vuol dire che gli piaci.”
“Penso di sì,” disse lentamente Bella, ed ero sul bordo della mia sedia, il mio corpo rigidamente immobile. “Ma è difficile dirlo. E' sempre così criptico.”
Non dovevo essere stato così trasparentemente palese e fuori controllo come avevo pensato. Anche... attenta com'era... come poteva non accorgersi che ero innamorato di lei? Setacciai la nostra conversazione, quasi sorpreso che non avessi detto le parole ad alta voce. Sembrava che quella conoscenza fosse stata il sottofondo di ogni parola scambiata.
Wow. Come puoi sederti qui di fronte ad un modello e fare conversazione?
“Non so dove trovi il coraggio di restare sola con lui,” disse Jessica.
Lo shock fulminò il viso di Bella. “Perché?”
Strana reazione. Cosa pensa che voglia dire? “Mette così...” Qual era la giusta parola? “In soggezione. Io non saprei cosa dirgli.” Oggi non riuscivo nemmeno a parlare inglese con lui, e tutto quello che mi ha detto è stato buongiorno. Devo essere sembrata un'idiota.
Bella sorrise. “A dir la verità, anch'io ho qualche problema di lucidità quando è nei paraggi.”
Stava cercando di far sentire meglio Jessica. Era quasi in pieno possesso di se stessa in modo innaturale quando eravamo insieme.
“Oh, beh,” sospirò Jessica. “E' bello da non crederci, non c'è dubbio.”
Il viso di Bella si accaldò all'improvviso. I suoi occhi si illuminarono nello stesso modo di quando risentiva di qualche ingiustizia. Jessica non si accorse del cambiamento della sua espressione.
“E poi, in lui, c'è molto altro,” sbottò Bella.
Ohhh. Adesso stiamo arrivando da qualche parte. “Davvero?”
Bella si mordicchiò il labbro per un momento. “Non so come spiegarlo,” disse infine. “Ma dietro la facciata è ancora più incredibile.” Guardò oltre Jessica, i suoi occhi leggermente offuscati come se stesse osservando qualcosa di molto lontano.
La sensazione che provai adesso era vagamente simile a quando Carlisle o Esme mi lodavano più di quanto meritassi. Simile, ma molto più intensa, più struggente.
Manda gli stupidi da qualche altra parte, non c'è niente di meglio di un bel viso! Se non il suo corpo. Svengo. “Davvero?” ridacchiò Jessica.
Bella non si girò. Continuò a fissare in lontananza, ignorando Jessica.
Una persona normale starebbe gongolando. Forse se facessi domande semplici. Ah ah. Come se stessi parlando con una bambina dell'asilo. “Perciò ti piace?”
Ero di nuovo immobile.
Bella non guardò Jessica. “Sì.”
“Voglio dire, ti piace davvero?”
“Sì.”
Guarda è arrossita!
Io lo ero.
“Quanto ti piace?” domandò Jessica.
La classe di Inglese avrebbe potuto incendiarsi e io non me ne sarei accorto. Adesso il viso di Bella era rosso brillante, potevo quasi sentirne il calore, dall'immagine mentale.
“Troppo,” sussurrò. “Più di quanto io piaccia a lui. Ma credo proprio di non poterci fare niente.”
Cavolo! Che cosa ha appena chiesto il professor Varner? “Uhm, che numero, professore?”
Era un bene che Jessica non potesse più interrogare Bella. Avevo bisogno di un minuto.
Che diavolo stava pensando quella ragazza? Più di quanto io piaccia a lui? Come poteva uscirsene così? Ma credo proprio di non poterci fare niente. Cosa voleva dire? Non riuscivo a dare una spiegazione razionale a quelle parole. Erano praticamente senza senso.
Sembrava che non potessi dar nulla per scontato. Le cose ovvie, le cose che avevano perfettamente senso, in qualche modo venivano distorte e rivoltate dal suo bizzarro cervello. Più di quanto io piaccia a lui? Forse non avrei ancora dovuto scartare il manicomio.
Lanciai un'occhiata all'orologio, digrignando i denti. Come potevano dei banali minuti sembrare impossibilmente lunghi per un immortale? Dov'era finita la mia prospettiva?
Strinsi la mascella per tutta l'intera lezione di trigonometria del professor Varner. Avevo già sentito molto di più nella lettura della mia lezione. Bella e Jessica non parlarono di nuovo, ma Jessica sbirciò spesso Bella, e in una di quelle il suo viso era ancora di un brillante rosso scarlatto per nessuna ragione precisa.
Il pranzo non poteva arrivare più in fretta.
Non ero sicuro che Jessica avrebbe fatto le altre domande che stavo aspettando per quando la lezione fosse terminata, ma Bella fu più svelta del solito.
Appena la campanella suonò, Bella si girò verso Jessica.
“Durante inglese Mike chiedeva se tu mi avessi raccontato qualcosa di lunedì sera,” disse Bella, un sorriso spuntava dagli angoli della sua bocca. Compresi per cos'era, l'attacco era sempre la miglior difesa.
Mike ha chiesto di me? La gioia rese la mente di Jessica improvvisamente indifesa, più dolce, senza il solito nervosismo da serpe. “Stai scherzando? E tu?”
“Gli ho risposto che ti sei divertita parecchio... sembrava compiaciuto.”
“Ripetimi tutto quello che vi siete detti, parola per parola.”
Chiaramente, era tutto ciò che oggi avrei ottenuto da Jessica. Bella stava sorridendo come stesse pensando la stessa cosa. Come se avesse vinto il round.
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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:22 am

Beh, il pranzo sarebbe stato un'altra storia. Avrei ottenuto più successo facendole io le domande piuttosto che Jessica, me ne sarei assicurato.
Potevo a mala pena sopportare di controllare occasionalmente Jessica per la quarta ora. Non avevo pazienza per i suoi ossessivi pensieri su Mike Newton. Ne avevo avuto abbastanza di lui nelle due ultime settimane. Era fortunato ad essere ancora vivo.
Mi mossi apaticamente nella palestra con Alice, il modo in cui ci spostavamo quando facevamo attività fisica con gli umani. Eravamo compagni di squadra, ovviamente. Era il primo giorno di badminton. Sospirai di noia, roteando la racchetta in un lento movimento per colpire il birdie verso l'altra parte. Lauren Mallory che era nell'altro team, la mancò. Alice stava girando la sua racchetta come un manganello, fissando il soffitto.
Odiavamo tutti la palestra, specialmente Emmett. I giochi di lancio erano un affronto alla nostra personale filosofia. La palestra oggi sembrava anche peggio del solito, mi sentivo irritato quanto lo era sempre Emmett.
Prima che la mia testa potesse esplodere per l'impazienza, l'allenatore Clapp richiamò i giochi e ci mandò via prima. Fui ridicolamente grato che avesse saltato la colazione – un recente tentativo di dieta – e che la conseguente fame lo avesse indotto a lasciare di fretta il campo per cercare da qualche parte un grasso pranzo. Si era promesso che avrebbe cominciato da domani...
Questo mi diede abbastanza tempo per raggiungere l'edificio di matematica prima che la lezione di Bella terminasse.
Divertiti, pensò Alice mentre si dirigeva per incontrare Jasper. Soltanto pochi giorni di pazienza. Suppongo che tu non possa dire ciao a Bella da parte mia, vero?
Scossi la testa, esasperato. Tutti coloro che vedevano il futuro erano così compiaciuti?
Per tua informazione, sarà soleggiato da entrambi le parti della costa questo fine settimana. Dovrai riorganizzare i tuoi programmi.
Sospirai mentre continuavo nella direzione opposta. Compiaciuta, ma in definitiva utile.
Mi appoggiai contro il muro vicino la porta, aspettando. Ero abbastanza vicino da sentire bene attraverso i mattoni sia la voce di Jessica che i suoi pensieri.
“Oggi non mangi assieme a noi, vero?” Sembra tutta... su di giri. Scommetto che ci sono un casino di cose che non mi ha detto.
“Non penso,” rispose Bella, stranamente insicura.
Non le avevo promesso che avrei passato il pranzo con lei? Cosa stava pensando?
Uscirono insieme dalla lezione, e gli occhi di entrambe si spalancarono quando mi videro. Ma potevo sentire solo Jessica.
Fico. Wow. Oh, sì, c'è molto di più di quanto mi sta dicendo. Forse la chiamerò stasera... O forse non dovrei incoraggiarla. Huh. Spero che la lasci in fretta. Mike è carino ma... wow.
“A dopo, Bella.”
Bella camminò verso di me, fermandosi lontana di un passo, ancora insicura. La sua pelle era rosa sulle sue guance.
Adesso la conoscevo abbastanza da essere sicuro che non vi era paura dietro la sua esitazione. In apparenza, era qualche abisso che aveva immaginato tra i suoi sentimenti e i miei. Più di quanto io piaccia a lui. Assurdo!
“Ciao,” dissi, la mia voce un po' brusca.
Il suo viso si schiarì. “Ciao.”
Non sembrò incline ad aggiungere altro, così feci strada verso la mensa e lei camminò silenziosamente accanto a me.
La giacca aveva funzionato, il suo profumo non fu il solito colpo. Era solo un'intensificazione del dolore che avevo già provato. Potevo ignorarlo molto più facilmente di quanto una volta avevo creduto possibile.
Bella era irrequieta mentre aspettavamo in fila, giocanva assente con la cerniera della sua giacca e si spostava nervosamente da un piede all'altro. Mi lanciò spesso un'occhiata, ma quando incontrava il mio sguardo, abbassava gli occhi come fosse imbarazzata. Era perché molte persone ci stavano fissando? Forse poteva sentire i rumorosi bisbigli, oggi il pettegolezzo era sia verbale che mentale.
O forse si era accorta, dalla mia espressione, che era nei guai.
Non disse nulla finché non riunii il suo pranzo. Non sapevo cosa le piaceva, non ancora, così presi uno di ogni cosa.
“Cosa fai?” sibilò a bassa voce. “Non starai prendendo tutta quella roba per me?”
Scossi la testa, mostrando il vassoio alla cassa. “Metà è per me, ovviamente.”
Sollevò scettica un sopracciglio, ma non aggiunse altro mentre pagavo il cibo e la scortavo al tavolo dove ci eravamo seduti la scorsa settimana prima della sua disastrosa esperienza con i gruppi sanguigni. Sembravano molto più che pochi giorni. Adesso ogni cosa era diversa.
Prese di nuovo posto di fronte a me. Spinsi il vassoio verso di lei.
“Scegli pure,” la incoraggiai.
Prese una mela e se la girò tra le mani, uno sguardo meditativo sul suo viso.
“Sono curiosa.”
Che sorpresa.
“Come reagiresti se qualcuno ti sfidasse a mangiare del cibo?” continuò in una voce così bassa che non sarebbe giunta ad orecchie umane. Le orecchie immortali erano un altro problema, sempre che stessero prestando attenzione. Probabilmente avrei dovuto prima accennargli qualcosa...
“Curiosa come al solito,” mi lamentai. Oh beh. Non che non avessi mai dovuto mangiare prima d'ora. Era parte dell'apparenza. Una spiacevole parte.
Raggiunsi la cosa più vicina, e sostenni il suo sguardo mentre mordevo un pezzo di qualsiasi cosa fosse. Senza guardare, non potevo dirlo. Era viscido e grosso come qualsiasi altro cibo umano. Lo masticai velocemente e inghiottii, cercando di evitare la smorfia sul mio viso. Il boccone di cibo si muoveva lentamente e a disagio lungo la mia gola. Sospirai mentre pensavo a come lo avrei soffocato più tardi. Disgustoso.
L'espressione di Bella era scioccata. Impressionata.
Volevo alzare gli occhi al cielo. Ovvio che avremmo perfezionato l'inganno.
“Se qualcuno ti sfidasse a mangiare spazzatura potresti farlo, no?”
Arricciò il naso e sorrise. “Una volta è successo... una scommessa. Non era così male.”
Risi. “La cosa non mi sorprende più di tanto.”
Sembrano intimi, no? Un buon linguaggio del corpo. Riprenderò Bella più tardi. Per quanto riesce si sta avvicinando verso di lei, come fosse interessato. Sembra interessato. Sembra... perfetto. Jessica sospirò. Yum.
Incontrai gli occhi curiosi di Jessica, e lei spostò lo sguardo nervosamente, ridacchiando con la ragazza vicino.
Hmm. Probabilmente è meglio appiccicarmi a Mike. Realtà, non fantasia...
“Jessica sta analizzando tutti i miei movimenti,” informai Bella. “Più tardi ti farà un resoconto dettagliato.”
Spinsi il piatto di cibo verso di lei – pizza, mi accorsi – pensando al modo migliore di iniziare. La mia precedente frustrazione infiammò mentre ripetevo le parole nella mia mente: Più di quanto io piaccia a lui. Ma credo proprio di non poterci fare niente.
Fece un morso allo stesso pezzo di pizza. La sua fiducia mi sorprese. Ovvio, non sapeva che ero velenoso – non che dividere il cibo l'avrebbe danneggiata. Di nuovo, mi aspettavo che mi trattasse in modo diverso. Come qualcos'altro. Non lo aveva mai fatto, almeno non in modo negativo...
Avrei iniziato gentilmente.
“Perciò, la cameriera era carina?”
Sollevò di nuovo un sopracciglio. “Non te ne sei accorto?”
Come se una qualsiasi altra donna avrebbe potuto distogliere la mia attenzione da Bella. Ancora assurdo.
“No, non ci ho fatto caso. Avevo altro per la testa.” Non per ultimo come aderiva dolcemente la sua leggera camicia...
Era un bene che oggi avesse indossato quel brutto maglione.
“Poveretta,” disse Bella, sorridendo.
Le faceva piacere che non avessi trovato in nessun modo interessante la cameriera. Potevo capirlo. Quante volte avevo immaginato di storpiare Mike Newton nell'aula di biologia?
Non poteva onestamente credere che i suoi sentimenti umani, il frutto di diciassette brevi anni mortali, potessero essere più forti della passione immortale che si era costruita in me dopo un secolo.
“Una delle cose che hai detto a Jessica,” non riuscii a mantenere il mio tono indifferente. “Beh, mi infastidisce un po'.”
Si mise immediatamente sulla difensiva. “Non mi sorprende che tu abbia sentito qualcosa di spiacevole. Sai quel che si dice di chi origlia...”
Chi origlia non sente mai cose buone sul suo conto, era ciò che stava dicendo.
“Ti ho avvertita che sarei rimasto in ascolto,” le ricordai.
“E io ti ho avvertito che non avresti gradito conoscere tutti i miei pensieri.”
Ah, stava pensando a quando l'avevo fatta piangere. Il rimorso rese la mia voce più rauca.
“In effetti, mi avevi avvertito. Però non credo tu abbia ragione fino in fondo. Voglio sapere sì ciò che pensi, e tutto. Soltanto mi piacerebbe... che non pensassi certe cose.”
Molto più di una mezza bugia. Sapevo che non avrei dovuto volere che fosse interessata a me. Ma non era così. Ovvio che lo volevo.
“Bella differenza,” brontolò, accigliandosi.
“Ma non è questo il problema, al momento.”
“E quale sarebbe?”
Si avvicinò verso di me, le sue mani avvolte leggermente attorno il suo collo. Attirarono il mio sguardo, distraendomi. Come doveva essere soffice quella pelle...
Concentrati, mi ordinai.
“Sei davvero convinta di piacermi meno di quanto io piaccia a te?” chiesi. La domanda mi sembrò ridicola, come se le parole si stessero accapigliando.
I suoi occhi si spalancarono, il suo respiro si fermò. Poi allontanò lo sguardo, sbattendo velocemente le ciglia. Il suo respiro diventò un basso affanno.
“Lo stai rifacendo,” mormorò.
“Cosa?”
“Stai cercando di incantarmi,” ammise, incontrando circospetta i miei occhi.
“Ah,” Hmm. Non ero molto sicuro su cosa fare. Neanche sicuro che non volessi abbagliarla. Ero ancora eccitato di poterlo fare. Ma non stava aiutando a far progredire la conversazione.
“Non è colpa tua.” Sospirò. “Non ci puoi fare niente.”
“Mi vuoi rispondere?” domandai.
Fissò il tavolo. “Sì.”
Fu tutto quello che disse.
“Sì mi vuoi rispondere, o sì ne sei davvero convinta?” chiesi con impazienza.
“Sì, ne sono convinta,” disse senza alzare lo sguardo. Vi era un leggero sfondo di tristezza nella sua voce. Arrossì di nuovo, e mosse inconsciamente i denti per infastidire il suo labbro.
All'improvviso, mi resi conto che era molto difficile per lei ammetterlo, perché lo credeva veramente. E non ero migliore di quel codardo, Mike, a chiederle conferma dei suoi sentimenti prima che io confermassi i miei. Non importava che mi sentivo come se avessi abbondantemente chiarito la mia parte. Non era stato approvato da lei, quindi non avevo scuse.
“Ti sbagli,” promisi. Doveva aver sentito la tenerezza nella mia voce.
Bella mi guardò, i suoi occhi ermetici, che non lasciavano trasparire nulla. “Non puoi esserne sicuro,” sussurrò.
Pensava che stessi sottovalutando i suoi sentimenti perché non potevo sentire i suoi pensieri. Ma, in verità, il problema era che lei stava sottovalutando i miei.
“Cosa te lo fa pensare?” chiesi.
Mi fissò di rimando, le sopracciglia corrugate, mordendosi le labbra. Per la milionesima volta, sperai disperatamente soltanto di poterla sentire.
“Ci devo riflettere,” insistette.
Finché stava semplicemente organizzando i suoi pensieri, potevo essere paziente.
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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:23 am

O potevo fingerlo di esserlo.
Unì le mani, intrecciando e sciogliendo le esili dita. Mentre parlava osservava le sue mani come appartenessero a qualcun altro.
“Beh, ovvietà a parte,” mormorò. “A volte... non mi sento sicura – non sono capace di leggere il pensiero, io – e ogni tanto ho la sensazione che mentre mi dici certe cose in realtà tu stia cercando di lasciarmi perdere.” Non alzò lo sguardo.
L'aveva capito, allora? Si era resa conto che era soltanto la debolezza e l'egoismo a tenermi qui con lei? Perciò pensava male di me?
“Perspicace,” soffiai, e poi osservai con orrore mentre il dolore contorceva la sua espressione. Mi affrettai a contraddire la sua ipotesi. “Purtroppo è proprio qui che ti sbagli,” iniziai, e poi mi fermai, ricordando le prime parole della sua spiegazione. Mi avevano irritato, sebbene non fossi sicuro di aver esattamente capito. “Cosa intendi per 'ovvietà'?”
“Beh, guardami,” disse.
Io stavo guardando. Tutto quello che avevo fatto era stato guardarla. Cosa voleva dire?
“Sono una ragazza assolutamente normale... Certo, a parte difetti come gli incidenti quasi mortali e una goffaggine degna di un disabile. E guarda te.” Spostò l'aria verso di me, come se stesse parlando di una cosa così evidente che non meritava di essere pronunciata.
Pensava di essere normale? Pensava che fossi in qualche modo preferibile a lei? Per quale opinione? Per gli sciocchi, chiusi di mente e ciechi umani come Jessica o la signorina Cope? Come poteva non rendersi conto che era la più bella... la più squisita... Quelle parole non erano ancora abbastanza.
E non ne aveva idea.
“Credo che tu non abbia una buona percezione di te stessa,” le dissi. “Devo ammettere che quanto ai difetti ci hai azzeccato,” risi senza umorismo. Non trovavo per nulla comico il malvagio destino che le dava la caccia. La goffaggine, comunque, era divertente. Affettuosa. Mi avrebbe creduto se le avessi detto che era bellissima, dentro e fuori? Forse avrebbe trovato conferme molto più persuasive. “Ma tu non hai sentito cosa hanno pensato tutti gli studenti maschi di questa scuola quando ti hanno vista la prima volta.”
Ah, la speranza, l'emozione, l'eccitazione di quei pensieri. La velocità con la quale si trasformavano in fantasie impossibili. Impossibili, perché lei non voleva nessuno di loro.
Io ero l'unico alla quale aveva detto sì.
Il mio sorriso doveva essere compiaciuto.
Il suo viso era bianco di sorpresa. “Non ci credo,” mormorò.
“Per una volta fidati, se ti dico che sei l'esatto contrario della normalità.”
La sua sola esistenza era una scusa tale da giustificare la creazione del mondo intero.
Non era abituata ai complimenti, potevo capirlo. Un'altra cosa a cui avrebbe dovuto abituarsi. Arrossì, e cambiò argomento. “Ma io non sono intenzionata a lasciarti perdere.”
“Non capisci? E' la dimostrazione che ho ragione io. Ci tengo di più io di te, perché se ci riuscissi,” sarei stato abbastanza altruista da fare la cosa giusta? Scossi la testa disperato. Avrei dovuto trovare la forza. Meritava una vita. Non quella che Alice aveva visto arrivare per lei. “Se andarmene fosse la scelta migliore...” E doveva essere la cosa migliore, no? Non c'era nessun angelo avventato. Bella non mi apparteneva. “Sarei disposto a danneggiare me stesso, pur di non ferirti, pur di proteggerti.”
Appena dissi quelle parole, desiderai fossero vere.
Mi lanciò un'occhiataccia. In qualche modo, le mie parole l'avevano fatta arrabbiare. “E non credi sia lo stesso per me?” domandò furiosamente.
Così furiosa, così tenera e così fragile. Come poteva ferire qualcuno? “Non è a te che spetta questa scelta,” le dissi, di nuovo depresso dall'ampia differenza.
Mi fissò, l'ansia rimpiazzò la rabbia nei suoi occhi e accentuò la ruga tra di essi.
C'era qualcosa di veramente sbagliato nell'ordine dell'universo se qualcuno di così buono e così delicato non meritasse un guardiano angelo per toglierla fuori dai guai.
Beh, pensai con cupo umorismo, almeno ha un guardiano vampiro.
Sorrisi. Come amavo la mia scusa per restare. “Certo, darti protezione sta diventando un lavoro a tempo pieno che richiede la mia presenza costante.”
Sorrise anche lei. “Oggi nessuno ha cercato di farmi fuori,” disse leggermente, e il suo viso tornò meditativo per mezzo secondo prima che i suoi occhi divenissero di nuovo ermetici.
“Non ancora,” aggiunsi seccamente.
“Non ancora,” mi appoggiò, con mia sorpresa. Mi aspettavo che negasse qualsiasi bisogno di protezione.
Come può? Quell'idiota egoista! Come può farci questo? Il grido penetrante di Rosalie ruppe la mia concentrazione.
“Calmati, Rose,” sentii Emmett sussurrare attraverso la mensa. Il suo braccio era attorno le sue spalle, stringendola verso di lui, calmandola.
Scusami Edward, pensò Alice colpevole. Avrebbe potuto dedurre dalla vostra conversazione che Bella sapeva troppo.. e beh, sarebbe stato peggio se non le avessi la verità. Credimi.
Sussultai all'immagine mentale che seguì, a cosa sarebbe successo, se io avessi detto a Rosalie che Bella sapeva che ero un vampiro, a casa, dove Rosalie non aveva l'apparenza da mantenere. Avrei dovuto nascondere la mia Aston Martin da qualche parte fuori il continente se non si fosse calmata prima che fosse finita la scuola. La vista della mia macchina preferita, dilaniata e in fiamme, era sconvolgente, sebbene sapessi che mi meritavo la punizione.
Jasper non era più felice.
Avrei dovuto affrontare gli altri più tardi. Avevo così tanto tempo destinato a stare con Bella, e non avevo intenzione di sprecarlo. E sentire Alice mi aveva ricordato che avevo un po' di questioni da discutere.
“Ho un'altra domanda,” dissi, spegnendo l'isteria mentale di Rosalie.
“Spara,” disse Bella, sorridendo.
“Hai davvero bisogno di andare a Seattle, questo sabato, o era una scusa per evitare di dire di no a tutti i tuoi ammiratori?”
Fece una smorfia. “Guarda, non ti ho ancora perdonato per la faccenda di Tyler. E' colpa tua se continua a illudersi di potermi invitare al ballo di fine anno.”
“Oh, avrebbe trovato l'occasione per chiedertelo anche se non ci fossi stato io: morivo dalla voglia di vedere la tua reazione.”
Stavo ridendo adesso, ricordando la sua espressione atterrita. Niente di ciò che le avevo detto sulla mia oscura storia l'aveva tanto inorridita. La verità non l'aveva spaventata. Lei voleva stare con me. Che mente impressionante.
“Se te l'avessi chiesto io, avresti scaricato anche me?”
“Probabilmente no,” rispose. “Ma all'ultimo momento avrei cancellato l'invito... avrei finto una malattia o una caviglia slogata.”
Che strano. “E perché mai?”
Scosse la testa, come se fosse delusa che non avessi capito al primo colpo.
“Immagino che tu non mi abbia mai vista in palestra, ma pensavo che avresti capito.”
Ah. “Ti riferisci al fatto che non sei in grado di camminare su una superficie piana e solida senza inciampare?”
“Ovviamente.”
“Non sarebbe un problema. Dipende tutto da chi guida.”
Per una breve frazione di secondo, fui sopraffatto dall'idea di tenerla tra le mie braccia al ballo, dove avrebbe sicuramente indossato qualcosa di carino e delicato piuttosto che quell'orrendo maglione.
Con perfetta chiarezza ricordai cosa avevo provato con il suo corpo sotto il mio dopo averla spinta lontano dalla via del furgoncino. Potevo ricordare quella sensazione, più forte del panico o della disperazione o del rimorso. Era stata così calda e così tenera, modellandosi facilmente alla mia figura di pietra.
Mi allontanai con forza dal ricordo.
“Non mi hai ancora risposto,” dissi velocemente, per prevenire una lite a proposito della sua goffaggine, come era chiaramente intenzionata. “Vuoi davvero andare a Seattle, o ti andrebbe se facessimo qualcos'altro?”
Subdolo, concederle di scegliere senza darle l'opzione di stare lontano da me per tutto il giorno. Quasi corretto da parte mia. Ma le avevo fatto una promessa la scorsa sera... e mi piaceva l'idea di mantenerla, quasi quanto mi terrorizzava.
Sabato sarebbe brillato il sole. Potevo mostrargli il vero me stesso, se ero coraggioso abbastanza da sopportare il suo orrore e disgusto. Conoscevo solo un posto dovrei avrei potuto correre tale rischio...
“Sono aperta a tutte le proposte,” rispose Bella. “Ma devo chiederti un favore.”
Un consenso precisato. Cose avrebbe voluto da me?
“Cosa?”
“Posso guidare io?”
Era questa la sua idea di umorismo? “Perché?”
“Beh, prima di tutto perché quando ho detto a Charlie che sarei andata a Seattle, lui mi ha chiesto se fossi da sola, e visto che così era l'ho rassicurato. Se me lo chiedesse di nuovo non potrei mentirgli, ma non credo che lo farà: lasciare il pick-up a casa, però, lo porterebbe a sollevare la questione. In secondo luogo, la tua guida mi terrorizza.”
Alzai gli occhi al cielo. “Con tutto ciò che in me potrebbe terrorizzarti, ti preoccupi di come guido.” Il suo cervello funzionava davvero al contrario. Scossi la testa, disgustato.
Edward, mi chiamò Alice con urgenza.
Improvvisamente stavo osservando il brillante cerchio di luce solare, catturato in una delle visioni di Alice.
Era un posto che conoscevo bene, il posto dove avevo appena considerato di portare Bella, una piccola radura dove non andava nessuno tranne me. Un silenzioso, grazioso posto dove avrei potuto contare di essere solo, abbastanza lontano da qualsiasi scia o abitazione umana così che anche la mia mente avrebbe potuto avere pace e quiete.
Anche Alice l'aveva riconosciuta, perché mi aveva visto lì non molto tempo prima in un'altra visione, una di quelle tremolanti, indistinte visioni che Alice mi aveva mostrato la mattina che avevo salvato Bella dal furgoncino.
Nel barlume di quella visione, non ero stato solo. E adesso era chiaro, Bella era con me. Così ero abbastanza coraggioso. Mi fissava, l'arcobaleno danzava sul suo viso, i suoi occhi impenetrabili.
E' lo stesso posto, pensò Alice, la sua mente piena di un orrore che non si collegava alla visione. Tensione, forse, ma orrore? Cosa voleva dire, lo stesso posto?
E poi capii.
Edward! Alice protestò stridula. Le voglio bene, Edward!
La esclusi con cattiveria.
Non amava Bella nel modo in cui l'amavo io. La sua visione era impossibile. Sbagliata. Era in qualche modo accecata, vedeva cose impossibili.
Non era passato neanche mezzo secondo. Bella stava osservando con curiosità il mio viso, aspettando che approvassi la sua richiesta. Aveva visto il lampo di timore, o era stato troppo veloce per lei?
Mi concentrai su di lei, sulla nostra conversazione incompleta, spingendo Alice e le sue difettose e bugiarde visione lontano dai miei pensieri. Non meritavano la mia attenzione.
Non riuscii comunque a mantenere il tono giocoso delle nostre punzecchiature.
“Non puoi dire a tuo padre che passerai la giornata con me?” chiesi, l'oscurità che trapelava dalla mia voce.
Scivolai di nuovo nella visione, tentando di allontanarla, di tenerla lontana dal tremolare nella mia mente.
“Con Charlie, meno si dice, meglio è,” disse Bella, sicura su questo fatto.”E comunque, dove andremo?”
Alice aveva torto. Torto marcio. Non c'era nessuna possibilità. Era solo una visione vecchia, non più valida. Le cose erano cambiate.
“Ci sarà bel tempo,” le dissi lentamente, lottando contro il panico e l'indecisione. Alice aveva torto.
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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:23 am

Avrei continuato come se non avessi sentito né visto niente. “Perciò dovrò restare lontano da sguardi indiscreti... e se ti va, puoi venire con me.”
Bella comprese subito il significato; i suoi occhi erano accesi ed eccitati. “Mi mostrerai quel che dicevi a proposito della luce solare?”
Forse, come molte volte prima, la sua reazione sarebbe stata il contrario di quello che mi aspettavo. Sorrisi a quella possibilità, lottando per ritornare al momento più acceso. “Sì. Ma...” non aveva detto di sì. “Anche se non vuoi restare... sola con me, preferirei che tu non te ne andassi a Seattle per conto tuo. Tremo al solo pensiero dei guai in cui potresti cacciarti in una città così grande.”
Strinse le labbra; era offesa.
“Phoenix è tre volte Seattle, e solo a quanto popolazione. Le dimensioni...”
“Ma a quanto pare a Phoenix non era ancora giunta la tua ora,” dissi interrompendo le sue giustificazioni. “Perciò preferirei che mi stessi accanto.”
Avrebbe potuto restare per sempre e non sarebbe stato abbastanza a lungo.
Non dovevo pensarla in quel modo. Non avevamo un per sempre. I secondi che passavano contavano più di quanto era mai stato prima; ogni secondo la cambiava mentre io rimanevo intatto.
“Si dà il caso che restare sola con te non mi dispiaccia affatto,” disse.
No, perché i suoi istinti erano al contrario.
“Lo so,” sospirai. “Però dovresti dirlo a Charlie.”
“E perché mai dovrei?” chiese, suonando inorridita.
Le lanciai un'occhiataccia, la visione che non riuscivo a reprimere con tranquillità vorticava disgustosamente nella mia mente.
“Così avrò un briciolo di motivo in più per riportarti a casa,” sibilai. Me lo doveva, un unico testimone che mi costringesse ad essere cauto.
Perché Alice mi aveva forzato proprio adesso in questa conoscenza?
Bella deglutì rumorosamente, e mi fissò per un lungo momento. Cosa vedeva?
“Penso che correrò il rischio,” rispose.
Ugh! L'emozionava rischiare la sua vita? Desiderava ardentemente qualche colpo di adrenalina?
Mi accigliai verso Alice, che incontrò il mio sguardo con un'occhiata di avvertimento. Accanto a lei, Rosalie che mi guardava furiosamente minacciosa, ma non riuscii a preoccuparmene più di tanto. Avrei lasciato che distruggesse la macchina. Era solo un giocattolo.
“Parliamo d'altro,” Bella suggerì all'improvviso.
La fissai di rimando, pensando a come potesse dimenticare ciò che importava davvero. Perché non poteva vedermi come il mostro che ero?
“Di cosa vuoi parlare?”
I suoi occhi si lanciarono a sinistra e a destra, come per assicurarsi che nessuno stesse origliando. Doveva aver programmato di introdurre un altro argomento relativo ai miti. I suoi occhi si immobilizzarono per un secondo e il suo corpo s'irrigidì, poi guardò verso di me.
“Perché sei andato a Goat Rocks, lo scorso fine settimana... a caccia? Charlie dice che ci sono gli orsi, non è un gran posto per fare trekking.”
Così ovvio. La fissai, sollevando un sopracciglio.
“Orsi?” ansimò.
Sorrisi beffardo, osservando come la prendeva. Questo l'avrebbe portata a prendermi sul serio? Lo avrebbe fatto qualsiasi altra cosa?
Si ricompose. “Beh non è la stagione degli orsi,” disse severamente, corrugando la fronte.
“Le leggi sulla caccia regolano solo quella con le armi, se vuoi controlla pure.”
Per un momento perse il controllo del suo viso. Restò a bocca aperta.
“Orsi?” disse di nuovo, questa volta un tentativo di domanda piuttosto che un ansimo di shock.
“Emmett va pazzo per il grizzly.”
Osservai i suoi occhi, vedendo come prendeva l'informazione.
“Mmm,” mormorò. Prese un morso di pizza, guardando in basso. Masticò pensierosa, e poi bevve un sorso della bibita.
“Allora,” disse, sollevando finalmente lo sguardo. “Il tuo preferito qual è?”
Avrei dovuto aspettarmi qualcosa del genere, ma non lo avevo fatto. Almeno Bella era sempre interessante.
“Il puma,” risposi brusco.
“Ah,” rispose in tono neutrale. Il suo respiro continuava a rimanere calmo e regolare, come stessimo discutendo di un ristorante preferito.
Bene, allora. Se voleva fingere che non fosse niente di insolito...
“Ovviamente, dobbiamo stare attenti all'impatto ambientale e cacciare con un certo giudizio,” dissi, il mio tono distaccato e imparziale. “Di solito ci concentriamo sulle aree sovrappopolate di predatori, a qualunque distanza si trovino. Da queste parti c'è abbondanza di alci e cervi, e tanto basta, ma dov'è il divertimento?”
Ascoltava con un'espressione educatamente interessata, come se le stessi spiegando una lezione. Sorrisi.
“Eh, già, dove?” mormorò con calma, prendendo un altro morso di pizza.
“A Emmett piace andare a caccia di orsi all'inizio della primavera,” dissi, continuando con la lezione. “Appena usciti dal letargo sono più irritabili.”
Più di settanta anni, e non aveva ancora superato di aver perso il primo incontro.
“Non c'è niente di più divertente di un grizzly irritato, in effetti,” acconsentì Bella, annuendo solennemente.
Non riuscii a trattenere una risatina mentre scuotevo la testa per la sua calma illogica. Doveva accendersi. “Per favore, dimmi quel che pensi veramente.”
“Sto cercando di immaginare... ma non ci riesco,” rispose, corrugandosi. “Come fate a cacciare gli orsi senza armi?”
“Beh, qualche arma l'abbiamo,” le dissi, e poi feci un sorriso aperto e fulmineo. Mi aspettavo che balzasse indietro, invece rimase ferma, guardandomi. “Non il genere di strumenti che i legislatori prendono in considerazione quando stendono i regolamenti di caccia. Se hai visto un documentario su come attaccano gli orsi, dovresti essere in grado di visualizzare Emmett.”
Lanciò un'occhiata verso il tavolo dove sedevano gli altri, e rabbrividì.
Finalmente. E poi risi di me stesso, perché sapevo che una parte di me stava sperando che se ne dimenticasse.
Adesso mentre mi fissava i suoi occhi scuri erano spalancati e profondi. “Anche tu assomigli ad un orso?” chiese in un quasi sussurro.
“Più a un leone, così dicono,” le risposi, lottando per sembrare di nuovo distaccato. “Forse i nostri gusti rispecchiano il modo in cui cacciamo.”
Gli angoli della sua bocca si sollevarono un po'. “Forse,” ripeté. E poi inclinò la testa da un lato, e la curiosità fu chiara nei suoi occhi. “Avrò mai il permesso di assistere?”
Non avevo bisogno di immagini di Alice per illustrare quest'orrore, la mia immaginazione bastava.
“Assolutamente no,” le ringhiai.
Si ritrasse da me, i suoi occhi meravigliati e spaventati.
Mi allontanai anche io, mettendo più distanza tra di noi. Non avrebbe mai assistito, no? Non avrebbe fatto una sola cosa per aiutarmi a mantenerla in salvo.
“Troppo spaventoso per me?” chiese, la sua voce calma. Il suo cuore comunque, si stava ancora muovendo a due tempi.
“Se fosse questo ti porterei con me stanotte,” replicai attraverso i denti. “Quel che ti serve è una salutare dose di paura. Non vedo cosa potrebbe darti più beneficio.”
“Ma allora perché?” domandò, imperterrita.
Le lanciai un'occhiata cupa, aspettando che si spaventasse. Io ero spaventato. Riuscivo a immaginare troppo chiaramente Bella vicina mentre cacciavo...
I suoi occhi rimasero curiosi, impazienti, nient'altro. Aspettava la sua risposta, senza rinunciare.
Ma la nostra ora era terminata.
“Più tardi,” sbottai, e mi alzai in piedi. “Siamo in ritardo.”
Si guardò attorno, disorientata, come se si fosse dimenticata che eravamo in pausa pranzo. Come se si fosse dimenticata che eravamo ancora a scuola, sorpresa che non fossimo soli in qualche posto intimo. Compresi perfettamente quella sensazione. Era difficile ricordare il resto del mondo quando ero con lei.
Si alzò velocemente, traballando, e si mise lo zaino in spalla.
“D'accordo, più tardi,” disse, e riuscii a vedere la determinazione fissa sulla sua bocca; mi avrebbe fermato per quello.
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midnight sun - Pagina 2 Empty 12) complicazioni continuo...

Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:24 am

12. Complicazioni

Io e Bella camminammo silenziosamente verso biologia. In quel momento stavo cercando di concentrarmi su me stesso, sulla ragazza accanto a me, su ciò che era reale e concreto, su qualsiasi cosa avesse tenuto fuori dalla mia mente le subdole, insignificanti visioni di Alice.
Superammo Angela Weber, che indugiava nel corridoio, discutendo di un compito con un ragazzo della sua classe di trigonometria. Analizzai i suoi pensieri in modo frettoloso, aspettandomi ancora più delusione, solo per rimanere sorpreso dal loro corso malinconico.
Ah, c'era qualcosa che Angela voleva. Sfortunatamente, non era qualcosa che potesse essere facilmente incartato come un regalo.
Per un momento mi sentii stranamente sereno, sentendo il desiderio impossibile di Angela. Una sensazione di somiglianza che Angela non avrebbe mai saputo che avessi provato, e in un secondo, fui una cosa sola con la gentile ragazza umana.
Era stranamente confortante sapere che non ero l'unico che stesse vivendo una tragica storia d'amore. Di cuori spezzati ce n'erano ovunque.
Nell'istante dopo, mi sentii improvvisamente e perfettamente irritato. Poiché la storia di Angela non doveva essere tragica. Lei era umana e lui era umano e la differenza tra di loro, così insormontabile nella sua mente, era ridicola, veramente ridicola in confronto alla nostra situazione. Non vi era senso per il suo cuore spezzato. Quanta tristezza sprecata, quando non vi era una valida ragione per lei di stare con chi voleva. Perché non avrebbe potuto avere ciò che desiderava? Perché la sua storia non avrebbe dovuto avere un lieto fine?
Volevo farle un regalo... Beh, le avrei dato ciò che voleva. Non sarebbe stato poi così difficile, conoscendo ciò che conoscevo sulla natura umana. Setacciai la coscienza del ragazzo accanto a lei, l'oggetto del suo affetto, e non sembrò avverso, era imbarazzato dalle sue stesse difficoltà. Disperato e rassegnato, il modo in cui si sentiva lei.
Tutto ciò che avrei dovuto fare era pianificare il suggerimento...
Il piano si formò con semplicità, il copione si scrisse da solo senza nessun aiuto da parte mia. Avrei avuto bisogno dell'assistenza di Emmett, coinvolgerlo sarebbe stata l'unica reale difficoltà. La natura umana era molto più facile da manipolabile rispetto quella dei vampiri.
Ero soddisfatto della mia soluzione, del mio regalo per Angela. Era un bel diversivo per i miei problemi. Magari fossero stati i miei a risolversi così facilmente.
Il mio umore migliorò di un po' mentre Bella ed io prendevamo posto. Forse avrei dovuto essere ottimista. Forse lì fuori per noi vi era una qualche soluzione che mi stava evitando, nel modo in cui l'evidente soluzione era invisibile per Angela. Improbabile... Ma perché passare il tempo disperarmi? Non aveva molto tempo da sprecare quando si parlava di Bella. Ogni secondo era importante.
Il professor Banner entrò spingendo un vecchio televisore con il videoregistratore. Stava omettendo una parte in cui non era particolarmente interessato – i disturbi genetici – mostrando un film per i prossimi tre giorni. Lorenzo's Oil non era un brano pieno di gioia, ma non fermò l'eccitazione dell'aula. Niente appunti, nessun materiale per il test. Tre giorni liberi. Gli umani esultarono.
Comunque non mi importava. Non avevo programmato altro che prestare ogni attenzione a Bella.
Oggi non spinsi la mia sedia lontano dalla sua, per darmi lo spazio di respirare. Al contrario, mi sedetti vicino a lei come un qualsiasi altro umano avrebbe fatto. Più vicino di quanto lo eravamo stati nella mia macchina, vicino abbastanza che il lato sinistro del mio corpo fu sommerso dal calore della sua pelle.
Era una strana esperienza, sia divertente sia da tensione nervosa, ma lo preferivo allo stare seduto con un tavolo a separarci. Ero più di quanto fossi abituato, eppure mi resi conto che non era abbastanza. Non ero soddisfatto. Stare vicino a lei mi faceva solo desiderare di esserlo ancora di più. Più mi avvicinavo più il richiamo diventava più forte.
L'avevo accusata di essere una calamita per le catastrofi. Proprio ora, sembrò letteralmente la verità. Io ero il pericolo, e la sua attrazione cresceva in forza, per ogni centimetro che mi permettevo di avvicinarmi.
E poi il professor Banner spense le luci.
Fu strano che provocò molta differenza, considerando che la mancanza di luce significava poco per i miei occhi. Potevo vedere perfettamente come prima. Era chiaro ogni dettaglio della stanza.
Allora perché l'improvvisa scossa di elettricità nell'aria, nel buio che per me non era poi così buio? Era perché sapevo che ero l'unico a poter vedere chiaramente? Che sia io che Bella eravamo invisibili per gli altri? Come fossimo soli, soltanto noi due, nascosti nella stanza buia, seduti così vicini l'una all'altro...
Ritirai la mia mano con violenza, incrociando le braccia strette sopra il mio petto e tenendo chiuse le mani. Niente errori. Mi ero promesso che non avrei fatto sbagli, non importa quanto sembrassero minuscoli. Se le avessi tenuto la mano, avrei voluto molto di più, un altro insignificante tocco, un altro movimento per avvicinarmi a lei. Non potevo provare quelle sensazioni. Un nuovo tipo di desiderio crebbe in me, tentando di dominare il mio controllo.
Nessuno sbaglio.
Bella incrociò le braccia al sicuro sul suo petto, e le sue mani si appallottolarono in pugni, come le mie.
Cosa stai pensando? Stavo morendo dalla voglia di sussurrarle, ma l'aula era troppo silenziosa per fare una conversazione bisbigliata.
Il film iniziò, illuminando un poco l'oscurità. Bella mi lanciò un'occhiata. Si accorse della posizione rigida del mio corpo – proprio come il suo – e sorrise. Le sue labbra si divisero leggermente, e i suoi occhi sembrarono pieni di caldi inviti.
O forse vedevo ciò che desideravo vedere.
Sorrisi di rimando; il suo respiro s'impigliò in un basso ansimo e spostò velocemente lo sguardo.
Fu peggio. Non conoscevo i suoi pensieri, ma fui all'improvviso sicuro di aver avuto ragione prima, e che lei voleva che la toccassi. Sentiva come me questo pericoloso desiderio.
Tra il suo corpo e il mio, ronzava l'elettricità.
Non si mosse per tutta l'ora, mantenendo la sua rigida, controllata posizione mentre io tenevo la mia. Di tanto in tanto avrebbe sbirciato ancora verso di me, e la corrente mi avrebbe scosso con un colpo improvviso.
L'ora passò, lentamente, anche se non abbastanza lentamente. Questa era una novità, avrei potuto rimanere così seduto accanto a lei per giorni, solo per avere una completa esperienza della sensazione.
Ebbi una dozzina di diverse conversazioni con me stesso mentre i minuti passavano, lottando razionalmente contro il desiderio, mentre cercavo di trovare una qualche giustificazione per toccarla.
Infine, il professor Banner accese di nuovo le luci.
Nella luce luminosa e fluorescente, l'atmosfera dell'aula ritornò alla normalità. Bella sospirò e si stiracchiò, piegando le dita. Doveva essere stato spiacevole per lei trattenere quella posizione tanto a lungo. Era stato più facile per me, l'immobilità veniva in modo naturale.
Ridacchiai all'espressione sollevata del suo viso. “Beh, interessante.”
“Mmm,” mormorò, intuendo chiaramente a cosa mi stessi riferendo, ma non esprimendo commenti. Cosa avrei dato per sentire cosa stava proprio ora pensando.
Sospirai. Nessuna quantità di speranza avrebbe aiutato.
“Andiamo?” chiesi, alzato.
Fece una smorfia e si mise instabile in piedi, le sue mani si aprirono come fosse spaventata di cadere.
Avrei potuto offrirle una mano. O avrei potuto posizionare la stessa mano sul suo gomito, appena leggermente, per metterla in equilibrio. Di sicuro non sarebbe stata una grande infrazione...
Nessun errore.
Rimase silenziosa mentre camminavamo verso la palestra. La ruga era evidente tra i suoi occhi, un segno che era immersa nei suoi pensieri. Anche io stavo pensando profondamente.
Un tocco alla sua pelle non l'avrebbe danneggiata, lottava il mio lato egoista.
Avrei potuto facilmente moderare la pressione della mia mano. Non era tanto difficile, purché mantenessi un controllo fermo. I miei sensi tattili erano meglio sviluppati di quelli umani. Avrei potuto fare il giocoliere con una dozzina di coppe di cristallo senza romperne nessuna; avrei potuto accarezzare una bolla di sapone senza farla scoppiare. Finché mantenevo un fermo controllo...
Bella era come una bolla di sapone, delicata ed effimera. Temporanea.
Per quanto sarei stato capace di giustificare la sua presenza nella mia vita? Quanto tempo avevo? Avrei avuto un'altra possibilità come questa, come questo momento, come questo secondo? Non sarebbe sempre arrivata tra le mie braccia...
Bella si voltò verso di me alla porta della palestra, e i suoi occhi si spalancarono all'espressione del mio viso. Non parlò. Mi osservai nel riflesso dei suoi occhi e vidi il conflitto che imperversava dentro di me. Vidi il mio viso cambiare mentre la mia parte migliore perdeva il dibattito.
La mia mano si sollevò senza un comando volontario. Gentilmente, come fosse fatta del più sottile dei cristalli, come se fosse stata delicata come una bolla, le mie dita accarezzarono la calda pelle che ricopriva le sue guance. Riscaldò il mio tocco, e riuscii a sentire la pulsazione del suo sangue accelerare sotto la sua pelle limpida.
Basta, mi ordinai, sebbene la mia mano stesse desiderando di modellarsi sul lato del suo viso. Basta.
Fu difficile allontanare la mano, evitare che mi avvicinassi di più di quanto già non lo fossi. In un istante un milione di diverse possibilità mi attraversarono la mente, un milione di differenti modi di toccarla. La punta del mio dito che tracciava la forma delle sue labbra. Il mio palmo che si poggiava contro il suo mento. Togliendo le forcine dei suoi capelli e lasciando che si spargessero sulla mia mano. Le mie braccia attorno alla sua vita, stringendola stretta contro il mio corpo.
Basta.
Mi sforzai di voltarmi, di allontanarmi da lei. Il mio corpo si mosse rigido, controvoglia.
Lasciai che la mia mente indugiasse indietro per guardarla mentre mi allontanavo velocemente, quasi correndo dalla tentazione. Catturai i pensieri di Mike Newton – erano i più rumorosi – mentre osservava Bella superarlo dimentica, i suoi occhi offuscati e le sue guance rosse. Lui s'infiammò e improvvisamente nella sua mente il mio nome si mischiò alle imprecazioni; non riuscii ad evitare di sogghignare leggermente in risposta.
La mia mano stava fremendo. La contrassi e la piegai in un pugno, ma continuò a pizzicare senza dolore.
No, non l'avevo ferita, ma toccarla era stato un errore.
Sembrava come se il fuoco, come se il bruciore della sete nella mia gola si fosse diffuso nel mio intero corpo.
La prossima volta che mi sarei avvicinato a lei, sarei stato capace di fermarmi dal toccarla ancora? E se l'avessi toccata ancora, sarei stato capace di fermarmi e basta?
Niente più errori. Era così. Assapora il ricordo, Edward, mi dissi torvo, e tieni le mani a posto. Questo, o avrei dovuto costringermi a partire... da qualche parte. Perché non potevo permettermi di avvicinarmi a lei per commettere altri sbagli.
Presi un respiro profondo e cercai di regolare i miei pensieri,
Emmett mi raggiunse fuori l'edifico di Inglese.
“Hey, Edward.” Ha un aspetto migliore. Strano, ma migliore. Felice.
“Hey, Em.” Sembravo felice? Supposi che, a parte il caos nella mia mente, mi sentivo così.
Tieni la bocca chiusa, ragazzo. Rosalie vuole strapparti la lingua.
Sospirai. “Mi spiace averti lasciato ad affrontare tutto questo. Sei arrabbiato con me?”
“Nah. Le passerà. Doveva succedere comunque.” Con quello che ha visto arrivare Alice...
Le visioni di Alice non era qualcosa a cui avrei voluto pensare proprio adesso. Fissai lontano, i denti stretti.
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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:24 am

Mentre cercavo una distrazione, colsi la vista di Ben Cheney che entrava nell'aula di Spagnolo davanti a noi. Ah, c'era la possibilità che facessi il regalo ad Angela.
Smisi di camminare e afferrai il braccio di Emmett. “Aspetta un secondo.”
Che succede?
“Lo so che non lo merito, ma potresti comunque farmi un favore?”
“Quale?” chiese, curioso.
Sussurrando – ad una velocità che avrebbe reso, per un umano, le parole incomprensibili, non importava se fossero state pronunciare ad alta voce – gli spiegai quello che volevo.
Mi fissò privo d'espressione quando finii, i suoi pensieri assenti come il suo viso.
“Quindi?” Sbottai. “Mi aiuterai?”
Gli ci volle un minuto per rispondere. “Ma, perché?”
“Andiamo, Emmett. Perché no?”
Chi sei tu e cosa hai fatto di mio fratello?
“Non eri tu quello che si lamentava della scuola per tutto il tempo? Questo è qualcosa di leggermente diverso, no? Consideralo un esperimento, un esperimento della natura umana.”
Mi fissò per un altro momento primo di rispondere. “Beh, questo è diverso, te lo concedo... Okay, va bene.” borbottò Emmett e poi fece spallucce. “Ti aiuterò.”
Gli sorrisi, sentendomi più eccitato del mio piano adesso che anche lui era a bordo. Rosalie era una sofferenza, ma le sarei sempre stato debitore per aver scelto Emmett; nessuno aveva un fratello migliore del mio.
Emmett non aveva bisogno di esercitarsi. Sussurravo le sue battute una dopo l'altra in un bisbiglio mentre camminavamo verso l'aula.
Ben era già seduto al suo posto dietro di me, mentre raggruppava i suoi compiti da consegnare. Emmett ed io ci sedemmo e facemmo la stessa cosa. L'aula non era ancora in silenzio; il mormorio delle sommesse conversazione sarebbe continuato finché la professoressa Goff non avesse richiamato l'attenzione. Non aveva fretta, stava valutando i questionari della scorsa lezione.
“Dunque,” disse Emmett, la sua voce più alta del necessario, come stesse davvero parlando solo con me. “Hai ancora chiesto ad Angela Weber di uscire?”
All'improvviso il rumore del fruscio della carta si fermò mentre Ben s'immobilizzava, la sua attenzione inchiodata alla nostra conversazione.
Angela? Stanno parlando di Angela?
Bene. Avevo il suo interesse.
“No,” dissi, scuotendo la testa lentamente per apparire pieno di rammarico.
“Perché no?” improvvisò Emmett. “Sei un pollo?”
Gli feci una smorfia. “No. Ho sentito che è interessata ad un altro.”
Edward Cullen aveva intenzione di chiedere ad Angela di uscire? Ma... No. Non mi piace. Non voglio che si avvicini a lei. Non è... adatto per lei. Non è... prudente.
Mi ero aspettato quella cortesia, l'istinto protettivo. Avevo pensato alla gelosia. Ma qualsiasi altra cosa funzionava.
“Hai intenzione di lasciarti fermare da questo?” chiese Emmett sdegnoso, improvvisando di nuovo. “Non sei pronto per la competizione?”
Gli lanciai uno sguardo torvo, ma mi adattai a quello che mi diede. “Guarda, penso proprio che gli piaccia questo tizio, Ben. Non ho intenzione di convincerla in altro modo. Ci sono altre ragazze.”
La reazione della sedia dietro di me fu elettrica.
“Chi?” chiese Emmett, tornando al copione.
“La mia compagna di laboratorio ha detto che è un ragazzo chiamato Cheney. Non sono sicuro di chi sia.”
Trattenni un sorriso. Solo gli arroganti Cullen avrebbero potuto fingere di non conoscere ogni studente di questa piccola scuola.
La mente di Ben stava vorticando dallo shock. Me? Al di sopra di Edward Cullen? Ma perché dovrei piacerle?
“Edward,” mormorò Emmett in tono più basso, ruotando gli occhi verso il ragazzo. “E' proprio dietro di te,” dichiarò, in modo così evidente che l'umano avrebbe potuto facilmente leggere le parole.
“Oh,” mormorai di rimando.
Mi voltai e lanciai un'occhiata al ragazzo dietro di me. Per un secondo, gli occhi neri dietro gli occhiali si spaventarono, ma poi s'irrigidì e raddrizzò le strette spalle, offeso dalla mia chiara disprezzante valutazione. Sporse in fuori il mento e un fulmine di rabbia oscurò la sua pelle color oro.
“Huh,” dissi con arroganza mentre mi voltavo verso Emmett.
Pensa di essere meglio di me. Ma Angela non lo pensa. Glielo dimostrerò...
Perfetto.
“Comunque non hai detto che portava Yorkie al ballo?” Chiese Emmett, sbuffando al nome del ragazzo che molti disprezzavano per la sua goffaggine.
“Apparentemente è stata una decisione di gruppo.” Volevo essere sicuro che a Ben fosse chiaro. “Angela è timida. Se B... beh, se un ragazzo non ha il coraggio di chiederle di uscire, lei non lo chiederà mai a lui.”
“Ti piacciano le ragazze timide,” disse Emmett, ritornando ad improvvisare. Ragazze silenziose. Ragazze come... uhm, non so. Forse Bella Swan?
Gli sorrisi. “Esattamente.” Poi ritornai alla recita. “Forse Angela si è stancata di aspettare. Forse le chiederò per il ballo.”
No, non lo farai, pensò Ben, sistemandosi sulla sedia. Perché è tanto più alta di me? Se a lei non importa, neppure io me ne preoccuperò. E' la più carina, la più intelligente, la più bella ragazza in questa scuola... e mi vuole.
Mi piaceva questo Ben. Sembrava allegro e di buon senso. Forse anche degno di una ragazza come Angela.
Alzai il pollice verso Emmett sotto il banco, mentre la professoressa Goff si alzava e salutava la classe.
Okay, lo ammetto... è stato divertente, pensò Emmett.
Sorrisi tra me e me, contento che fossi stato capace di aver formato il lieto fine di una storia d'amore. Ero sicuro del fatto che Ben mi avrebbe seguito, e Angela avrebbe ricevuto il mio regalo anonimo. Il mio debito era stato saldato.
Com'erano sciocchi gli umani, a lasciare che sei centimetri di altezza sconfiggessero la loro felicità.
Il mio successo mi mise di buon umore. Sorrisi di nuovo mentre sistemavo la sedia e mi preparavo per il divertimento. Dopo tutto, Bella aveva puntualizzato a pranzo, non l'avevo mai vista in azione in palestra prima d'ora.
I pensieri di Mike furono i più semplici da puntare nel chiacchiericcio di voci che affollavano la palestra. La sua mente era diventata familiare nelle ultime settimane. Con un sospiro, mi rassegnai ad ascoltare attraverso di lui. Almeno potevo star sicuro che avrebbe prestato attenzione a Bella.
Arrivai appena in tempo per sentirlo offrirsi come suo compagno di badminton; mentre pensava alla proposta, un altro tipo di compagnia gli passò per la mente. Il mio sorriso svanì, strinsi i denti, e dovetti ricordarmi che l'assassinio di Mike Newton non era una scelta ammissibile.
“Grazie, Mike... lo sai che non sei costretto, eh?”
“Non preoccuparti, ti starò lontano.”
Si sorrisero, e i flash di numerosi incidenti, sempre connessi a Bella, attraversarono la mente di Mike.
Mike all'inizio giocò da solo, mentre Bella esitava sul retro del campo, tenendo la sua racchetta guardingna, come se fosse una specie di arma. Poi l'allenatore Clapp passeggiò vicino e ordinò a Mike di lasciar giocare Bella.
Oh-oh, pensò Mike mentre Bella si muoveva in avanti con un sospiro, tenendo la sua racchetta con un'angolatura maldestra.
Jennifer Ford servì il birdie direttamente verso Bella con un compiacimento contorto nei suoi pensieri. Mike vide Bella barcollare, agitando la sua racchetta metri lontana dall'obiettivo, e si affrettò per salvare il volo.
Osservai allarmato la traiettoria della racchetta di Bella. Abbastanza abilmente, colpì la rete tesa e saltò verso di lei, picchiandola sulla fronte prima di girare per colpire il braccio di Mike con un sonoro sbang.
Oh-oh. Ungh. Mi lascerà un livido.
Bella si stava massaggiando la fronte. Era difficile stare seduto al mio posto, sapendo che era ferita. Ma cosa avrei potuto fare, se fossi stato lì? E non sembrava essere niente di serio... Esitai, guardando. Se intendeva continuare a cercare di giocare, sarei andato a preparare una scusa per allontanarla dalla lezione.
L'allenatore rise. “Mi spiace, Newton.” Quella ragazza è la peggiore portatrice di sfortuna che abbia mai visto. Non dovrei imporla agli altri...
Girò la schiena di proposito e si mosse per guardare un'altra partita così che Bella sarebbe potuta tornare a ricoprire il suo ruolo da spettatrice.
Ahi, pensò di nuovo Mike, massaggiandosi il braccio. Si voltò verso Bella. “Stai bene?”
“Sì, e tu?” chiese timidamente, arrossendo.
“Credo che lo sopporterò.” Non voglio sembrare un bambino che frigna. Ma, dio, fa male! Mike ruotò il suo braccio, sussultando.
“Starò proprio qui dietro,” disse Bella, imbarazzata e dispiaciuta piuttosto che addolorata. Forse Mike avrebbe avuto la peggio. Di certo lo speravo. Almeno lei non avrebbe più giocato. Teneva la racchetta attentamente dietro la sua schiena, gli occhi pieni di rimorso... Dovetti camuffare con la tosse un'altra risata.
Cosa c'è di divertente? Voleva sapere Emmett.
“Te lo dico più tardi,” mormorai.
Bella non si azzardo a entrare di nuovo nel gioco. L'allenatore la ignorò e lasciò che Mike giocasse da solo.
Alla fine dell'ora finii come il vento il quiz, e la professoressa Goff mi lasciò andare prima. Stavo ascoltando attentamente Mike mentre camminavo attraverso il campus. Aveva deciso di affrontare Bella a proposito di me.
Jessica giura che escono insieme. Perché? Perché ha dovuto scegliere lei?
Non riconosceva il reale fenomeno, e cioè che lei aveva scelto me.
“E allora.”
“Allora cosa?” chiese lei.
“Tu e Cullen, eh?” Tu e quel mostro. Beh, se un ragazzo ricco è tanto importante per te...
Strinsi i denti alla sua degradante ipotesi.
“Non è affar tuo, Mike.”
Sulla difensiva. Dunque è vero. Merda. “Non mi piace.”
“Non è che debba piacere a te,” sbottò.
Perché non riesce a capire che è un'attrazione da circo? Come tutti loro. Il modo in cui la fissa. Guardare mi da i brividi. “Ti guarda come se fossi... qualcosa da mangiare.”
Mi rannicchiai, aspettando la sua risposta.
Il suo viso diventò di un rosso brillante, e strinse le labbra come se stesse trattenendo il respiro. Poi, improvvisamente, una risatina esplose sulla sua bocca.
Adesso sta ridendo di me. Grande.
Mike si voltò, i pensieri astiosi, e vagabondò per andare a cambiarsi.
Mi appoggiai contro il muro della palestra e tentai di ricompormi.
Come poteva aver riso delle accuse di Mike, così esplicitamente bersagliata tanto che stavo iniziando a preoccuparmi che Forks stesse diventando troppo consapevole... Perché avrebbe riso all'ipotesi che avrei potuto ucciderla, quando sapeva che era completamente la verità? Dove era l'umorismo?
Cosa c'era di sbagliato in lei?
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Messaggio  ♥αℓι¢є ¢υℓℓєи 2и∂ тωιи♥ Gio Giu 18, 2009 10:25 am

Aveva un macabro senso dell'umorismo? Non calzava con la mia idea del suo carattere, ma come avrei potuto esserne sicuro? O forse il mio sogno ad occhi aperti del frivolo angelo era vero per un solo particolare, e cioè che non aveva il senso della paura. Coraggiosa, era la parola giusta. Altri avrebbero detto stupida, ma io sapevo quanto era sveglia. Non importava la ragione, comunque, questa mancanza di paura o di contorto senso dell'umorismo non era un bene per lei. Qual era la strana mancanza che la metteva costantemente in pericolo? Forse qui avrebbe avuto sempre bisogno di me..
Proprio per quello, il mio umore si risollevò.
Se potevo disciplinarmi, rendermi prudente, forse allora sarebbe stato giusto stare con lei.
Quando camminò verso la porta della palestra, le spalle erano tese e il suo labbro inferiore era di nuovo tra i denti, un segno di ansia. Ma appena i suoi occhi incontrarono i miei, le sue spalle rigide si rilassarono e un ampio sorriso le attraversò il volto. Era una strana tranquilla espressione. Camminò verso di me senza esitazione, fermandosi soltanto quando fu così vicina che il calore del suo corpo si schiantava su di me come un'onda di alta marea.
“Ciao,” sussurrò.
La felicità che sentii in quel momento fu, di nuovo, senza precedenti.
“Ciao,” dissi, e poi – poiché il mio umore si era talmente alleggerito che non riuscii a resistere dal prenderla in giro – aggiunsi, “Com'è andata in palestra?”
Il suo sorriso tentennò. “Bene.”
Era una bugiarda mediocre.
“Davvero?” Chiesi, sul punto di tirar fuori il problema – ero ancora preoccupato per la sua testa; le faceva male? – i pensieri di Mike Newton erano così rumorosi che ruppero la mia concentrazione.
Lo odio. Spero che muoia. Spero che guidi quella macchina lucida giù per un dirupo. Perché non può solo lasciarla sola? Attaccati a quelli della tua specie, ai mostri.
“Che c'è?” domandò Bella.
I miei occhi si rifocalizzarono sul suo viso. Osservò la schiena di Mike che si stava allontanando, e poi di nuovo verso di me.
“Newton inizia a darmi sui nervi,” ammisi.
Restò a bocca aperta, e il suo sorriso sparì. Doveva aver dimenticato che avevo avuto il potere di guardare i suoi disastri all'ultima ora, o sperava che non li avessi utilizzati.
“Non dirmi che ti sei rimesso ad ascoltare.”
“Come va la testa?”
“Sei incredibile!” disse attraverso i denti, e poi si voltò lontano da me e camminò furiosamente verso il parcheggio. La sua pelle si era colorata di un rosso scuro, era imbarazzata.
Mantenni il suo passo, sperando che la sua rabbia passasse presto. Di solito era veloce a perdonarmi.
“Sei stata tu a incuriosirmi,” spiegai “hai detto che non ti avevo mai visto in palestra.”
Non rispose; corrugò le sopracciglia.
Si fermò improvvisamente nel parcheggio quando realizzò che la mia auto era bloccata da una folla di studenti maschi.
Chissà quanto possono andare veloci con questa cosa...
Guarda il cambio. Non ho mai visto niente del genere fuori da un negozio...
Belli i cerchioni...
Di sicuro spero di trovare in giro sessanta mila dollari...
Questo era esattamente il motivo per cui Rosalie poteva usare la sua macchina solo fuori città.
Mi feci largo tra la calca di avidi ragazzi vicino la mia auto; dopo un secondo di esitazione, Bella mi seguì.
“Appariscente,” mormorai mentre saltava su.
“Che macchina è?” chiese.
“Una M3.”
Si accigliò. “Tradotto per i comuni mortali?”
“Una BMW.” Alzai gli occhi al cielo e poi mi concentrai per uscire dal parcheggio senza stirare nessuno. Dovetti bloccare lo sguardo su un paio di ragazzi che non sembravano volessero spostarsi. L'incontro per mezzo secondo con il mio sguardo sembrò essere abbastanza da convincerli.
“Sei ancora arrabbiata?” Le chiesi. Il suo cipiglio si era rilassato.
“Assolutamente sì,” rispose breve.
Sospirai. Forse non avrei dovuto riprendere il discorso. Oh beh. Potevo cercare di rimediare, supposi. “Se chiedo scusa mi perdoni?”
Ci pensò per un momento. “Forse... se sei sincero,” decise. “E in più se prometti che non lo rifarai.”
Non avevo intenzione di mentirle, e non c'era possibilità che acconsentissi a quello. Forse se le avessi offerto uno scambio differente.
“E se sarò sincero e in più ti lascerò guidare sabato?” mi ritrassi internamente al pensiero.
La ruga tornò in vita tra i suoi occhi mentre considerava il nuovo accordo. “Aggiudicato,” disse dopo averci pensato per un momento.
Adesso le mie scuse... Non avevo mai cercato prima d'ora di incantare Bella di proposito, ma ora sembrava il momento giusto. Mi immersi nei suoi occhi mentre guidavo lontano da scuola, pensando se stessi facendo tutto giusto. Usai il mio tono persuasivo.
“Bene, mi dispiace molto di averti fatta arrabbiare.”
Il suo battito rimbombò più forte di prima, e il ritmo fu improvvisamente staccato. I suoi occhi si spalancarono, sembrando un po' intontiti.
Feci un mezzo sorriso. Sembrava che avesse funzionato. Certo, adesso stavo anche avendo un po' di problemi ad allontanarmi dai suoi occhi. Incantati allo stesso modo. Fu un bene che avessi memorizzato la strada.
“E sarò sulla soglia di casa tua sabato mattina presto,” aggiunsi, concludendo l'accordo.
Ammiccò velocemente, scuotendo la testa come per schiarirsi le idee. “Uhm,” disse, “una misteriosa Volvo sul vialetto non ci aiuterà di certo, con Charlie.”
Ah, quanto poco ancora mi conosceva. “Non ho detto che verrò in auto.”
“Ma come...” iniziò a chiedere.
La interruppi. La risposta sarebbe stata difficile da spiegare senza una dimostrazione, e adesso non era il momento. “Non preoccuparti. Ci sarò, senza macchina.”
Piegò la testa da un lato, e per un momento sembrò che avesse intenzione di insistere, ma poi sembrò cambiare idea.
“'Più tardi' è arrivato?” chiese, ricordandomi della nostra conversazione incompiuta oggi a mensa; aveva lasciato correre su una domanda difficile solo per ritornare ad un'altra più interessante.
“Pensavo fosse più tardi,” acconsentii di controvoglia.
Parcheggiai di fronte casa sua, teso mentre cercavo di pensare a come spiegare... senza rendere la mia mostruosa natura troppo evidente, senza spaventarla di nuovo. O era sbagliato? Minimizzare il mio lato oscuro?
Aspettò con la stessa maschera di educato interesse che aveva indossato a pranzo. Se fossi stato meno ansioso, la sua irragionevole calma mi avrebbe fatto ridere.
“Vuoi ancora sapere perché non ti posso portare a caccia?” chiesi.
“Beh, più che altro mi chiedevo il perché della tua reazione,” rispose.
“Non ti ho spaventata?” Chiesi, sicuro che avrebbe negato.
“No.”
Cercai di non sorridere, e fallii. “Ti chiedo perdono per averti terrorizzata.” E poi il sorriso svanì con l'umorismo momentaneo. “E' stato soltanto il pensiero della tua presenza... durante la caccia.”
“Non sarebbe il caso?”
L'immagine mentale era troppo... Bella, così vulnerabile nella spoglia oscurità; me stesso, fuori controllo... Cercai di scacciarlo dalla mia mente. “Nemmeno per scherzo.”
“Perché?”
Presi un respiro profondo, concentrandomi per un momento sull'avvampante sete. Sentendola, addestrandola, provando a dominarla. Non avrei mai più dovuto controllarmi ancora, sperai che fosse vero. Non sarebbe stato sano per lei. Fissai le gradite nuvole senza vederle, sperando di poter credere che la mia determinazione avrebbe fatto la differenza se fossi stato a caccia nel momento in cui avrei incontrato il suo odore.
“Quando cacciamo, ci abbandoniamo ai sensi...” le dissi, pensando ogni parola prima di pronunciarla. “E non è la mente a governarci. Seguiamo soprattutto l'olfatto. Se nel perdere il controllo sentissi che sei vicina...”
Scossi la testa per l'angoscia al pensiero di ciò che sarebbe – non sarebbe potuto, ma sarebbe – di sicuro successo.
Ascoltai il suo battito, e poi tornai, turbato, a leggere i suoi occhi.
Il viso di Bella era composto, i suoi occhi seri. La sua bocca era stretta leggermente in quello che pensavo fosse preoccupazione. Ma preoccupazione per cosa? Per la sua salvezza? O per la mia angoscia? Continuai a fissarla, cercando di tradurre in fatti certi la sua espressione ambigua.
Mi fissò di rimando. I suoi occhi si spalancarono di più dopo un momento, e le sue pupille si dilatarono, sebbene la luce non fosse cambiata.
Il mio respiro accelerò, e all'improvviso il silenzio nell'auto sembrò ronzare, proprio come questo pomeriggio nel buio dell'aula di biologia. La corrente vibrante corse di nuovo tra di noi, e il mio desiderio di toccarla fu, per un breve momento, ancora più forte dell'esigenza della mia sete.
Il fremito di elettricità fece sembrare come se avessi ancora una pulsazione. Il mio corpo cantò con lui. Come fossi umano. Più di qualsiasi altra cosa al mondo, volevo sentire il calore delle sue labbra contro le mie. Per un secondo, lottai disperatamente per trovare la forza, il controllo, per poter poggiare la mia bocca così vicino alla sua pelle...
Feci un respiro stridente, e solo allora realizzai che quando avevo iniziato a respirare più veloce, lei aveva smesso del tutto di farlo.
Chiusi gli occhi, cercando di rompere la connessione tra di noi.
Niente più sbagli.
L'esistenza di Bella era legata delicatamente a milioni di processi chimici in equilibrio, tutti così facilmente separati. La ritmica espansione dei suoi polmoni, il flusso di ossigeno, erano per lei vita o morte. L'ondeggiante ritmo del suo cuore delicato poteva essere fermato da così tanti stupidi incidenti o malattie o... da me.
Non credevo che qualsiasi membro della mia famiglia avrebbe esitato se a lui o lei avessero offerto una possibilità, se lui o lei avrebbero scambiato l'immortalità per essere di nuovo mortali. Ognuno di noi avrebbe sopportato il fuoco per questo. Di bruciare per tanti giorni o secoli se fosse stato necessario.
La maggior parte della nostra specie apprezzava l'immortalità più di ogni altra cosa. Vi erano anche umani che la desideravano, che cercavano in posti bui per quelli che potevano donare il più oscuro dei regali...
Non noi. Non la mia famiglia. Avremmo scambiato ogni cosa per essere umani.
Ma nessuno di noi era stato così disperato di tornare indietro come me, adesso.
Fissai le microscopiche fosse e crepe del finestrino, come se ci fosse una soluzione nascosta nel vetro. L'elettricità non era svanita, e dovevo concentrarmi per mantenere le mie mani sullo sterzo.
La mia mano destra iniziò a formicolare di nuovo senza dolore, come in precedenza dopo averla toccata.
“Bella credo che a questo punto dovresti rientrare.”
Obbedì alla primo colpo, senza commentare, uscendo fuori dalla macchina e sbattendo la portiera dietro di lei. Poteva sentire chiaramente come me la potenza del disastro?
L'aveva ferita andarsene, come mi aveva ferito lasciarla andare? L'unico conforto era che l'avrei rivista presto. Più presto di quanto lei avrebbe visto me. Sorrisi, poi abbassai il finestrino e mi sporsi per parlarle un'altra volta, era più sano adesso, con il calore del suo corpo lontano dalla macchina.
Si voltò per vedere cosa volevo, curiosa.
Ancora curiosa, sebbene oggi mi avesse fatto molte domande. La mia curiosità non era ancora completamente soddisfatta; il rispondere alle sue domande aveva solo rivelato i miei segreti – avevo appreso poco da lei tranne per le mie congetture. Era ingiusto.
“Ah, Bella?”
“Sì?”
“Domani è il mio turno?”
La sua fronte si corrugò. “Per cosa?”
“Per le domande.” Domani, quando saremmo stati in posto più sano, circondati da testimoni, avrei ottenuto le mie risposte. Sorrisi al pensiero, e poi mi voltai perché non aveva accennato ad allontanarsi. Anche con lei fuori dall'auto, l'eco dell'elettricità sibilò nell'aria. Volevo uscire anch'io, accompagnarla alla porta come una scusa per starle accanto...
Niente più errori. Accesi la macchina, e poi sospirai mentre scompariva dietro di me. Sembrò come stessi correndo verso da Bella o correndo lontano da lei, senza mai stare a posto. Avrei dovuto trovare un qualche modo per mantenermi saldo a terra se avevamo intenzione di avere un po' di tranquillità.
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